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La Cina, gli scontri a Manchester e le lezioni all’Ue. Scrive Harth

Pechino può ancora essere per Bruxelles partner negoziale, concorrente economico e rivale sistemico? No. L’intervento di Laura Harth, campaign director di Safeguard Defenders, dopo le scene impressionanti davanti al consolato generale cinese a Manchester, dove un manifestante di Hong Kong viene trascinato e picchiato da un gruppo di persone. Sotto lo sguardo (e la partecipazione) del console generale, mentre la polizia britannica cerca di salvare il manifestante dall’aggressione

“Rafforzeremo il sostegno per la sicurezza nazionale per meglio salvaguardare il sistema e l’ideologia cinese. Costruiremo il Fronte Unito più patriottico e incoraggiamo tutti i figli e le figlie della nazione cinese di dedicare tutto loro stesso al sogno del grande ringiovanimento cinese”.

Solo poche ore dopo queste parole di Xi Jinping all’apertura del XX° Congresso del Partito comunista cinese è arriva una conferma emblematica del significato preciso di queste parole: una sempre crescente repressione di qualsiasi dissenso al regime e il suo centro di potere, all’interno ma anche al di fuori della Cina.

Sono sconvolgenti le immagini delle proteste di domenica davanti al consolato generale cinese a Manchester, nel Regno Unito. Si vede come un manifestante di Hong Kong trascinato nel perimetro del consolato e picchiato da un gruppo di persone. Il tutto sotto lo sguardo (e la partecipazione) del console generale cinese, mentre la polizia britannica cerca di salvare il manifestante dall’aggressione feroce.

Aperta l’indagine, il consolato “legittima” l’accaduto denunciando la presenza alla protesta di “un ritratto offensivo” di Xi: un fatto “intollerabile e inaccettabile per le missioni diplomatiche e consolari di qualsiasi Paese. Condanniamo questo atto deplorevole con forte indignazione e ferma opposizione”.

Vi invito a rileggere quanto sopra. Il consolato generale della Repubblica popolare cinese non solo non ha avuto pudore di agire con violenza contro i manifestanti sotto gli occhi della polizia inglese e le telecamere presenti, ma addirittura rivendica le sue azioni brutali su suolo britannico. È un testamento vivo del senso di impunità con cui il regime cinese ha rapidamente accresciuta la sua repressione transnazionale nel mondo, facendo leva su quel Fronte Unito patriottico invocato da Xi domenica mattina e veicolato dalla fin troppo disattenzione (o complicità ignorante) da parte delle autorità in Paesi democratici.

Nonostante le prove schiaccianti iscritte esplicitamente nella legge di supervisione nazionale del 2018, le costanti dichiarazioni delle autorità cinesi stessi e persino la documentazione sull’istituzione di stazioni di polizia all’estero, ancora troppo spesso i dissidenti del regime e gli attivisti per i diritti umani non trovano ascolto e protezione adeguata. Ne è conseguita la rapida esportazione del regime di terrore politico dalla Cina continentale al mondo intero. Questo il modello del socialismo con caratteristiche cinesi che Xi propone al mondo. Un modello che pone la Repubblica popolare cinese come evidente minaccia ai valori e alle libertà fondamentali su cui si basano le nostre società democratiche.

Fatto di cui anche l’Unione europea sta prendendo crescente consapevolezza. Un documento della diplomazia europea in vista della riunione dei ministri degli Esteri a Lussemburgo di oggi parla chiaro: “La Cina è diventata un concorrente globale ancora più forte per l’Unione europea, gli Stati Uniti e altri like-minded partner. È quindi essenziale valutare il modo migliore per rispondere alle sfide attuali e prevedibili nel futuro […] che amplificheranno la divergenza tra le scelte e le posizioni politiche della Cina e delle nostre”.

La discussione odierna anticipa il dibattito sulla Cina del Consiglio europeo che inizia giovedì. Data l’impostazione cinese che sempre di più è passata da uno scontro economico a uno scontro politico su tutti i fronti, la questione all’ordine del giorno sarà se possa essere mantenuta la definizione della Cina come partner negoziale, concorrente economico e rivale sistemico con cui l’Unione europea ha cercato di definire i suoi rapporti con la Repubblica popolare negli ultimi anni.

La risposta sembra essere no, almeno per il ministro degli Esteri olandese che invoca la necessità di “abbandonare l’ingenuità”. Un cambio dell’approccio strategico dell’Unione europea alla Cina farebbe stretto seguito alle ridefinizioni adottate dagli Stati Uniti e dal Regno Unito, e sarebbe di buon auspicio per il prossimo governo italiano che dovrà fare necessariamente i conti con l’eredità lasciata da decenni di voluta ingenuità (o golosità).

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