I golpisti depongono il loro vecchio leader con un nuovo golpe: il Burkina Faso è di nuovo nel caos. Nel Sahel gli uomini forti cercano il potere sostenendo di voler aumentare la sicurezza contro l’avanzata dei gruppi estremisti islamici per conquistare, così, la fiducia delle popolazioni
Il presidente del Burkina Faso, Paul-Henri Damiba, è stato deposto da un gruppo di militari finora alleati, che hanno annunciato il colpo di stato dalle telecamere della Tv statale, venerdì 30 settembre, in prime time. In meno di un anno, è la seconda transizione di potere al di fuori dei dettami costituzionali che coinvolge il Paese.
L’annuncio ha coronato una giornata iniziata con le notizie di spari vicino a un campo militare nella capitale Ouagadougou, un’esplosione nei pressi del palazzo presidenziale e interruzioni della programmazione della televisione di Stato. Per ore si sono susseguite voci sul sul golpe anche perché i fatti stavano seguendo uno schema sempre più familiare nell’Africa occidentale e centrale negli ultimi due anni.
Il contesto
Gruppi di insorti, spesso collegati a milizie ideologizzate dal fanatismo islamico, hanno infatti seminato il caos nelle aride distese della regione del Sahel, uccidendo migliaia di persone e conquistando il controllo di territori in cui deturpano, sottraggono, stuprano. Tutto ciò ha eroso la fiducia dei cittadini verso governi considerati deboli perché non riuscivano a trovare vie per superare la crisi di sicurezza. E questo ha aperto la strada ad ambiziose azioni di uomini forti che intendono intestarsi il potere, spinti dalla promessa di risolvere i problemi di quei Paesi e dalla fiducia che cittadini stremati e poveri di strumenti socio-culturali evoluti ripongono in loro.
Il Mali, il Ciad e la Guinea sono stati teatri di colpi di Stato dal 2020, facendo temere un generale ritorno al regime militare in una regione che nell’ultimo decennio aveva compiuto progressi democratici. Una contrazione su cui pesano responsabilità anche da parte della Comunità internazionale, che non è riuscita ad aiutare quei governi democratici (seppure alcuni discutibili) nello stabilire un contesto securitario adeguato per assistere lo sviluppo di questi Paesi.
Particolarmente emblematico è stato il caso della Francia, che aveva piantato in Mali, Burkina Faso, Mauritania, Ciad e Niger una missione militare che avrebbe dovuto facilitare la stabilizzazione e che invece Parigi, dopo circa otto anni di impegno, è stata costretta a ritirare mestamente.
A questo quadro si abbinano interferenze maligne come quelle prodotte dalla Russia, che s’è costruita un proprio standing all’interno della regione facilitando la diffusione di una disinformazione che trova attecchimento tra le istanze populiste anti-governative di quelle cittadinanze, proponendo contemporaneamente un modello alternativo – mosso anche attraverso l’impiego di gruppi di sicurezza privati, come l’ormai notissima Wagner, che ha standard operativi molto più laschi rispetto alle forze regolari occidentali o di stabilizzazione onusiane.
Chi ha preso il potere a Ouagadougou
Il nuovo leader del Burkina Faso è il capitano dell’esercito Ibrahim Traore. In una scena che ha replicato l’arrivo di Damiba con il colpo di Stato del 24 gennaio, Traore è apparso in televisione circondato da soldati e ha annunciato lo scioglimento del governo, la sospensione della Costituzione e la chiusura delle frontiere.
Non è ancora chiaro cosa sia successo a Damiba, un militare che aveva a sua volta preso il potere a inizio anno, estromettendo l’ex presidente Roch Kabore con la promessa di salvare il Paese e ristabilire condizioni di sicurezza adeguate. In Burkina Faso è stato proclamato il coprifuoco notturno e le comunicazioni sono limitate. Traore ha dichiarato che un gruppo di ufficiali che ha aiutato Damiba nel rovesciamento di gennaio ha deciso di rimuovere il vecchio leader a causa della sua incapacità di trattare con gli islamisti.
“Di fronte al deterioramento della situazione, abbiamo cercato più volte di convincere Damiba a riorientare la transizione sulla questione della sicurezza”, si legge nella dichiarazione firmata da Traore e letta da un altro ufficiale in televisione. Ma Damiba viene accusato di aver rifiutato le proposte degli ufficiali di riorganizzare l’esercito e di aver invece continuato con la struttura militare che aveva portato alla caduta del precedente regime.
“Le azioni di Damiba ci hanno gradualmente convinto che le sue ambizioni stavano deviando da ciò che ci eravamo prefissati. Oggi abbiamo deciso di rimuovere Damiba”, hanno dichiarato i nuovi golpisti. Le parti interessate a livello nazionale saranno presto invitate ad adottare una nuova carta di transizione e a designare un nuovo presidente civile o militare.
La risposta della popolazione
Non ci sono state reazioni particolare da parte dei burkinabé e tra le foto di chi festeggia appaiono le ormai usuali bandiere russe. Le popolazioni locali hanno generalmente accettato, se non acclamato, le giunte militari nella speranza che potessero avere più successo nel contenere gli insorti rispetto ai loro predecessori democraticamente eletti. Una distanza siderale dalla mentalità di approccio alla situazione che hanno istituzioni come l’Unione europea. Tuttavia quel la speranza è svanita rapidamente.
Il Burkina Faso è per esempio diventato l’epicentro delle violenze portate avanti da gruppi legati ad al-Qaeda e allo Stato Islamico, iniziate nel vicino Mali nel 2012 e diffuse in altri Paesi dell’Africa occidentale a sud del deserto del Sahara. Migliaia di persone sono state uccise nei raid contro le comunità rurali e milioni di persone sono state costrette a fuggire. Questa settimana, almeno 11 soldati sono morti in un attacco nel nord del Burkina Faso. Decine di civili sono ancora dispersi.
Il colpo di stato di venerdì crea un problema per il blocco politico dell’Africa occidentale, la Comunità Economica degli Stati dell’Africa Occidentale (Ecowas), che ha cercato di persuadere i leader golpisti della regione a tornare al governo civile il prima possibile. L’Ecowas ha sospeso il Burkina Faso dopo il colpo di Stato di gennaio, ma da allora aveva concordato una transizione di due anni verso elezioni democratiche. È possibile che Traore cercherà di salvare il processo per ottenere legittimazione internazionale.