Dopo tre anni trascorsi a combattere il virus chiudendo milioni di cittadini in casa e negando il credito ai colossi del mattone nell’illusione di fermare la crisi del debito, adesso Pechino cambia registro. Lockdown più morbidi e più prestiti al mercato immobiliare, affinché i progetti rimasti al palo causa insolvenze ripartano
Per quasi tre anni Pechino ha combattuto la sua personale guerra su due fronti: contro una pandemia virulenta e un mercato immobiliare in fase terminale. Ma ora è tempo di dire le cose come stanno. Ci ha pensato l’Economist, in un editoriale dedicato ai due grandi fiaschi cinesi, la gestione della pandemia e l’accanimento terapeutico nel voler salvare un mercato già morto prima di ricevere le prime cure.
Come a dire, i lockdown hanno salvato sì vite umane, ma a caro prezzo per l’economia. E il chiudere i rubinetti del credito ai giganti del mattone, pensando di isolare una crisi sistemica del debito, magari avrà fermato l’eccesso di prestiti, ma hanno anche portato a decine di insolvenze e a un prolungato rallentamento di uno dei principali motori di crescita del Paese.
Negli ultimi giorni, però, i dirigenti del partito hanno messo seriamente in discussione buona parte delle proprie scelte. Un esempio? L’11 novembre scorso, i funzionari del governo hanno allentato alcune misure zero-covid, mentre il 13 novembre la banca centrale cinese e l’autorità di regolamentazione bancaria hanno deciso di alleviare la stretta creditizia nel settore immobiliare, riavviando la costruzione di progetti in stallo per prevenire una nuova ondata di insolvenze. Perché se si finisce quanto cominciato, almeno c’è la possibilità che qualcuno compri e si rientri dell’investimento. “L’insieme di queste misure rappresenta il più grande cambiamento nella politica cinese degli ultimi anni”, spiega l’Economist.
Più nel dettaglio, si è deciso per una riduzione della quarantena per i viaggiatori in arrivo e la fine del circuit breaker, che sospende le compagnie aeree che hanno inavvertitamente trasportato passeggeri infetti. Attenzione, tutto questo non è necessariamente un preludio all’abbandono della politica cinese di zero covid, ma una bella picconata, quella sì. “Comunque il più grande allentamento nei confronti della pandemia da quando il covid ha iniziato a diffondersi”.
Allo stesso modo, le misure per il mercato immobiliare rappresentano “la svolta più cruciale” nelle politiche abitative cinesi da quando a Pechino hanno cambiato rotta l’estate scorsa. “All’epoca le autorità di regolamentazione iniziarono a imporre rigorosi limiti alle somme che i costruttori potevano prendere in prestito e le banche potevano prestare. Il loro obiettivo era quello di stroncare lo slancio speculativo del mercato immobiliare e di ridimensionare il settore. Ci sono riusciti fin troppo bene. Gli sviluppatori sono andati in default o in difficoltà, la costruzione di progetti pre-venduti si è fermata, la fiducia degli acquirenti di case è crollata e le vendite sono crollate”. Se la frittata è fatta, allora, è tempo di rimediare in Cina. O di provarci.
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