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La Bce usi i guanti sui tassi. Parla Messori

Intervista all’economista e saggista della Luiss. Controllare l’inflazione per mezzo della politica monetaria può portare alla recessione, per questo Francoforte deve essere cauta sul costo del denaro. La manovra italiana? Ci sono cose che non vanno, dall’Ue mi aspetto preoccupazione ma non una bocciatura

Ignazio Visco, governatore di Bankitalia, lo aveva detto giusto giusto pochi giorni fa: la Banca centrale europea, se proprio dovessero prudere le mani sui tassi, deve andarci piano, perché sennò rischia di sacrificare la crescita sull’altare della lotta all’inflazione. E che Francoforte debba fare un bel respiro prima di mettere mano al costo del denaro, ne è convinto anche Marcello Messori, economista e saggista che ben conosce le cose monetarie.

“Credo che la Bce si trovi in una situazione difficile. Il suo mandato è di assicurare la stabilità dei prezzi nel medio periodo; dunque, a fronte di elevati tassi di inflazione, difficilmente può evitare restrizioni monetarie. D’altro canto, dal momento che il processo europeo di inflazione ha tratto origine da strozzature dal lato dell’offerta e dall’impatto bellico sui prezzi dell’energia, l’aumento dei tassi di interesse non incide direttamente sulla dinamica dei prezzi”, spiega Messori.

Per il quale “il rischio è, quindi, che il controllo dell’inflazione per mezzo della politica monetaria richieda una pesante recessione. Per tali ragioni, penso che la Bce dovrebbe essere molto prudente. Ma per le stesse ragioni penso che le politiche dei paesi dell’euro-area dovrebbero spingere per il superamento delle strozzature di offerta”. Il discorso si posta poi sulla manovra da 32 miliardi appena approvata dal governo di Giorgia Meloni, prossima all’approdo in Parlamento. E qui l’analisi di Messori non è certo priva di critiche.

“Dal punto di vista macroeconomico, la bozza di Legge italiana del bilancio per il 2023 ha un’intonazione piuttosto restrittiva ed è difficile conciliare tale dato con la previsione di un tasso reale di crescita del Pil per il 2023 maggiore di quello tendenziale. Dal punto di vista microeconomico poi, la scelta di concentrare gran parte delle risorse per assorbimenti non selettivi degli aumentati prezzi dell’energia impedisce un efficace sostegno ai redditi bassi e medio-bassi e, per di più, non facilita l’avvio delle trasformazioni indicate dal Piano nazionale di ripresa e resilienza. Inoltre, gli interventi sulle pensioni non rispondono ad alcuna strategia di medio periodo e, per di più, sono contraddittori perché ampliano le fattispecie di uscita ma  incentivano la permanenza nel mercato del lavoro di quanti comunque non uscirebbero”.

Non è tutto. “Le iniziative in materia fiscale spiazzano possibili interventi per superare le strozzature dal lato dell’offerta che sono assenti nella bozza e che, viceversa, sarebbero essenziali per contrastare il processo inflazionistico. Se a tutto ciò si aggiunge che lo smantellamento annunciato del reddito di cittadinanza non sembra accompagnarsi a un disegno più efficace (e comunque irrinunciabile) di contrasto della povertà, mi pare che l’impatto sociale della manovra sia negativo”.

Andando nello specifico, due sono gli assi portanti dell’ex finanziaria, la flat tax al 15% e un primo vero intervento sul cuneo fiscale. “L’estensione della flat tax a favore dei lavoratori autonomi e i condoni fiscali aggravano le distorsioni e le iniquità del già caotico sistema fiscale italiano. Oltretutto, combinandosi con il prospettato aumento nel tetto per l’uso del contante, incentivano l’evasione futura. E, come accennavo prima, queste scelte hanno l’effetto di depotenziare il taglio del cuneo fiscale che, se fosse stato significativo, avrebbe svolto un ruolo cruciale per sostenere l’offerta e –contrastare l’erosione del potere di acquisto dei salariati che è pesantemente aggravata dall’inflazione”, puntualizza Messori.

Adesso non resta che attendere il parere dell’Europa, che nei giorni scorsi ha ricevuto il testo da Roma. E qui Messori si aspetta un appunto ma non certo una bocciatura sonora. “I Trattati europei non consentono alle istituzioni europee di entrare nel merito della composizione dei bilanci pubblici nazionali, la valutazione centrale deve concentrarsi sui saldi di bilancio e sulla dinamica attesa di questi saldi. Pertanto, data l’intonazione macro-economicamente restrittiva della manovra italiana, penso che il giudizio europeo sarà di preoccupazione per i persistenti squilibri italiani ma non si tradurrà in una valutazione severa”.

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