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Lunga vita al raddoppio del Tap, l’Italia investa sui gasdotti. I consigli di Vulpio

Già nel 2014 si parlava di raddoppio che, evidentemente, non è legato all’emergenza di oggi o alla guerra, racconta a Formiche.net l’inviato del Corriere della Sera. L’Italia ci guadagnerebbe in termini geopolitici, come ci guadagnerebbe anche “se il gas presente in Egitto, Cipro e Israele arrivasse qui via tubo”

I regolatori di Italia, Grecia e Albania (Arera, Rae e Ere) hanno dato l’ok al raddoppio del gasdotto Tap, un’infrastruttura strategica che già oggi provvede al 10% del fabbisogno italiano. L’obiettivo è quello di essere pronti entro gennaio a ricevere le offerte. Lunga vita al raddoppio del Tap, dice a Formiche.net il giornalista Carlo Vulpio, il primo in Italia ad avere realizzato un reportage sul Mar Caspio, proprio alle fonti di questo gas per il Corriere della Sera.

I vantaggi del Tap

“Già nel 2014 quando andai lì si parlava di questo raddoppio che, evidentemente, non è legato all’emergenza di oggi o alla guerra, ma si doveva fare perché era nella natura delle cose, sia di questo gasdotto che del giacimento. Trasportando questa quantità di gas l’Italia ci guadagna anche in termini geopolitici, come ovviamente ci guadagneremmo in termini geopolitici se il gas presente in Egitto, Cipro e Israele arrivasse qui via tubo”.

Il riferimento è alle nuove scoperte nel Mediterraneo orientale, dove Eni ha un ruolo da protagonista. Secondo Vulpio l’Italia anche lì fu facile profeta quando, proprio dopo le scoperte del cane a sei zampe su Zohr e Nohr, si disse che forse il gas sarebbe stato l’unico elemento a mettere d’accordo Paesi ostili tra loro per mille ragioni. “Il guadagno sarebbe a lungo termine se le cose venissero fatte come andrebbero fatte, cioè con accordi per realizzare gasdotti come il Tap – aggiunge – e non lo dico da un punto di vista del cosiddetto ambientalismo ideologico, oggi molto di moda, ma da un punto di vista pragmatico geopolitico ed energetico”.

Più gas

Osserva che il gas ci serve, lo dobbiamo trasportare e lo dobbiamo avere con i gasdotti che impattano meno rispetto a rigassificatori che sono dispendiosi, visto che portano gnl che ci viene fatto pagare tre-quattro volte il prezzo reale. “La strada ideale, come dimostrato dal Tap, è quella degli accordi diplomatici per favorire l’uso del gas, anche perché ancora per molto tempo ne avremo bisogno e il gas ci aiuterà anche a produrre idrogeno, non il solare che andrebbe bene nel deserto del Gobi, lo dicevo nel 2011 quando mi hanno chiuso un programma in Rai con Vittorio Sgarbi”.

E precisa che la strategia che è necessaria dietro l’operazione di un gasdotto riguarda la geopolitica e la politica estera. “Per realizzare dei gasdotti sia attraverso Paesi democratici che dittatoriali servono degli accordi stimolati da una politica estera armonica: non ci si può attaccare alla finzione della crisi energetica dovuta alla crisi in Ucraina”.

Trivelle in Adriatico

Il governo ha annunciato l’intenzione di tornare al progetto delle trivelle in Adriatico a caccia di gas. Secondo Vulpio il problema non sta tanto nella sindrome Nimby ma nei numeri, facilmente ottenibili leggendo le relazioni annuali dell’Eni. “In Adriatico c’è tanto gas quanto serve all’Italia per un solo anno: per cui il problema non è che non si deve o non si possa trivellare, ma che si deve trivellare dove c’è quella quantità di gas che giustifichi la trivellazione, come accaduto a Cipro, in Egitto, in Israele, in Grecia”. In quei giacimenti è stato trovato tanto gas quanto ne occorre per i prossimi trent’anni, paragonabile alle grandi riserve nella calotta polare artica, in Alaska o in Groenlandia. Lì vale la pena trivellare, non nella vaschetta del Mar Adriatico”.

Pacifinti e no-Tap

La decisione del raddoppio di Tap mette il sigillo ad un’opera strategica, che è stata avversata dalla parte politica che oggi anima le piazze dei “pacifinti”. I dubbi del passato su quelle proteste erano giustificati? “Non c’è stata alcuna coerenza politica nelle proteste anti Tap – prosegue Vulpio – Emiliano, Vendola, Conte, Grillo non hanno detto una parola di protesta quando sono stati invasi di pale eoliche e fotovoltaico, soprattutto nelle regioni meridionali e nei terreni agricoli. Ma all’improvviso si sono scoperti ambientalisti contro il Tap, cioè contro un semplice tubo nel momento in cui il tubo ha funzionato e ha dimostrato che si poteva fare. Io ci sono tornato su quel gasdotto l’estate scorsa e ho dimostrato che si faceva il bagno tranquillamente, che le condotte viaggiavano a dieci metri sotto terra e arrivavano a otto chilometri all’interno e che quindi non c’era nessun problema, nemmeno dal punto di vista della balneazione e della purezza delle acque”.

Il nodo, sottolinea, è che all’Italia, specialmente sull’energia, manca una visione politica che invece era nelle corde di esponenti del calibro di Moro, Andreotti, Craxi. E aggiunge: “In Inghilterra si costruiscono centrali nucleare di quarta generazione, in Germania treni e mezzi pubblici vanno a idrogeno e in Italia ancora si ragiona purtroppo con il metro dell’ideologia”.

@FDepalo



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