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L’Europa egoista e quel patto di Varsavia 2.0 che fa paura. Parla Forchielli

Intervista all’economista e imprenditore esperto di Oriente. In Europa si predica unità ma alla fine ognuno pensa a salvare la propria pelle, il price cap insegna. L’Occidente fa bene a temere la Shanghai Cooperation Organization. Tra Cina e Russia c’è una strana alleanza, Pechino non vuole questa guerra e sta già prendendo le distanze da Putin

Non si tratta di fare il menagramo, semmai di raccontare le cose per quello che sono, senza filtri. Alberto Forchielli, economista, saggista e imprenditore fondatore di Mandarin Capital (oggi Mindful Capital Partners) lo fa quando gli si chiede se davvero l’Italia rischia di essere abbandonata a se stessa nella lotta per la sopravvivenza energetica, una volta tagliati i ponti con Mosca.

La Francia ha già mandato segnali soprattutto sull’elettricità, l’Algeria potrebbe non aumentare le forniture (ma Eni ha seccamente smentito ogni intoppo, presente e futuro). Nel mentre l’Europa fallisce ancora una volta l’appuntamento con la maturità, lasciando il tetto al prezzo del gas in un limbo (se ne riparlerà a ottobre, forse), costringendo Roma a un price cap su scala nazionale. Il tutto quando, a settemila chilometri di distanza prende sempre più corpo un nuovo Patto di Varsavia…

Nella corsa all’indipendenza energetica l’Italia rischia di essere lasciata sola. La Francia, le voci sull’Algeria. Che ne è della solidarietà tra Stati?

Premetto che l’Eni non ha confermato quelle voci. Pero sì, mi pare che a livello europeo ognuno se ne vada per fatti suoi, che non ci sia nessuna copertura a livello comunitario. E questo è tutto molto deludente.

Se guardiamo alla vicenda del price cap, alla fine il banco è saltato per colpa dei veti incrociati…

Mi pare tutto abbastanza triste, sconfortante, è mancato il consenso ed è mancata l’unità. Gli oleodotti spagnoli che non possono passare dalla Francia, il tetto al prezzo del gas che non c’è e non si sa se ci sarà. Nessuno aiuta nessuno, questa è la dura verità.

Forse tutto questo fa il gioco della Russia. Secondo lei le sanzioni stanno funzionando o no?

Io credo proprio di sì. Tanto per cominciare, presto alla Russia verranno a mancare gli introiti da gas, perché l’Europa ne farà a meno. E se Mosca vorrà vendere petrolio altrove lo dovrà fare a sconto. Detto ciò, le sanzioni funzionano eccome, tra poco in Russia non ci saranno più linee aeree perché mancano i pezzi di ricambio. L’economia russa è distrutta nel lungo termine, con queste sanzioni non potranno realizzare infrastrutture e impianti di gassificazione e molto altro. E torneranno al Medio Evo.

Parliamo di Cina. L’ultima riunione della Shanghai cooperation organization ha sancito l’ingresso dell’Iran per volere di Pechino. Quanto deve preoccuparsi l’Occidente?

Direi molto, perché è un fronte compatto di regimi autoritari: Russia, Cina, Iran. Cominciano ad essere dei contendenti scomodi per l’Occidente e l’Europa. In più sono tutti Paesi molto agguerriti, non dimentichiamolo.

Si può paragonare la Sco a un nuovo Patto di Varsavia?

Sì, ci sta tutto come paragone. Ma la vuole sapere una cosa?

Ci dica.

La stampa cinese non ha dato nessun risalto all’incontro tra Putin e Xi, proprio a latere dello Sco, a Samarcanda.

E secondo lei perché?

Perché i cinesi si stanno mettendo di traverso sulla guerra in Ucraina, stanno prendendo le distanze in modo netto e questo è un fatto molto positivo per l’Occidente.

Mi scusi, ma la Cina non è alleata della Russia?

Lo è e non lo è. Lo è per alcune cose ma non lo è per la guerra in Ucraina. Penso che dopo il congresso del partito comunista di ottobre, che dovrebbe sancire il terzo mandato per Xi, la spaccatura tra Pechino e Mosca diventerà ancora più netta. Parliamoci chiaro, a Pechino pensavano Putin fosse un genio.

E invece?

E invece hanno capito che è incapace di vincere una guerra in una settimana, come promesso, con una tecnologia bellica che si è rivelata disastrosa. La Cina non vuole la guerra, e fa pressione sulla Russia affinché si sieda al tavolo. Il problema è che non può dirlo, perché Xi, con la rielezione in programma quest’autunno non può smentirsi.

Resta il fatto che il Dragone questa guerra non la appoggia. Anche se non lo dice…

Non lo fa perché deprime l’economia, aumenta il prezzo del grano e del mais che la Cina compra e frena la vendita di beni cinesi in Europa. Mi pare abbastanza.

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