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Washington voleva il ko di Mosca. Ma dovrà aspettare

Un retroscena della Cnn racconta la frustrazione di molti dirigenti dell’amministrazione americana, che puntavano a un impatto più forte delle sanzioni sull’economia dell’ex Urss. Ma le entrate garantite dagli idrocarburi hanno permesso a Putin di ritardare il punto di non ritorno. Che però arriverà nel 2023

La domanda se la sono posta in molti, dentro e fuori l’Italia. Ma le sanzioni contro la Russia funzionano oppure no? Formiche.net ha raccontato più volte e con documenti alla mano l’effettivo impatto delle misure intraprese dall’Occidente all’indomani dell’invasione dell’Ucraina sull’economia dell’ex Urss. Pil in picchiata, trasporti paralizzati e un progressivo depauperamento del patrimonio delle principale banche, fino a 25 miliardi di dollari in una manciata di mesi.

Eppure, e anche questo non è un mistero, molti osservatori si aspettavano una vera e propria disintegrazione del tessuto industriale e finanziario delle Federazione. Forse, non era stato messo in conto il non banale apporto di entrate garantite dalla vendita di petrolio e gas a Paesi che con la Russia di affari continuano a farne. Si potrebbe spiegare così una certa delusione che si respira ai piani alti dell’amministrazione americana, con decine di funzionari e dirigenti frustrati dalla mancata dissoluzione dell’economia russa.

Il sentiment è stato catturato dalla Cnn, la quale ha raccontato di come a detta di molte figure apicali dell’amministrazione statunitense, le sanzioni imposte dagli Stati Uniti e in generale dall’Occidente non abbiano prodotto la detonazione sperata. Anzi, i reali effetti si vedranno solo a inizio 2023. “La speranza era che le sanzioni avrebbero soffocato rapidamente la macchina da guerra russa in Ucraina, rendendo difficile per il Cremlino sostenere i suoi sforzi sul campo di battaglia e forse anche rivolgere l’opinione pubblica contro l’invasione”, si legge in un retroscena dell’emittente americana.

“Ma l’economia russa si è dimostrata molto più resiliente di quanto molti alti funzionari dell’amministrazione Biden si aspettassero grazie soprattutto ai ricavi da record che ha raccolto in primavera e in estate dall’impennata dei prezzi dell’energia . Nei primi 100 giorni di guerra, la Russia ha guadagnato 93 miliardi di euro esportando petrolio, gas e carbone. Questo ha comportato una contrazione dell’economia russa di circa il 4% tra aprile e giugno rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso, percentuale molto lontana dal calo del 15% che alcuni si aspettavano all’inizio dell’anno”.

In buona sostanza, nell’amministrazione a stelle e strisce “ci si aspettava che le sanzioni avrebbero completamente rovinato l’economia russa e che sostanzialmente, a partire da settembre, avremmo avuto a che fare con una Russia economicamente molto più indebolita di quella che vediamo siamo trattare”.  Un alto funzionario statunitense, contattato dalla medesima emittente, ha spiegato come “in molti speravano di vedere l’economia russa soffrire di più di quanto non stia accadendo”.

Il disappunto di certi dirigenti statunitensi trova comunque una sponda anche nelle analisi degli economisti. Come Evgeny Gontmakher, docente ucraino di Leopoli, formatosi all’Università statale di Mosca e in forza all’American Enterprise Institute. Per il quale l’impatto principale delle sanzioni dovrebbe colpire solo nell’autunno e nell’inverno di quest’anno. E questo perché “la Russia riceve ancora fondi molto significativi dalle esportazioni di petrolio e gas. Questo flusso è aumentato anche nei primi mesi di guerra. La Russia ha guadagnato 47 miliardi di dollari dalla vendita di risorse energetiche all’Europa a marzo e ad aprile, i primi due mesi dopo l’inizio dell’operazione speciale in Ucraina. A causa dell’aumento dei prezzi del carburante, le esportazioni hanno portato al Paese il doppio delle entrate rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso, nonostante il calo delle esportazioni di gas verso i Paesi occidentali di quasi il 28% dall’inizio del 2022”. Insomma, non è ancora tempo di knock out.

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