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Chi è Gina Raimondo, la donna che guida la supremazia tecnologica Usa

La segretaria al Commercio supervisiona i fondi e le regolamentazioni delle aziende strategiche nordamericane. Un compito assai delicato, da cui dipende il mantenimento della  la supremazia tecnologica di Washington sulla Repubblica Popolare Cinese e, in ultima analisi, lo stesso ruolo degli Usa nel mondo

Gina Raimondo, attuale segretaria al Commercio degli Stati Uniti, è la donna che amministra il più grande sforzo di politica industriale statunitense dalla seconda Guerra Mondiale. Contenere l’espansionismo militare e politico cinese, questa è la sua missione, e per portarla avanti Raimondo gestisce i sussidi e le regolamentazioni delle aziende strategiche di Washington.

A luglio, il Congresso ha approvato il Creating Helpful Incentives to Produce Semiconductors (Chips) Act, uno stanziamento di fondi per $280 miliardi di dollari per sostenere la produzione di semiconduttori e i programmi di ricerca e sviluppo negli Usa. A ottobre, il Dipartimento del Commercio ha annunciato i controlli sull’export diretti a limitare le possibilità cinesi di ottenere capacità tecnologicamente avanzate, che servono a Pechino per sviluppare programmi di intelligenza artificiale (Ai) e in generale programmi militari altamente tecnologici. Su questo punto si gioca essenzialmente la nuova guerra fredda tra Stati Uniti e Cina.

L’attuale segretaria gioca un ruolo essenziale in questi aspetti. Il Dipartimento del Commercio è pronto a cominciare a distribuire quasi $100 miliardi, circa dieci volte il budget annuale dell’unità, per spingere sull’industria dei chip americana. “Abbiamo un vantaggio sulla Cina in alcuni semiconduttori sofisticati e dobbiamo mantenerlo”, ha detto Raimondo in un’intervista su Foreign Affairs. E ha proseguito: “Dobbiamo quindi utilizzare i nostri controlli sulle esportazioni per negare loro questa tecnologia, sia che si tratti di chip veri e propri o di attrezzature, perché dobbiamo mantenere il nostro vantaggio il più a lungo possibile”.

Tuttavia, la battaglia riguarda solamente le tecnologie più avanzate, ad esempio i microchip sotto i sette nanometri, per impedire alla Cina di raggiungere capacità militari che possano minare il primato statunitense. Per quanto riguarda invece le tecnologie più diffuse, la segretaria è stata chiarissima: “Non li controlleremo. Perché non sarebbe efficace. Sono ampiamente disponibili; i cinesi possono ottenerli da altri Paesi e possono produrli da soli”.

Quando si parla di politiche industriali e sussidi, un punto importante è la cooperazione tra alleati, come hanno ricordato le recenti frizioni tra europei e presidenza Biden sull’ Inflation Reduction Act. È vero che la visita a Washington di Emmanuel Macron ha rilassato le tensioni, ma il conflitto è sempre dietro l’angolo in un mondo di competizione economica, anche se tra alleati.

Per fare un esempio. Giappone e Olanda sono due Paesi che producono alcune delle tecnologie che la Repubblica Popolare vorrebbe ottenere. Come fare a convincerli a non vendere? “Non credo che abbiano bisogno di incentivi. I loro interessi di sicurezza nazionale sono molto simili ai nostri. Non è certo nell’interesse dei Paesi Bassi o del Giappone che la Cina abbia i chip di intelligenza artificiale più sofisticati al mondo da utilizzare nelle proprie forze armate”, ha detto Raimondo.

La segretaria non ha escluso però la cooperazione con Pechino su alcuni dossier, come la lotta al cambiamento climatico o sui temi dei debiti sovrani, e addirittura su come gestire lo scontro commerciale per fare in modo che non porti solamente svantaggi per entrambe le parti.

Il modo in cui Raimondo assolverà ai suoi compiti avrà grandi implicazioni per l’economia degli Stati Uniti in futuro. Molti considerano questo sforzo più unico che raro, un’occasione per gli Stati Uniti di posizionarsi in prima linea nei settori del futuro, come l’intelligenza artificiale e il supercomputing, e di garantire al Paese una fornitura sicura dei chip necessari alla sicurezza nazionale.

Certo, le critiche non mancano. Punto primo, alcuni repubblicani hanno fatto notare che il governo federale non sia il giudice migliore per decidere su quali tecnologie investire. In secondo luogo diversi osservatori puntano il dito contro alle politiche troppo lasche del Bureau of Industry and Security, un organo del Commercio, nel rilasciare esenzioni alle aziende o nell’implementare controlli effettivi sull’export.

Raimondo si è difesa sostenendo che il meccanismo perfetto non esiste, ma che si possa sempre  migliorare l’efficienza della macchina. Portando come esempio l’enorme efficacia dimostrata dal Dipartimento nell’impedire l’approvvigionamento di materiali strategici alla Federazione Russa, in seguito all’invasione dell’Ucraina.

Ulteriori critiche hanno un sapore più politico che sostanziale. Le accuse rivolte alla segretaria di essere al servizio delle grandi aziende piuttosto che dell’interesse nazionale sono arrivate in un momento molto preciso. Ovvero quando hanno cominciato a circolare voci che Raimondo potrebbe sostituire Janet Yellen al Tesoro, se quest’ultima dovesse ritirarsi, voci puntualmente smentite dal Commercio.

Gina Raimondo ha avuto una carriera politica molto brillante, cominciata a livello locale nel Rhode Island di cui è stata governatrice dal 2015 fino al 2021. In quel frangente ha coltivato amicizie politiche nelle alte sfere del Partito Democratico, frequentando figure del calibro dei fratelli Mike e Thomas Donilon, il primo consigliere di Joe Biden e il secondo che ha servito come consulente per la sicurezza nazionale di Barack Obama.

Nel 2020 Biden l’aveva caldeggiata come possibile vicepresidente, per poi optare per il Dipartimento del Commercio. Forse un incarico ancora più delicato che non quello di una vicepresidenza. Sicuramente al centro dell’attenzione per il delicato compito che è chiamata a svolgere l’attuale segretaria, dalla cui riuscita dipende in buona parte il mantenimento della supremazia tecnologica di Washington, chiave della forza statunitense.


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