Unione europea e Golfo sviluppano una nuova consapevolezza nelle relazioni reciproche. Tanti i temi sul tavolo, dalle questioni di sicurezza energetica a quelle strettamente securitarie, che trovano forme di dialogo nei viaggi di Michel (Ue) e Scholz (Germania) e di confronto in dossier come il Jcpoa o la guerra in Yemen. Per Baharoon (B’huth) gli sviluppi sono frutto della nuova partnership strategica Ue-Gcc
Quando il cancelliere tedesco, Olaf Scholz, arriverà nel Golfo (Qatar, Emirati Arabi Uniti e Arabia Saudita) nel fine settimana troverà la strada spianata dalla visita del presidente del Consiglio europeo, Charles Michel, che ha impegnato la seconda settimana di settembre in un tour con tappe identiche.
A quattro mesi dal lancio del nuovo documento sulla partnership strategica con il Golfo, l’Europa porta la sua presenza fisica nella regione. E il doppio giro Bruxelles-Berlino a stretto giro sembra raccontare di come su alcuni dossier sia ormai meno visibile la differenza tra il quadro bilaterale e quello comunitario.
Conseguenza della crisi globale imposta dalla guerra che Vladimir Putin ha scatenato in Ucraina. Conflitto al quale Bruxelles cerca di rispondere in modo compatto, a cominciare dalla questione energetica. Ambito in cui il Golfo ha un ruolo strategico, visto la rinnovata centralità (ri)acquisita dal mondo degli idrocarburi.
Come già successo con le visite del presidente del Consiglio Mario Draghi e del francese Emmanuel Macron in altri Paesi fornitori, anche quella di Scholz — pur mantenendo aspetti che riguardano direttamente la Germania — è un altro tassello per parlare “a nome dell’Ue” con Paesi che saranno fondamenta della costruzione di un sistema di approvvigionamento energetico libero dalle dipendenze russe.
Se con Doha il tedesco punta a portare avanti le discussioni sulle forniture di gas naturale liquefatto, con Riad e Abu Dhabi l’obiettivo è un dialogo più ampio, finalizzato al mercato generale. Sul tavolo c’è la necessità di arrivare a controllare potenziali ulteriori picchi del prezzo del petrolio, argomento che fonti europee confermano sia stato trattato anche da Michel — e tema di sostanziale interesse per la Casa Bianca, tra l’altro.
Se la questione energetica è predominante, resta che in questi più recenti contatti e posture europee riguardo al Golfo c’è una maggiore consapevolezza di approccio. Ossia, un ampliamento delle discussioni che significa un riconoscimento del ruolo ampio dell’area geopolitica rappresentata dal Consiglio di cooperazione del Golfo (Gcc).
L’obiettivo di fondo in questi contatti Europa-Gcc è infatti superare lo schema di pensiero secondo cui i Paesi della regione sono semplicemente grandi fornitori di petrolio e gas, ma di arricchire le relazioni con quella che alcuni diplomatici europei definiscono “una nuova consapevolezza” riguardo al ruolo e al valore di quelle monarchie nello scacchiere globale.
“L’Unione europea ha molto da guadagnare dal rafforzamento dei legami e dalla costruzione di ponti con Gcc e i suoi Stati membri”, spiega in forma riservata un diplomatico di un Paese del Golfo: “Il Golfo è una regione dinamica, fortemente connessa con l’Asia, l’Europa e l’Africa”. E ancora: “Il sistema internazionale è stato profondamente messo in discussione negli ultimi anni. La pandemia di Covid-19, la guerra in Ucraina, il terrorismo, la crescente insicurezza alimentare ed energetica. La partnership ha interessi per entrambi”.
La visita di Michel a Gedda è stata la prima di un presidente del Consiglio europeo e la prima di alto livello dell’Ue nel Regno da molto tempo a questa parte. Non solo, nei giorni precedenti l’alto funzionario europeo aveva inaugurato la prima sede diplomatica Ue in Qatar e poi aveva avuto incontri ad Abu Dhabi. Mentre il 13 settembre, a Bruxelles c’è stato il quarto meeting di dialogo sui diritti umani tra i funzionari del ministero degli Esteri qatarino e il Servizio europeo per l’azione esterna (SEAE) dell’Unione europea.
“Il viaggio del presidente Michel avviene nel momento in cui il dialogo dell’Ue con il Segretariato del Gcc progredisce sotto la spinta del partenariato strategico Ue-Gcc”, spiega Mohammed Baharoon, direttore generale del B’huth, centro di ricerca sulle politiche pubbliche con sede a Dubai.
“L’approccio dell’Ue — continua Baharoon con Formiche.net — è ben diversificato, anche se in primo piano c’è la sicurezza energetica, che è importante e che potrebbe destare preoccupazioni temporali”.
“D’altro canto, i Paesi del Gcc stanno facendo grandi passi avanti nella loro economia futura, il che richiede che la discussione sulle relazioni reciproche sia a prova di futuro e si basi su fattori e interessi comuni e sulla comprensione dei ruoli e delle circostanze in evoluzione nella regione e nell’ordine mondiale”, aggiunge l’esperto emiratino.
Sotto quest’ottica, uno degli argomenti affrontati sia da Michel che da Scholz è il Jcpoa, acronimo dell’accordo per il congelamento del programma nucleare iraniano. La Germania è parte con l’Ue del sistema 5+1 che ha negoziato l’intesa nel 2015 e che adesso sta cercando di ricomporla dopo che l’amministrazione Trump l’aveva messa in coma ritirando unilateralmente gli Stati Uniti.
Una decina di giorni fa, i tre Paesi europei che conducono, insieme all’Ue, i negoziati di Vienna con USA, Iran, Cina e Russia (Germania, Francia e Regno Unito, gli E3) hanno pubblicato una dichiarazione dura nei confronti del tira e molla negoziale di Teheran. In ballo ci sono discussioni ampie, che riguardano il mercato energetico (con l’Iran che dalla ricomposizione del Jcpoa otterrebbe l’eliminazione delle sanzioni americane anche dal settore dell’oil&gas e potrebbe tornare fornitore europeo come auspicano i francesi).
Ma c’è anche una questione di sicurezza: Teheran, con le milizie regionali collegate al Sepâh, è percepito come la principale minaccia regionale dai regni rivali del Golfo (e da Israele). Per l’Europa l’acquisizione di consapevolezza riguarda anche questo maggiore impegno nelle missioni di sicurezza (come quella marittima lungo il Golfo Persico, Emasoh a guida italiana) e un maggior impegno diplomatico su dossier come il conflitto in Yemen — che per i Paesi del Golfo è la principale fonte di insicurezza. Questione che come successo già nel settembre 2019 può ricadere direttamente sul mercato energetico per altro.