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Le difficoltà dell’Europa alla prova della Difesa. E l’Italia?

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La Difesa europea è riconosciuta come una delle priorità da tutti i Paesi del Vecchio continente, tuttavia il percorso verso la sua costruzione rimane complesso. Anche Parigi e Berlino arrancano, mentre permangono le incognite legate alle decisioni del nostro Paese

Sebbene si moltiplichino da più parti gli appelli alla necessità e all’urgenza che l’Europa costruisca finalmente una sua dimensione di sicurezza, il processo per la costruzione di una Difesa comune stenta ad accelerare. Recentemente, in una lettera aperta, dieci esperti del Vecchio continente hanno ricordato che se gli europei “vogliono diventare un attore credibile sulla scena della sicurezza internazionale, devono fare e spendere di più insieme. E devono farlo ora”. Al centro della questione, inoltre, si inseriscono anche le tensioni tra i due apripista continentali, la Germania e la Francia, che dopo un lungo periodo di allineamento sono oggi sempre più ai ferri corti su diversi dossier.

La strategia di Macron

Parigi ha di recente rilasciato la propria Revisione strategica nazionale, con la quale intende definire le necessità in vista della legge sui programmi militari fino al 2030. L’immagine della Francia restituita dal suo presidente, Emmanuel Macron, è quella di un Paese “autonomo nelle sue valutazioni e sovrano nelle sue decisioni, rispettato per il suo status di potenza nucleare, motore dell’autonomia strategica europea”. Per il presidente, tra l’altro, la Francia è la “roccia” dell’Unione europea, in quanto unica potenza nucleare rimasta nell’Ue. “La Francia vuole guidare lo sviluppo della sovranità europea”, ha spiegato ancora Macron, aggiungendo come “oggi più di ieri, gli interessi vitali della Francia hanno una dimensione europea”.

Gli ostacoli secondo l’industria

L’impegno francese non è nuovo, con il presidente che a giugno aveva lanciato una “rivalutazione del budget da dedicare alla Difesa” che avrebbe dovuto condurre la Francia verso una vera e propria “economia di guerra”, nelle parole del presidente. Ma il processo è tutt’altro che facile. Convocati dal ministero della Difesa, gli industriali francesi hanno ricordato al governo gli ostacoli che si frappongono nel tentativo di raggiungere l’obiettivo posto dall’esecutivo di “produrre di più, più velocemente e a costi controllati”. Di fronte alle preoccupazioni dell’Eliseo sulla capacità della Nazione di affrontare un conflitto, la risposta dell’industria è stata chiara: dateci più ordini e una visione a lungo termine, e noi aumenteremo i nostri ritmi di produzione.

Cresce il budget europeo

Su tutto, rimane assolutamente immutato l’impegno di Parigi a incrementare ulteriormente il budget del Pil da destinare alla Difesa al 2%, un trend ormai consolidato anche nel resto d’Europa. Anche Madrid, dove a giugno è stato firmato il nuovo Strategic concept della Nato, ha deciso di incrementare ulteriormente i fondi per la difesa già da quest’anno, aumentando il budget allocato dal Congresso di oltre tre miliardi. Sorpresa invece da Berlino, dove dopo l’accelerata impressa dall’invasione russa dell’Ucraina, era stata la prima capitale europea a settare l’obiettivo del 2% aggiungendo anche la creazione di un fondo di cento miliardi da dedicare alla Difesa. Ora, invece, la Germania si prepara a una riduzione del budget allocato per il 2023.

Le difficoltà della Germania

La Germania ha urgente necessità di modernizzare le proprie forze armate, colpite da decenni di sotto-investimenti. Una politica ereditata dalla Seconda guerra mondiale. Ora, di fronte all’emergenza ucraina, Berlino deve recuperare in fretta, ma non è detto che ne abbia le risorse. La cosiddetta legge di risanamento, il progetto del governo tedesco per il bilancio della difesa del prossimo anno, inviata al Bundestag non si concilia infatti con le ambizioni espresse dal cancelliere Olaf Scholz. Anzi, va nella direzione opposta, stanziando per le Bundeswehr 50,1 miliardi di euro per il 2023, a fronte dei 50,33 miliardi del 2022, mentre la quota di Pil rimane intorno al 1,5% del Pil.

E l’Italia?

In questo scenario generale manca ancora un impegno netto dell’Italia. Il nostro Paese si è assunto il traguardo di raggiungere l’obiettivo del 2% entro il 2028, una data più lontana rispetto a quanto deciso dagli altri Paesi europei. Alcuni passi sono già stati intrapresi, con l’aumento del bilancio destinato alle Forze armate fissato dall’ultimo Documento programmatico pluriennale (Dpp) della Difesa per il triennio 2022-2024 a 18 miliardi di euro. Un aumento rispetto ai 16,8 del 2021, a loro volta in aumento rispetto agli anni passati. Resta da vedere se questa tendenza verrà mantenuta, o addirittura accelerata, dal nuovo esecutivo.



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