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Meloni, il moderatismo e quel “grazie” che deve al Pd. La versione di Pomicino

Lo storico leader Dc: “Meloni potrebbe guidare i conservatori europei nel solco della grande tradizione dei Tories inglesi e diventare in questo modo un grande alleato del Ppe. Oppure addirittura confluire nel Ppe, rafforzando così la rappresentanza italiana nello scacchiere popolare”

Racconta una “scommessa vinta”. Si guarda attorno, prende gli applausi e arriva alla conclusione di “avercela fatta”. Giorgia Meloni parla da premier ma anche da militante di un partito che ha fatto, in due lustri, una scalata alla quale in pochi credevano. Nella festa per il decennale di Fratelli d’Italia, il presidente del Consiglio fa un discorso che rispolvera profonde radici identitarie della gioventù hobbit (Tolkien, a piene mani) e fissa un rinnovato posizionamento atlantista. Punzecchia, risponde alle critiche ma sempre rispettando un perimetro istituzionale che sembra calzare con dimestichezza. In fondo, come sostiene l’ex esponente democristiano già ministro della Programmazione economica, Paolo Cirino Pomicino, la sua cifra “è il moderatismo”.

Pomicino, moderata nei toni ma granitica nei contenuti, no?

La moderazione dei toni è la caratteristica peculiare del presidente Meloni che, però, non si è risparmiata anche di rispondere legittimamente a critiche che le sono state mosse – in particolare sulla Manovra – ad esempio da Confindustria e dalla Cgil. D’altra parte non si capisce perché le critiche dovrebbero essere solo unidirezionali, senza possibilità di replica.

È diventato un ‘meloniano’?

No, semplicemente mi limito a constatare il fatto che la sinistra non è per nulla titolata a dare suggerimenti, in particolare sulla Finanziaria, a Giorgia Meloni. Sono i numeri a parlare. Dal 1994 il centrosinistra ha governato in totale 19 anni, undici dei quali in maniera continuativa. Eppure i risultati, anche sotto il profilo economico, sono stati disastrosi. È aumentato il debito pubblico, si sono acuite le disuguaglianze e si sono persi migliaia e migliaia di posti di lavoro. Senza contare il disastro che è stato provocato nel Meridione. L’unico, a sinistra, che ha cercato di dare un contributo costruttivo è stato Carlo Calenda. Che ha svolto un po’ il ruolo che svolgeva il Pci negli anni ’80 sulle finanziarie. Emendamenti in conto capitale, non in conto corrente.

La scalata di Fratelli d’Italia, in questi dieci anni, ha qualcosa di prodigioso. Come valuta questa ascesa?

Torno a dire che questo successo non avrebbe avuto modo di configurarsi se la sinistra non avesse fatto gli errori marchiani che ho appena descritto. Dunque il primo ringraziamento, Meloni dovrebbe rivolgerlo proprio al centrosinistra. Perché la sinistra, in fondo, ha perso la sua identità. Ricordo, nel 2019, che ebbi un colloquio con il segretario Zingaretti in vista delle Europee. Gli chiesi, a fronte del mio sostegno e di quello di molte altre persone a me vicine, due favori: che queste persone potessero trovare, a fronte dell’iscrizione al Pd, la porta aperta e che venisse organizzato – dopo tre mesi dalle elezioni – un convegno per confrontarsi con le diverse articolazioni della società, senza deputati. Sto ancora aspettando. Zingaretti non fece nulla.

L’elettorato sembra che stia continuando a premiare Meloni. È una crescita che si arresterà?

L’elettorato italiano ha una saggezza intrinseca, infatti per quarant’anni ha permesso alla Dc di governare (ride). Al di là delle battute, la larga parte delle persone è moderata e ha scelto l’ultima persona, Meloni appunto, che ha la possibilità di interpretare certe istanze. Dopo l’era Berlusconi, Renzi e Salvini.

Ha un consiglio, da vecchio democristiano, da dare a Giorgia Meloni?

Lei può essere un costruttore di politica, anche e soprattutto a livello europeo. Potrebbe, ad esempio, guidare i conservatori europei nel solco della grande tradizione dei Tories inglesi e diventare in questo modo un grande alleato del Ppe. Oppure addirittura confluire nel Ppe, rafforzando così la rappresentanza italiana nello scacchiere popolare. È auspicabile, comunque, che questo governo dia stabilità al Paese, per tentare davvero di rilanciarlo e consolidarlo. Con un avvertimento: Meloni ha la maggioranza in Parlamento ma non nel Paese. E questo è sempre da tenere a mente.

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