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Sulla giustizia bene Nordio, servirà determinazione per le riforme. Parla Guzzetta

L’ordinario di diritto pubblico a Tor Vergata sulla Spazzacorrotti: “L’ordine del giorno del Terzo Polo serve a smascherare un episodio in cui il sistema si è chiaramente incartato, nell’incapacità di trovare soluzioni lineari a problemi reali, e ricorrendo alla fuga per la tangente dell’ideologizzazione dello scontro”. E il dl Rave? “Affrontare la questione evocando lo smantellamento dei presidi della legalità costituzionale in materia di diritti fondamentali è una reazione assolutamente sproporzionata”

Se sulla valutazione della Manovra si è consumata più di una frattura, tra la maggioranza e il Terzo Polo il vero terreno comune sembra essere quello della giustizia. Come abbiamo già scritto su Formiche.net, il deputato di Azione Enrico Costa, ad esempio, pare aver sposato la linea impressa dal ministro Carlo Nordio. Ci sono, in questi giorni, diversi passaggi legati alla giustizia – dalla spazzacorrotti all’approvazione del dl Rave – sui quali i voti di una parte dell’opposizione potrebbero essere decisivi. Con Giovanni Guzzetta, ordinario di diritto pubblico all’Università di Roma Tor Vergata abbiamo cercato di capire fino a che punto questo esecutivo potrà incidere.

Sulla Spazzacorrotti si sta costruendo un’intesa tra Terzo Polo e maggioranza di centrodestra. La legge voluta da Alfonso Bonafede è superata?

Il problema della giustizia in Italia è un dramma nazionale non solo per la strutturale incapacità di offrire le risposte che da essa i cittadini si aspettano, ma perché rappresenta un paradigma dello scollamento tra il discorso pubblico, intriso di retorica ideologica, e la realtà dei problemi per affrontare i quali sarebbero necessarie risorse economiche, infrastrutturali, deontologiche che non sono presenti. La vicenda della “spazzacorrotti” è appunto emblematica, perché ruota tutta intorno ad una semplificazione ideologica che divide il mondo in giustizialisti e garantisti e sulle quali la politica affannosamente cerca di inseguire il consenso.

Ciò che è accaduto in questi anni sul tema della prescrizione sin dalla riforma Orlando e sul quale fior di giuristi a cominciare da Giovanni Fiandaca, per nominarne uno su tutti, hanno disperatamente cercato di risvegliare il sentimento di civiltà giuridica, è solo un esempio. È dunque abbastanza inutile e frustrante entrare nei dettagli. Il problema è molto più profondo. È necessario spezzare la spirale della banalizzazione ideologica dello scontro, funzionale solo a nascondere l’impotenza decisionale ad affrontare i problemi strutturali. Se non matura un approccio diverso, fondato su pragmatismo e concretezza, se non si ha il coraggio di trasformare in decisioni concrete e coraggiose i principi costituzionali quali l’effettività della tutela, la ragionevole durata dei processi, un’idea condivisa su quale sia l’obiettivo principale della funzione penale e sanzionatoria, ogni ragionamento è destinato a risolversi nell’ennesima polemica.

L’odg presentato dal terzo polo ha certamente un significato importante. Serve a smascherare un episodio in cui il sistema si è chiaramente incartato, nell’incapacità di trovare soluzioni lineari a problemi reali, e ricorrendo alla fuga per la tangente dell’ideologizzazione dello scontro. Ma si tratta pur sempre di una goccia in un mare di incongruenze che hanno costi di sistema ormai insostenibili. Il problema in Italia è che si è essiccata la capacità di riformismo sano e di sistema, sostituito da soluzioni congiunturali e spesso pasticciate che complicano ulteriormente questioni già estremamente complesse. Il ministro Nordio è certamente, a mio modo di vedere, la persona giusta al posto giusto, ma i vincoli di contesto e la tentazione della fuga ideologica sono talmente forti che la strada è e rimane in salita.

Il dl Rave va verso l’approvazione. Giuridicamente che ne pensa? Secondo lei perché ha creato tutta l’ondata di polemiche?

Questo è un altro esempio paradigmatico. La misura è frutto di una scelta politica, e dunque è lecito assentire o dissentire a seconda delle posizioni ideali di ciascuno, ma affrontare la questione evocando lo smantellamento dei presidi della legalità costituzionale in materia di diritti fondamentali è una reazione assolutamente sproporzionata che si può spiegare solo con l’ennesimo cedimento alla tentazione di ideologizzazione dello scontro pubblico, il vero cancro della nostra democrazia.

La linea del ministro Nordio sulla giustizia è piuttosto netta. L’abuso d’ufficio per gli amministratori pubblici è davvero possibile toglierlo?

Da tecnico non sono abituato a discutere di ipotesi, perché so troppo bene che ciò che conta è la concreta formulazione dei provvedimenti e i margini interpretativi che essi lasciano. L’abuso d’ufficio com’è applicato oggi è la classica norma che realizza il rischio di “buttar via il bambino con l’acqua sporca”. E non ho dubbi che, così come vive nella realtà dell’ordinamento, dia luogo a molte più distorsioni di quanti problemi non risolva in termini di lotta alla corruzione.

Si arriverà secondo lei alla separazione delle carriere dei magistrati?

Anche qui la questione è strettamente politico-istituzionale. La storia ci insegna, drammaticamente, che quanto più sono ambiziose le riforme, indipendentemente dal merito, tanto più difficile è realizzarle a causa delle infinite trappole e imboscate che il nostro assetto istituzionale debole e arcaico consente. La determinazione politica è certamente fondamentale, ma le variabili che possono paralizzare quella volontà, con il sistema politico-istituzionale che abbiamo, sono praticamente infinite.

Questa impostazione, come si inserisce nell’ambito della riforma costituzionale di stampo presidenzialista che il Governo Meloni si pone l’obiettivo di realizzare?

Quando si parla di riforme istituzionali, in Italia, ci si trova di fronte a una distesa di fallimenti. Per esorcizzare le quali, in molti compiono un salto logico arrivando a sostenere la tesi che di esse non ci sia in realtà bisogno perché il problema è squisitamente politico e che le istituzioni contano relativamente. La storia della Francia, dove si è sviluppato il modello semipresidenziale è la prova dell’esatto contrario. Senza quella riforma i nostri vicini d’oltralpe sarebbero probabilmente nella stessa situazione di fragilità, se non di coma, in cui si trova il nostro sistema politico. Oggi, per una serie di circostanze, che non sono certo merito delle regole istituzionali, ci troviamo in una situazione in cui esiste una maggioranza legittimata dal voto popolare che potrebbe, se lo vorrà, cercare di imprimere una svolta, quantomeno costringendo le forze politiche a misurarsi con questi temi. Ancora una volta la volontà politica di non sprecare le opportunità di cambiamento è fondamentale.

Dopodiché è necessario creare le condizioni per cui concretamente le riforme si facciano e su quel piano, come dicevo, la storia è lastricata di fallimenti. Ci vorrà molta determinazione e molta fantasia per cambiare lo schema di gioco che ha condotto, sempre, a quei fallimenti. Io da tempo sostengo che sarebbe necessario far precedere l’impegno riformatore da una forte legittimazione popolare su una precisa proposta. Del resto i nostri padri costituenti affrontarono così il problema quando si trattò di scegliere tra monarchia e repubblica. Un scelta divisiva che avrebbe probabilmente paralizzato l’assemblea costituente. E ci volle l’intelligenza e il coraggio di De Gasperi per cambiare lo schema di gioco che si era originariamente previsto. Si fece un referendum preventivo e la questione fu risolta. La domanda è se la classe dirigente di oggi ha risorse di coraggio e fantasia paragonabili a quelle che mostrò De Gasperi in quell’occasione.

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