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Il Dragone molla il calcio. Il caso Inter-Suning visto da Forchielli

La vendita del club nerazzurro è solo l’ultimo atto di un ripiegamento iniziato prima della pandemia e a furor di popolo. L’economista Forchielli a Formiche.net: bruciare centinaia di milioni nel calcio non è più sostenibile, sia economicamente che nell’opinione pubblica. Pechino ha finito i soldi anche per comprare i giocatori. Una stagione breve e che non si ripeterà

Forse è la fine di un’era. Dieci anni fa Xi Jinping prendeva le redini del Partito Comunista e lanciava una campagna per trasformare la Cina in una potenza calcistica, un Chinese dream che ricalcava il percorso prima degli oligarchi russi e poi degli sceicchi: il pallone è un grande strumento di soft power e avrebbe permesso di estendere il dominio di Pechino oltre l’economia. Nel frattempo però, il giocattolo si è rotto. Il Dragone, facendo la tara dei fasti del XX Congresso del Pcc vive un’era difficile, fatta di debito e crescita col fiatone. E allora è giocoforza che anche qualcosa, di riflesso, fuori dall’ex Celeste Impero cambi.

LA CINA SALUTA L’INTER

Tutto parte da una notizia: l’Inter è ufficialmente in vendita, come ha rivelato per primo il Financial Times, specificando che da questa settimana comincerà la ricerca dei potenziali acquirenti del club nerazzurro, di proprietà del gruppo cinese Suning dal 2016. I due advisor individuati per l’operazione sono la banca statunitense Raine Group e Goldman Sachs. La prima ha gestito l’operazione da 2,5 miliardi di sterline che ha portato alla cessione del Chelsea e anche del Manchester City all’Abu Dhabi United Group . La seconda ha già lavorato con Suning, il cui azionista di riferimento è la famiglia Zhang. Restano comunque incerte le tempistiche dell’affare, quello che appare più di un sospetto è che semmai che la prossima proprietà dell’Inter sia americana: in tal caso, il club di Milano sarebbe la settima squadra della Serie A a passare in mani a stelle e strisce.

IL PESO DEI CONTI

Che cosa è successo e che cosa ha spinto il colosso cinese a mettere sul mercato uno dei club più titolati d’Italia e d’Europa? Tanto per cominciare, ci sono i numeri, non certo benevoli negli ultimi anni. a A fine settembre la società nerazzurra ha chiuso il bilancio con una perdita di 140 milioni di euro, ridotta di circa 105 milioni rispetto ai 245,6 milioni del 2021. In quell’occasione il presidente Steven Zhang aveva fatto trapelare l’intenzione di garantire nuova liquidità con un’iniezione da oltre 100 milioni di euro.

Finora la liquidità è stata garantita dal contratto con Oaktree (275 milioni di euro) nel momento di maggiore difficoltà della gestione Suning, durante la pandemia. L’altro segnale positivo era arrivato dal fatturato, in crescita a 440 milioni di euro. Un trend in miglioramento che, unito ai buoni risultati in Champions League e alla costruzione del nuovo stadio ormai quasi certa, crea le condizioni ideali per trovare un acquirente. Ma non è tutto, le ragioni vanno ricercate direttamente in Cina.

ADDIO AL PALLONE

Sì, perché nella Repubblica Popolare le pulsioni da pallone sono presto svanite, dopo l’exploit degli anni scorsi. I finanziamenti delle banche cinesi sembravano una costante destinata a cambiare il volto delle gare calcistiche: tanto per fare un elenco, 7 sponsor ufficiali su 14 nella Coppa del Mondo di calcio 2018 e diversi casi eclatanti di acquisto di squadre come Milan, Inter, Atletico Madrid, Southampton e Slavia Praga.

Dal 2017 in avanti, però, Xi Jinping ha invertito la rotta: i soldi che hanno rifocillato Fifa, campionati nazionali sono spariti. Come d’incanto. Proprietà vendute, contatti raffreddati, interi club cinesi passati dallo spendere 50 milioni per un singolo giocatore al dover sciogliere l’intera squadra nel giro di 5 anni. Il Covid-19, di certo, non ha aiutato. Il perché di questa retromarcia, che trova nel caso dell’Inter il suo ultimo atto, lo ha spiegato da Boston a Formiche.net uno che la Cina e i suoi arcani li conosce fin troppo bene, l’economista e imprenditore Alberto Forchielli.

IL COMMENTO DI FORCHIELLI

“Abbiamo assistito a un fuoco di paglia, in Cina ci si è resi conto quasi subito del grande spreco di denaro, sempre meno popolare”, spiega Forchielli. “Alla fine il governo e di riflesso anche le imprese, hanno deciso per una ritirata. Semplicemente non era più morale o socialmente accettabile spendere tutti quei soldi per il calcio. Direi che la vendita dell’Inter rappresenta l’ultimo atto di una stagione che non si ripeterà. Sono abbastanza sicuro che si sia trattata di una sortita, e che in quanto tale non si ripeterà in alcuna maniera. In Cina non ci sono più i soldi per comprare i giocatori di un certo livello, figuriamoci se si spendono 50 milioni per comprarne uno all’estero. Le pare?”

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