La vice segretaria del dipartimento di Giustizia statunitense ha sottolineato come l’Iran sia una minaccia crescente anche sul suolo americano. Rischi di attacchi, complotti e azioni cyber sono aumentati, perché gli iraniani hanno costruito reti e stanno usando proxy
“Si tratta di una minaccia che si è evoluta ed è aumentata […] sempre più sofisticata e multidimensionale” e “sempre più sfacciata”, così la vice procuratrice generale degli Stati Uniti, Lisa Monaco, ha definito le azioni dell’Iran, che grazie a una crescente rete di proxy e hacker ha approfondito, migliorato, allargato la potenzialità di cyberattaccare gli americani – anche sul suolo americano.
Le precedenti valutazioni della comunità d’intelligence statunitense e del Pentagono hanno sempre denunciato l’Iran per il suo sostegno al terrorismo e per quelle che gli apparati di difesa e sicurezza statunitensi definiscono “attività maligne”, focalizzate soprattutto in Medio Oriente (ma rintracciabili anche in Sud America, Africa, Europa). Ma questo ultimo avvertimento della numero due del dipartimento di Giustizia indica che la minaccia è cambiata negli ultimi mesi.
“La cosa più preoccupante […] è la minaccia posta nella nostra patria e il tentativo di sviluppare e utilizzare reti e proxy”, ha detto, descrivendo inoltre gli sforzi dell’Iran per colpire i cittadini statunitensi sul territorio degli Stati Uniti come un “cambiamento radicale”.
In particolare, Monaco ha fatto riferimento a due piani usciti pubblicamente il mese scorso contro individui negli Stati Uniti – uno diretto contro l’ex consigliere per la sicurezza nazionale John Bolton e un altro che aveva come obiettivo Masih Alinejad, conduttrice di VOA Persian TV (versione persiana della federale Voice of America). Alinejad è stata anche l’obiettivo di un rapimento nel luglio 2021, che ha portato all’incriminazione negli Stati Uniti di quattro agenti dell’intelligence iraniana.
“Un complotto o una minaccia contro gli americani è inaccettabile”, ha detto Monaco, promettendo “conseguenze molto severe”.
I commenti sull’Iran della vice segretaria alla Giustizia sono usciti (e forse non è una coincidenza) poche ore dopo che il presidente iraniano, Ebrahim Raisi, aveva parlato all’Assemblea Generale delle Nazioni Unite a New York. Raisi, che ha chiesto un processo contro Donald Trump per aver ordinato da commander-in-chief (nel gennaio 2020) l’uccisione di Qassem Soleimani, generale del Sepâh responsabile delle operazioni clandestine, ha respinto le critiche rivolte all’Iran, soprattutto in materia di diritti umani. “I diritti umani appartengono a tutti, ma purtroppo sono calpestati da molti governi”, ha detto – certamente pressato dalla vicenda della morte di Mahsa Amini, uccisa durante un pestaggio della polizia morale intervenuta perché Amini non indossava il velo.
Monaco parlava all’organizzazione no-profit United Against Nuclear Iran (UANI), il cui comitato consultivo comprende diversi ex funzionari del governo statunitense e che ha una linea molto critica nei confronti delle attività della Repubblica islamica. L’alta funzionaria dell’amministrazione Biden, già consigliere per l’antiterrorismo della Casa Bianca di Barack Obama, ha inoltre sottolineato la crescente portata dell’Iran nel cyberspazio.
“Anche in questo caso, si tratta di un’evoluzione di una minaccia sempre più preoccupante da parte dell’Iran”, ha detto, citando la “crescente volontà di Teheran di, francamente, cercare di fare il passo più lungo della gamba” con attacchi a grandi obiettivi, comprese le infrastrutture critiche statunitensi.
Proprio la scorsa settimana, il dipartimento di Giustizia degli Stati Uniti ha incriminato tre cittadini iraniani, accusandoli di un complotto pensato per attaccare ed estorcere denaro a centinaia di potenziali vittime in tutti gli Stati Uniti, tra cui dipartimenti di polizia, aziende di trasporto, governi locali e un ospedale pediatrico. Christopher Wray, direttore dell’Fbi (braccio armato della Giustizia statunitense), ha definito gli arresti “solo la punta dell’iceberg”.
Questo mese gli Stati Uniti e altri Paesi occidentali hanno anche accusato l’Iran di essere responsabile di un massiccio attacco informatico in Albania, che ha preso di mira reti governative e infrastrutture critiche.
Sempre questo mese, inoltre, società private di cybersicurezza, tra cui Mandiant e Proofpoint, hanno identificato una serie di campagne informatiche internazionali rivolte a dissidenti, esperti e analisti, tutte collegate ad attori informatici iraniani. Anche l’Italia è finita nel mirino degli hacker iraniani.
I funzionari dell’intelligence statunitense hanno inoltre concluso che l’Iran ha utilizzato mezzi informatici per interferire nelle elezioni presidenziali statunitensi del 2020 e hanno dichiarato di aspettarsi che Teheran cercherà di intromettersi anche nelle prossime elezioni di metà mandato.