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Col pacifismo Conte prova a svuotare il Pd. Parla Polito

Il vicedirettore del Corriere: “Se il Pd non si darà una linea chiara con la prossima segreteria, rischia di rimanere svuotato. Le armi? I dem non possono sconfessare Letta e Guerini”. Il centrodestra e le antiche amicizie con Putin

Il percorso congressuale da un lato, in uno dei momenti più difficili per il centrosinistra specie dopo la batosta elettorale di fine settembre. Dall’altro un Movimento 5 Stelle sempre più muscolare e che tenta di erodere consensi. Il Terzo Polo gioca la sua partita in autonomia. Il Pd è nel pieno di un inverno politico. Per capire cosa accadrà al centrosinistra, anche allargando l’orizzonte alla politica internazionale e alle mozioni sulla guerra in Ucraina, abbiamo chiesto un parere ad Antonio Polito, vicedirettore ed editorialista del Corriere della Sera.

Giuseppe Conte, presidente del Movimento 5 Stelle, insiste sulla linea pacifista. È parte di un tentativo di Opa sul Partito democratico alla vigilia del congresso per l’elezione del nuovo leader?

Più che un’opa parlerei di un processo di sostituzione, di svuotamento. Il Movimento 5 Stelle, che si è caratterizzato per temi che hanno un appeal sociale considerevole come il reddito di cittadinanza, senza dubbio intercetta una parte di elettorato del Pd. L’operazione di Conte è assimilabile a quella di Jean-Luc Mélenchon in Francia con il partito socialista. Senza contare poi le altre spaccature e le altre pressioni che il Pd riceve.

Fa riferimento ai centristi?

Sì. C’è una parte di bacino elettorale del Pd, più riformista che è stimolata dalle “campane” dei centristi del terzo polo. Per cui i dem vivono questa dicotomia: da una parte il tentativo di “superamento” a sinistra dei pentastellati e dall’altra gli impulsi riformisti. Se il partito non si darà una linea chiara con la prossima segreteria, rischia di rimanere svuotato.

Martedì in Aula si discuteranno le mozioni sulle armi all’Ucraina. Dobbiamo aspettarci sorprese e scomposizione dei blocchi?

Il centrodestra troverà una formula condivisa e rimarrà compatto. Pd e Movimento 5 Stelle è probabile che votino due documenti diversi. D’altra parte il Pd non può permettersi di sconfessare la linea sull’invio di armi all’Ucraina fortemente sostenuta dal segretario Enrico Letta e dal ministro Lorenzo Guerini durante il governo Draghi. Sarebbe uno smacco.

Anche nella maggioranza di centrodestra la parola armi sembra diventata un tabù presso alcuni partiti. Che succede?

C’è una stanchezza diffusa, nell’elettorato, rispetto il protrarsi di questo conflitto. Parallelamente si è propalata l’errata convinzione che lega direttamente il perdurare della guerra agli effetti sull’economia a partire dall’inflazione. I partiti italiani seguono i sondaggi e in questo c’è un’attitudine politica consolidata. In più Salvini e Berlusconi hanno antichi legami con la Russia di Putin. Va detto che il leader della Lega ha avuto, a più riprese, una posizione contraria all’invio delle armi.

Da eventuali nuove intese sulla politica estera e dopo i contatti tra Giorgia Meloni e Carlo Calenda, dobbiamo aspettarci ulteriori sorprese?

Non penso che allo stato attuale ci saranno sorprese sul piano parlamentare. Il fatto che Calenda e Meloni abbiano un canale di dialogo aperto è positivo e, in un certo senso, ricalca quello che Meloni faceva quando era all’opposizione di Draghi. Non si assisterà, dunque, a una scomposizione. Bisognerà invece guardare con attenzione quello che accadrà nel 2024. La riforma costituzionale di stampo presidenzialista sarà in corso e ci saranno appuntamenti politici importanti. Sia sui territori che in Europa. A quel punto potremo assistere a un nuovo centrodestra. Un Pdl meloniano, che magari ingloberà qualche gruppo centrista.

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