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I dolori di Giorgia e il Pd da spolpare. L’analisi di Panarari

democrazia

Il docente dell’università Mercatorum: “In Lombardia si consuma la proiezione del caos che regna nel campo dell’opposizione. Il Pd è il soggetto da spolpare e gli altri attori di quello che teoricamente doveva essere il campo largo agiscono da soli, puntando sull’inerzia dei dem”. Berlusconi e Salvini che fanno una federazione per indebolire Meloni? “Oltre la lista, difficile poi trovare una linea”

I fronti politici fuori e dentro il perimetro della maggioranza sono caldi. Il Pd, in Lombardia, ha schierato Pierfrancesco Majorino (senza primarie) che ha già aperto all’ipotesi di un’alleanza con il Movimento 5 Stelle. Letizia Moratti è il volto scelto dai centristi per scompaginare le carte dopo la frattura con Attilio Fontana. Silvio Berlusconi sta pensando a un accordo federativo con la Lega, realisticamente per acquisire numeri e forza. Nel frattempo Giorgia Meloni cerca di tenere in piedi il Governo tra mille sfide nazionali e internazionali. “Questa sarà un’autentica spina nel fianco per la premier”. La sottolineatura è di Massimiliano Panarari, docente dell’università Mercatorum, saggista e sociologo della comunicazione.

Quello della federazione tra Forza Italia e Lega è un vecchio progetto mai davvero concluso. Questa volta andrà in porto?

Sarebbe un’operazione prettamente tattica. Il nodo da sciogliere però è rappresentato dalle differenze profonde che intercorrono tra i due partiti. Forza Italia si è distinta, diciamo, per una linea garantista e lontana dai populismi. Invece Salvini sta riacquisendo un po’ di consenso rispolverando i vecchi cavalli di battaglia populisti. E’ evidente che un soggetto federativo di questa natura avrebbe difficoltà a stabilire una linea politica comune. Saranno una spada di Damocle per Meloni e questa operazione nasce per mettere assieme due forze politiche a fronte di un altro schieramento che acquisisce sempre più consenso.

Come vede l’ipotesi di revisione del reddito di cittadinanza proposta dall’Esecutivo?

E’ un nodo delicato ma vero: è indispensabile garantire forme di sostegno a una serie di soggetti fragili. A differenza di una certa retorica, il reddito di cittadinanza non è la misura che risolve il problema. Dal punto di vista politico questa revisione si incardina nelle misure identitarie per le quali questo governo si sta caratterizzando. Va detto comunque che il reddito di cittadinanza di matrice grillina, anche a fronte dell’attuale sistema per la ricerca del lavoro, non funziona. Ed è stato un modo per svolgere una funzione ‘clientelare’, specie in alcune aree del Paese.

A proposito di grillini, come valuta l’apertura di Majorino ai pentastellati in Lombardia?

In Lombardia si consuma la proiezione del caos che regna nel campo dell’opposizione. Il Pd è il soggetto da spolpare e gli altri attori di quello che teoricamente doveva essere il campo largo agiscono da soli, puntando sull’inerzia dei dem. La scelta di Majorino premia una persona presente sul territorio che gode di consenso. Ma l’impressione è che ci sia una scelta di posizionarsi a sinistra. Una scelta legittima ma che rischia di relegare l’azione del Pd a una battaglia di testimonianza. Quando invece, un’eventuale vittoria del centrosinistra (ancorché allargato), avrebbe un effetto deflagrante per il destra-centro anche a livello nazionale. E, a risentirne maggiormente, sarebbe il leader del Carroccio, Matteo Salvini. Il Pd, in questo modo, rischia di certificare la sua minorità strutturale in Lombardia.

Il modello Lombardia, in ottica dell’asse Movimento 5 Stelle e Pd, sarebbe replicabile anche altrove?

Il Pd ha scommesso sull’accordo aritmetico con i 5 Stelle, che prescinde dai problemi di incompatibilità tra i due soggetti. Rispetto al panorama attuale i 5 Stelle godono di un buono stato di salute (nonostante il dimezzamento dei voti). In qualche modo questo accordo evidenzia la convinzione del Pd di riposizionarsi a sinistra. Il punto è che il Pd, in questo modo, fa alleanze senza definire la propria identità.

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