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Vertice in settimana e viaggio nel 2023. Biden stringe sull’Africa

Biden verso l’Africa. Dopo il vertice alla Casa Bianca con i leader africani, il presidente statunitense progetta un viaggio nel continente per recuperare terreno con rivali e competitor, e stabilire nuove forme di cooperazione più ampie. Un pensiero strategico condiviso anche dall’Ue

Il presidente degli Stati Uniti, Joe Biden, sta pianificando un viaggio in più Paesi dell’Africa per il prossimo anno, con un annuncio che dovrebbe essere fatto al vertice Usa-Africa di questa settimana. La notizia è stata anticipata da Axios, ma è del tutto compatibile con lo sforzo diplomatico che Washington intende aumentare per allungarsi verso il continente africano — dove è in atto una competizione tra potenze in mezzo a crescita demografica ed economica di quei Paesi, disponibilità di terre rare e altri materiali preziosi per le nuove tecnologie, influenze geopolitiche.

L’amministrazione Biden spera che l’annuncio di una visita presidenziale nell’Africa subsahariana invii un chiaro segnale che gli Stati Uniti sono seriamente intenzionati ad approfondire i legami con il continente. Un messaggio che va recepito anche in Europa, dove Paesi come l’Italia hanno rialzato un’attenzione particolare al destino africano. Ma quel messaggio è indirizzato anche a rivali come Cina e Russia o altri competitor.

La Casa Bianca sta sfruttando il vertice che ospiterà — a cui sono invitati alti rappresentanti di 49 Paesi africani — per convincere i leader regionali che l’Africa è una delle priorità per l’amministrazione Biden e per spostare le relazioni al di là dei problemi di sicurezza, delle crisi umanitarie e delle violazioni dei diritti umani che hanno dominato in passato.

Un’ottica secondo cui anche l’Unione europea intende muoversi, come hanno spiegato in più occasioni fonti diplomatiche Ue a Formiche.net. Particolare attenzione da Bruxelles viene mostrata su dossier come quello saheliano, dove le destabilizzazioni prodotte dalla presenza di gruppi armati (anche di affiliazione jihadista) hanno innescato processi di deflagrazione delle istituzioni (in Mali, in Ciad, in Burkina Faso) e aperto alle penetrazioni esterne di attori rivali. Ciò che progetta l’Ue (e si ritrova nella visione americana) è un sostegno più ampio allo sviluppo locale, per superare il mero interesse securitario con cui europei e americani sono finora proiettati nell’area. In generale il Sahel vale da paradigma.

Secondo i funzionari statunitensi, Biden sottolineerà anche il suo sostegno a un seggio africano nel Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite e annuncerà che vuole far entrare l’Unione africana nel G-20 come membro permanente. Sul tavolo, Washington intende mettere iniziative per 55 miliardi di dollari nei prossimi tre anni, in quello che in un briefing con i giornalisti il consigliere per la Sicurezza nazionale Jack Sullivan ha definito un “impegno a più ampio raggio”. Un impegno di lavorare “con” l’Africa e non soltanto “per” l’Africa.

Per i primi nove mesi dell’amministrazione Biden, nessuno dei più alti funzionari di politica estera ha visitato l’Africa, ricorda Axios. Hanno invece viaggiato verso l’Europa e i Paesi del Sud-est asiatico, che sono diventati un punto di riferimento per la competizione tra Stati Uniti e Cina. Tuttavia, nella fase successiva dell’amministrazione, il segretario di Stato Antony Blinken si è recato più volte nel continente, anche ad agosto per annunciare la nuova strategia statunitense per l’Africa. Un ingaggio che sottolinea la crescente importanza globale del continente.

Biden non è mai stato in Africa finora, fatta eccezione per la sua presenza in Egitto in occasione della conferenza internazionale sul Clima. In epoca recente, dopo Ronald Reagan, l’unico presidente che non ha visitato Paesi dell’area subsahariana è stato Donald Trump, mentre Barack Obama ha ospitato l’unico precedente vertice Stati Uniti-Africa nel 2014. Biden ha intenzione di segnare un nuovo coinvolgimento statunitense nel continente, anche come forma di differenziazione dai suoi predecessori.

“Questa amministrazione parte dalla convinzione che gli africani siano fondamentali per affrontare i problemi più impegnativi del nostro tempo. È una cornice diversa rispetto alle amministrazioni precedenti. Si concentra su ciò che facciamo con gli africani, non solo su ciò che facciamo in Africa”, ha dichiarato ad Axios un alto funzionario dell’amministrazione.

L’impegno americano sarà orientato verso argomenti di strettissima attualità: sicurezza alimentare, assistenza sanitaria, sviluppo delle infrastrutture, tecnologie digitali, e poi chiaramente sicurezza e governance. Ma sul tavolo c’è molto di più: per Washington c’è la necessità di recuperare terreno all’interno di un continente in cui altri attori sono in vantaggio — anche nel ricostruire la fiducia che la pandemia ha incrinato. Per esempio la Cina, che ha per esempio un volume di scambio commerciale con l’Africa pari a cinque volte quello statunitense.

Pechino è fortemente penetrata in Africa anche attraverso operazioni ambigue, come i prestiti per investimenti in opere infrastrutturali che poi si sono rivelati trappole del debito. Il Partito/Stato, anche a causa della reazione dei Paesi africani (che hanno iniziato a essere diffidenti) e per la mancanza di capacità di investimento, ha recentemente cambiato politica. Certe attività (che hanno portato parte delle industrie e delle infrastrutture locali sotto controllo cinese) avevano creato un danno di immagine, al punto che ad agosto il governo di Pechino ha deciso per una sanatoria a favore di 17 Paesi del continente.

Ma non c’è solo la Cina. Anche la Russia è fortemente attiva in Africa: dopo il vertice di Sochi del 2019 tra Vladimir Putin e 43 Paesi africani, Mosca ha raddoppiato le vendite di armamenti nel continente e soprattutto ha inviato la compagna militare privata Wagner a gestire dossier controversi, come il rapporto con la giunta maliana. Ma anche altre medie potenze sono attive sul suolo africano, basta pensare alle tante attività portare avanti dalla Turchia e dai Paesi del Golfo (Emirati in testa), o i 30 miliardi di investimenti stanziati dal Giappone dopo il vertice africano di agosto.

Ultimi, ma probabilmente primi della lista per importanza, ci sono i 150 miliardi che l’Ue ha destinato al continente attraverso il Global Gateway (l’iniziativa per lo sviluppo a livello globale di infrastrutture digitali, energetiche, dei trasporti, per salute e ricerca entro il 2027). Washington e Bruxelles potrebbero trovare rinnovate forme di cooperazione in ambienti terzi anche per analogia di vedute sul valore delle attività in Africa – che uno dei centri globali dello scontro tra modelli che vede le Democrazie contrapposte agli Autoritarismi.



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