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Recovery industriale. Pressing di Roma, la Germania si stacca dai frugali

Roma continua a chiedere a Bruxelles un piano di sussidi all’industria, da finanziare attraverso un fondo alimentato con emissioni di debito. Ma per i Paesi frugali non se ne parla. Due diverse lettere arrivano sulle scrivanie di Bruxelles, mentre Scholz e Rutte non aderiscono alla frangia del Nord Europa

Roma vuole un Recovery Plan formato americano. Un piano di aiuti all’economia e all’industria in grado di sterilizzare, per quanto possibile, gli altrettanti sussidi pronti a inondare le imprese statunitensi (qui l’intervista in merito a Simone Crolla). Per farlo serve debito comune, ovvero un grande calderone da riempire con emissioni obbligazionarie. E qui la prima strozzatura, perché non tutti in Europa, Paesi frugali in testa, se la sentono di condividere, ancora una volta, le loro finanze con chi il debito pubblico ce l’ha più alto.

L’Italia continua a premere su Bruxelles, affinché sposi la strada del debito, al fine di finanziare la risposta industriale agli Stati Uniti, il cui velo dovrebbe alzarsi il prossimo 8 febbraio, in occasione del Consiglio europeo. “Bisogna rilanciare strumenti di finanziamento comune, attraverso l’emissione di debito europeo, con programmi sulla scia di Sure e del Next Generation EU”, è il mantra tricolore secondo La Stampa.

“Nel frattempo però bisogna valutare un adeguato utilizzo delle istituzioni finanziarie già a disposizione: la Bei e persino il Mes. Sono questi i punti salienti della proposta che il governo italiano ha spedito alla Commissione, un modo per cercare di influenzare il piano per l’industria che Ursula von der Leyen presenterà la prossima settimana, in vista della discussione al summit del 9-10 febbraio”.

D’altronde, l’Europa ha l’esigenza di rispondere all’Ira, l’Inflation Reduction Act che minaccia la concorrenza transatlantica. In un documento di sei pagine inviato a Bruxelles – che La Stampa ha visionato – il governo di Roma invita i partner Ue a cercare fino all’ultimo la via del dialogo con Washington e soprattutto a non scatenare una guerra commerciale con gli Usa. A parole tutti dicono di voler evitare una corsa ai sussidi, ma è ormai certo che l’Ue interverrà per allentare le sue regole sugli aiuti di Stato. E qui, dinnanzi alla prospettiva di strutturare i sussidi nazionali su base europea, ovvero consentendo il sostegno all’economia con risorse messe dagli Stati in egual misura, c’è il secco no dei frugali.

Un’altra lettera, spedita sempre alla Commissione Ue, porta la firma di Finlandia, Estonia, Danimarca, Repubblica Ceca. Ma mancano due sigle importanti, quelle di Olanda e Germania. Il che, lascia uno spiraglio aperto. Una cosa è certa, il tempo stringe in Europa.

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