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Xi promette, l’economia cinese non mantiene. Il report Credit Suisse

Gli economisti della banca elvetica avvertono sui veri rischi per la seconda economia globale. Il debito rischia di sfuggire di mano, il mattone è ormai moribondo e la strategia zero Covid un fallimento. Tutte cose che il partito continua a ignorare. Crescita anemica inclusa

Da una parte i sogni del leader Xi Jinping, a un passo dal terzo mandato alla guida del Dragone, dall’altra la realtà dei fatti. La politica cinese vive una dimensione parallela, ignorando i veri problemi del Paese: debito, crescita anemica, fallimenti della lotta al Covid. Forse, dentro la grande sala del Popolo a Pechino, dove è in corso il XX Congresso del Partito comunista, qualcuno si sarà chiesto perché mai il governo ha deciso di sana pianta di rimandare la pubblicazione delle previsioni per l’economia cinese. Qualcosa che stride, nel momento in cui la Repubblica popolare celebra il suo leader.

Il quale però non ne vuol sapere di offuscare il momento con scenari cupi e poco incoraggianti per la seconda economia mondiale. E così anche il numero due della Cina, Li Keqiang che nelle stesse ore in cui le previsioni sul Pil venivano rimandate a data da destinarsi, ha fatto invece un discorso programmatico, ha parlato di un generico miglioramento delle condizioni sociali ed economiche e ha ribadito l’obiettivo di aumentare il benessere generale già promesso nel discorso di apertura dal presidente. L’inusuale rinvio delle comunicazioni e l’assenza di riferimenti possono essere, secondo gli analisti, il segno di risultati al di sotto delle aspettative o comunque poco aderenti ai toni molto celebrativi con cui si sono aperti i lavori del Congresso.

E forse è proprio così. Tra gli scettici ci sono gli analisti del Credit Suisse, che ai mali cinesi ignorati dal Congresso hanno dedicato un apposito report. Premessa. “Il presidente Xi ha l’opportunità unica di plasmare e influenzare la Cina in un modo e in una misura pari solo a Mao prima di lui”. Ma bisogna fare i conti con la realtà. Gli esperti della banca d’affari elvetica prevedono che l’economia cinese si espanderà “soltanto di un 3,5% e 4,5%, rispettivamente nel 2022 e 2023, percentuali inferiori rispetto ai tassi di crescita del resto dell’Asia per la prima volta in 30 anni. Forse la sterzata più importante che Xi potrà effettuare dopo il Congresso sarà l’approccio del suo governo alla gestione della pandemia e l’effettivo mantenimento della politica zero Covid. Il numero di città che sperimentano restrizioni è salito da 75 il 25 settembre a 124 l’8 ottobre. E la quota a rischio del PIL della Cina è cresciuta dal 46,8% al 62,1% e potrebbe continuare ad aumentare con le autorità che lottano per contenere il virus”.

Tradotto, di questo passo il Dragone andrà a sbattere il muso. “La politica zero Covid ha gravi conseguenze per l’economia non da ultimo sui consumi privati”. rileva il Credit Suisse. Non è tutto. “Una seconda sfida di pari portata riguarda il settore immobiliare cinese, che si sta sgretolando sotto il peso del proprio debito. Di recente la pressione sul settore sta iniziando ad allentarsi, ma ci sono pochi segnali di una ripresa dei prezzi delle abitazioni. Infine l’economia sono chiamati a superare forse la sfida più grande: l’iniziativa politica della prosperità comune, che cerca di moderare e contenere gli eccessi del capitalismo del libero mercato e, nel farlo, di ridurre le disparità di ricchezza. L’intervento politico e il giro di vite normativo concorrono a complicare le intenzioni di investimento e il pricing di mercato, con il rischio che gli investitori sospendano la loro attività finché non sia fatta chiarezza”. Tutto chiaro?

 

(Photo by Sam Erwin on Unsplash)

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