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Le accise, l’inflazione e l’opposizione. Le sfide di Meloni viste da Pombeni

Il politologo: “Meloni deve risolvere alcuni problemi che ha all’interno della sua maggioranza. Ci sono ancora parti della coalizione, seppur minoritarie, che lucrano sulla demagogia”. Il progetto di Calenda? “Per ora è solo uno dei tanti appelli”

Il governo è alle prese con il primo vero scoglio. Si alzano i prezzi al distributore e il malcontento serpeggia. Per ora i benzinai, dopo il confronto con Palazzo Chigi, hanno congelato lo sciopero. I ministri Giorgetti e Urso hanno ‘parato’ un colpo che rischia di rompere più di un equilibrio. Anche in maggioranza le frizioni non mancano. “Il problema non sono le accise in sé, ma il contesto in cui sono arrivati questi rincari”. L’analisi del politologo e saggista Paolo Pombeni parte da lontano. A lui abbiamo chiesto se esiste una rotta metodologica che da da un lato porti avanti i provvedimenti di cui il Paese ha bisogno e dall’altro non faccia precipitare il consenso.

Professore, perché le accise secondo lei sono solo la punta dell’iceberg?

Di per sé, abbiamo avuto anche altri momenti nei quali i prezzi dei carburanti sono letteralmente schizzati alle stelle. Certo, l’aumento delle accise non piace a nessuno ma non sarebbe stato un dramma se il contesto fosse stato diverso. Il problema vero è la tempesta perfetta che si è generata: i rincari sui carburanti si inseriscono in una spirale inflazionistica devastante. Ed è questo che si ritorce, realmente, sui consumatori. In particolare sulle classi sociali più fragili. D’altra parte, si sapeva che lo “scudo” sui carburanti era temporaneo.

Come arrivare a un controllo e a una normalizzazione dell’inflazione?

Il problema non è certo di facile risoluzione. Ma, al netto delle accise, occorrerebbe convincere almeno una parte del comparto economico che non c’è più spazio per il margine che si è fatto fino a poco fa. Sul versante dei consumatori, servirebbe una politica volta all’aumento dei salari. Sennò non si esce da questo meccanismo perverso. Bisogna che il Governo sia coerente e che veicoli un messaggio chiaro: se c’è da stringere la cinghia, la si stringe tutti.

Sia il ministro Giorgetti che il premier Meloni hanno detto a chiare lettere che la ‘coperta’ della Finanziaria era quella. Di più non si poteva fare. 

La manovra è di buonsenso infatti. Ma si deve ribadire che è, in queste condizioni di forte difficoltà, non si possono distribuire mancette e condoni.

Qui si apre il vero nodo. Come fare a governare, evitando di perdere il gradimento degli elettori?

Innanzitutto occorre creare un’intesa anche con le controparti, evitando che le opposizioni soffino sul fuoco. Tanto più che se il fuoco divampa, i piedi se li bruciano anche loro. In più Meloni deve risolvere alcuni problemi che ha all’interno della sua maggioranza. Ci sono ancora parti della coalizione, seppur minoritarie, che lucrano sulla demagogia. E questo crea al premier non pochi problemi. Per lei si pone una questione di rigore: deve diventare il più adamantina possibile.

A proposito di frizioni, Meloni ha istituito un tavolo ad hoc per sostenere la popolazione civile Ucraina attraverso un piano di supporto per l’energia elettrica. Parallelamente, il Senato da l’ok al via libera all’invio delle armi. Non senza qualche venatura polemica. 

L’operazione di istituzione di un tavolo ad hoc a Palazzo Chigi è di estremo buonsenso e in qualche misura consolida e declina una scelta di campo che Meloni ha fatto in tempi non sospetti e che è sempre più chiara. Altre ‘porzioni’ della coalizione non vogliono fare i conti con questa presa di posizione netta e con il realismo che contraddistingue la premier.

Dopo il confronto con Weber e il summit con Von der Leyen la leadership di Meloni sembra consolidarsi anche a livello europeo e il modello conservatore italiano sembra essere apprezzato anche oltreoceano. Che sviluppi prevede?

Nel momento in cui si assiste a una crisi del complesso socialista, che coinvolge molta parte d’Europa è chiaro che l’altra grande forza, il Ppe, si interroga sul futuro e su potenziali nuovi partner. Senz’altro Meloni, che ha scommesso sul cambio di “clima” nell’elettorato non solo italiano ma europeo, si pone come un interlocutore credibile in ottica di future alleanze. C’è da dire, però, che attualmente i conservatori non hanno una forza trascinante sullo scacchiere internazionale.

Carlo Calenda lancia l’idea di una costituente per la nascita del partito unico dei liberali in vista delle prossime elezioni europee del 2024. Che ne pensa?

Non mi pare che quella di Calenda sia un’idea particolarmente originale. Anzi, è molto mainstream: fare manifesti. Ma ce ne sono a decine. Secondo me, più che altro, è un appello a chi ha voglia di protagonismo ma senza portare alla politica ciò di cui ha realmente bisogno: il coagulo dei bisogni delle persone. E individuare le strade giuste per farvi fronte.

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