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Litio e transizione, in Francia la seconda miniera d’Europa

Il colosso metal-chimico Imerys ha annunciato l’avvio nel 2028 di un nuovo sito d’estrazione dell’oro bianco. Si tratta della seconda miniera che diventerà operativa in Europa. Una buona notizia per ridurre la dipendenza e i rischi lungo la supply chain delle batterie elettriche nell’ottica dei target della Commissione. A patto che non ci siano ulteriori ostacoli

Il gigante minerario Imerys ha annunciato nella giornata di ieri lo sviluppo di un progetto per l’estrazione di litio, elemento cruciale per la fabbricazione delle batterie elettriche, a supporto della nascente filiera europea.

Il sito di Beauvoir, localizzato a Echassières, ospiterà il progetto Emili (Imerys Lithiniferous Mica Mining) e contribuirà alla duplice sfida della transizione energetica e della sovranità economica e tecnologica europea, offrendo un importante contributo alla crescente domanda europea di materiali critici per settori emergenti, come quello delle batterie al litio. La miniera, una delle più grandi d’Europa, potrà così garantire forniture stabili e a lungo termine per gli obiettivi di decarbonizzazione fissati dalla Commissione europea, oltre a supportare il phase-out dei motori a combustione decretato al 2035.

La scoperta di litio nel sito risale agli anni Sessanta, mentre le attività estrattive nell’area circostante hanno caratterizzato l’economia della regione sin dall’Ottocento. Nel 2015, Imerys, azienda leader nel settore dei metalli, ha ottenuto un permesso di esplorazione e ricerca, rinnovato nel 2021. L’istituto geologico e di ricerca mineraria francese (Brgm) aveva stimato la presenza di circa 1 milione di tonnellate contenenti tra lo 0,9% e l’1% di idrossido di litio, cifre convalidate dall’azienda che alla fine del 2022 si ha concluso una serie di studi di fattibilità, per una spesa complessiva di 30 milioni di euro, che hanno certificato la presenza di concentrazioni e quantità di litio economicamente attrattive per lo sfruttamento. Si tratta di una timeline che rimane nella media: solitamente sono necessari dai 7 ai 10 anni per portare un sito minerario promettente sul mercato. Le attività estrattive sono previste iniziare nel 2028.

La società francese sta inoltre studiando lo sviluppo, come progetto pilota, di un processo per estrarre il litio dal deposito che vada incontro ai criteri tecnici, economici e ambientali più stringenti e in rispetto degli standard, riconosciuti a livello globale, dell’Initiative for Responsible Mining Assurance (Irma). Il che significherà un consulto partecipato tra tutti gli stakeholders del progetto.

Secondo il comunicato stampa diffuso da Imerys, il deposito avrà una capacità produttiva annuale di 34.000 tonnellate di idrossido di litio (più di un terzo della produzione globale del 2021, seppur la domanda globale al 2030 crescerà vertiginosamente) per supportare la fabbricazione di 700.000 veicoli elettrici all’anno. Con 25 anni di vita e un potenziale per l’espansione, il sito estrattivo potrà così coprire la domanda europea a ridosso del 2050 e richiederà un investimento iniziale da 1 miliardo di euro. La produzione del materiale pronto ad essere commercializzato si attesterà ad un costo di circa € 7-9/kg, un prezzo competitivo in riferimento al mercato europeo, e conterà anche di un processo industriale con una bassa impronta carbonica rispetto alla media dei siti estrattivi di spodumene roccioso.

Cifre che metterebbero il gruppo, dal fatturato di 4.4 miliardi e 17.000 impiegati nel 2021, al centro della filiera europea delle batterie e sui cui graviterebbero i principali produttori europei, seppur abbia una capitalizzazione di mercato nettamente inferiore ai colossi del settore come Albemarle, SQM, Tianqi LIthium e Ganfeng. Tuttavia, il portofolio del gruppo francese è molto strutturato: attualmente tratta e commercializza 30 diversi minerali da 100 depositi localizzati in tutto il mondo, con esperienza nel segmento battery metals (grafite e carbonio duro, materiali essenziali per gli anodi delle batterie). Asset e know-how importanti in uno scenario internazionale che vede la corsa agli approvvigionamenti e a contratti a lungo termine requisito essenziale per la competitività. “Il progetto Emili garantirà una fornitura sostenibile, competitiva e domestica di litio per l’automotive francese ed europea e darà un importante contributo per affrontare le sfide della transizione energetica”, ha commentato il CEO del gruppo, Alessandro Dazza. Attualmente il Presidente Emmanuel Macron ha stabilito come target la produzione, sul suolo francese, di due milioni di veicoli elettrici. Stellantis e Renault hanno infatti annunciato di voler produrre le componenti in Francia, tra cui anodi e catodi per batterie. Al momento, sono attive tre gigafactory, ma ulteriori investimenti lungo tutta la filiera europea saranno necessari per affrontare i colli di bottiglia.

Secondo le stime della Commissione europea, per raggiungere la neutralità climatica la domanda dell’Ue di litio al 2030 crescerà di 18 volte rispetto ai consumi del 2019 e di circa 60 volte entro il 2050. Attualmente l’Europa conta una sola miniera attiva, in Portogallo, ed importa la maggior parte del fabbisogno dal Cile (78%), Stati Uniti (8%) e Russia (4%). La presidente della Commissione Ursula von der Leyen ha dichiarato lo scorso mese che “litio e terre rare diventeranno presto più importanti di petrolio e gas”, mentre di recente ha rimarcato la necessità di rafforzare parallelamente le capacità di raffinazione del litio: infatti, prima che il materiale estratto possa essere impiegato a livello industriale deve essere trattato chimicamente in ossequio agli standard di fabbricazione. Uno step attualmente dominato dalla Cina, con il 59% del mercato secondo Benchmark Minerals Intelligence.

Sforzi necessari in un contesto geopolitico e di competizione tecnologica che vedrà le batterie e i materiali critici sempre più nell’occhio del ciclone. Secondo l’International Energy Agency, come rimarcato nell’ultimo Global EV Outlook, “la rapida ascesa degli EV durante la pandemia ha testato al tenuta delle filiere delle batterie, mentre la guerra russa in Ucraina ha ulteriormente esacerbato al sfida”, con i prezzi di input chiave come litio, cobalto e nickel aumentati considerevolmente. A maggio 2022, i prezzi del litio erano sette volte più alti rispetto al 2021.

Vi è poi, come notato su queste colonne, il rischio di un’eccessiva regionalizzazione delle filiere che possa mettere Ue e Usa in diretta competizione tramite l’utilizzo di incentivi fiscali e interventi di politica industriale non coordinati attraverso un dialogo multilaterale, come il Trade and Technology Council (TTC). Due versioni del Green Deal, americano ed europeo, non comunicanti e in competizione sulle risorse.

Infine, sarà da monitorare la reazione delle comunità locali per i progetti industriali e minerari, come quello di Beauvoir, che in più occasioni si sono dimostrate poco inclini e ritorsive nei confronti di attività percepite come inquinanti e dannose per l’ambiente, come dimostra il caso Rio Tinto in Serbia. Un aspetto, quello legato alla protezione dell’ambiente e della salute pubblica, che vede l’industria del litio sotto l’attenta osservazione delle autorità regolatorie europee: come l’European Chemicals Agency (ECA), che sta dibattendo la proposta di classificare il litio come materiale pericoloso, che avrebbe conseguenze molto gravi sulla competitività dei prodotti europei a scapito di quelli asiatici e cinesi.

 

 

 

 



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