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L’Italia corre, la Germania no. Lo sprint tricolore secondo il Fmi

Il Fondo guidato da Georgieva aggiorna le stime di crescita e porta il Pil italiano allo 0,6% nel 2023, contro il -0,2% previsto in precedenza. Chi rimane al palo, invece, è la Germania. I fattori tassi e Ucraina

I motori girano e l’Italia si porta velocemente fuori dal tunnel. Senza, almeno per il momento, la ragionevole prospettiva di rientrarvi. C’era attesa per l’aggiornamento da parte del Fondo monetario internazionale per le stime di crescita globali. E, quanto uscito dal World economic outlook, sembra premiare lo sforzo italiano.

IL PESO DEI TASSI

Le prospettive economiche mondiali sono meno cupe di qualche mese fa. “La crescita globale rallenta ma è migliore delle previsioni di ottobre”, spiegano gli economisti di Washington. Il Pil del mondo è stato previsto in rialzo al 2,9% (in rallentamento rispetto al 3,4% dell’anno scorso) quest’anno per poi aumentare al 3,1% nel 2024. La previsione per il 2023 è di 0,2 punti percentuali superiore a quella stimata in autunno ma al di sotto della media storica (2000-19) del 3,8%. Colpa, ma non solo, dell’aumento del costo del denaro.

“Il rialzo dei tassi delle banche centrali per contrastare l’inflazione e la guerra della Russia contro l’Ucraina continuano a pesare sull’attività economica”, spiega l’Fmi. La diffusione del Covid-19 in Cina ha frenato la crescita nel 2022, ma la recente riapertura spiana la strada per una ripresa più rapida del previsto. L’inflazione globale dovrebbe scendere dall’8,8% del 2022 al 6,6% del 2023, al 4,3% del 2024, ancora al di sopra dei livelli pre-pandemia (2017-19) di circa il 3,5%.

ITALIA A PIENI GIRI, GERMANIA NO

Ma ecco le buone notizie per l’Italia. Il Pil tricolore crescerà dello 0,6% nel 2023 e dello 0,9% nel 2024, scrive il Fondo monetario internazionale rivedendo al rialzo le stime di crescita per l’anno in corso (+0,8% rispetto al -0,2% di ottobre) e al ribasso per il prossimo (-0,4% rispetto al +1,3% stimato a ottobre). L’Italia, poi, farà meglio della Germania, ormai ex locomotiva d’Europa.

Per quanto riguarda l’Eurozona, infatti, il Fondo prevede una crescita dello 0,7% quest’anno (0,2 punti percentuali superiore a quella prevista nel Weo di ottobre) e all’1,6% nel 2024 (-0,2 su ottobre). La crescita della Germania sarà quasi ferma quest’anno (+0,1%, 0,4 punti rispetto a ottobre) per poi accelerare nel 2024 all’1,4% (-0,1). Le previsioni sulla Francia sono invece in linea con quelle autunnali: Pil 2023 allo 0,7% e all’1,6% nel 2024. L’economia britannica si contrarrà invece quest’anno dello 0,6% rivelandosi fanalino di coda del G7. L’Fmi rivede al ribasso le stime per la Gran Bretagna nel 2023 di 0,9 punti percentuali rispetto a ottobre, ma ritocca al rialzo (+0,3 punti) quelle per il 2024 a +0,9%.

Negli Stati Uniti il Pil nel 2023 dovrebbe attestarsi all’1,4%, +0,4 punti percentuali rispetto alle previsioni di ottobre, per poi scendere all’1% nel 2024, in calo rispetto all’1,2% previsto in autunno (-0,2 punti percentuali). Per quanto riguarda la Cina, la crescita quest’anno dovrebbe attestarsi al 5,2%.

A QUANDO LA PACE?

Di sicuro, finché la guerra in Ucraina infurierà, la crescita globale non potrà tornare su livelli soddisfacenti. “La lotta contro l’inflazione sta iniziando a dare i suoi frutti, ma le banche centrali devono proseguire i loro sforzi”, ha affermato Pierre-Olivier Gourinchas direttore della Ricerca del Fondo Monetario Internazionale aggiungendo che “l’economia globale è pronta a rallentare quest’anno, prima di rimbalzare il prossimo anno”.

“La crescita resterà debole a causa della lotta all’inflazione e della guerra della Russia contro L’Ucraina”, ha aggiunto, “nonostante questi venti contrari, le prospettive sono meno cupe rispetto alle previsioni di ottobre e potrebbero rappresentare un punto di svolta, con la crescita che tocca il fondo e l’inflazione in calo. La crescita economica si è dimostrata sorprendentemente resiliente nel terzo trimestre dello scorso anno, con un mercato del lavoro forte, consumi delle famiglie e investimenti delle imprese altrettanto robusti, oltre a un adattamento da parte dell’Europa migliore del previsto alla crisi energetica”.



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