Il presidente di Alternativa Popolare: “Giorgia Meloni ha intelligentemente stabilito un posizionamento filo atlantico e fortemente a sostegno della Nato con largo anticipo rispetto alle elezioni che l’hanno vista trionfante e questo le dà un vantaggio enorme anche rispetto ai suoi alleati”. Sull’incontro con von der Leyen: “Meloni dovrà affrontare grandi sfide di carattere sovra-nazionale. Dunque è positivo che tenga aperto un canale di dialogo con la presidente della Commissione”
I riflettori, oltre oceano, sono puntati sull’Italia. In particolare sul nuovo corso politico impresso da Giorgia Meloni e sulle evoluzioni che si stanno registrando nella galassia conservatrice. L’analisi pubblicata nei giorni scorsi dalla Heritage Foundation è indicativa in questo senso. Tuttavia, nonostante gli incontri tra la premier e il capogruppo del Partito Popolare Europeo, Manfred Weber “l’ipotesi di un grande partito unico, che fonda conservatori e popolari, è remota. Un’alleanza, che comprenda anche i liberali in vista del 2024, invece, è una possibilità più concreta”. A dirlo è Paolo Alli, presidente di Alternativa Popolare e senior fellow dell’Atlantic Council.
Alli, l’attenzione degli States per il conservatorismo europeo e italiano sembra sempre più alta. Lei come la vede?
Il mondo dei conservatori è frammentato e ha diversi accenti. Peraltro nel mondo conservatore americano incombe ancora l’ombra di Trump anche se credo che la sua parabola sia ormai finita. Certo, l’attenzione è molto alta da parte degli Stati Uniti anche se gli americani faticano a comprendere le diverse sfumature della declinazione conservatrice europea e, ancor di più, italiana.
Pensa che l’orientamento sempre più filo Atlantico di Meloni possa rafforzare la sua leadership anche fuori dai confini italiani?
Giorgia Meloni ha intelligentemente stabilito un posizionamento filo atlantico e fortemente a sostegno della Nato con largo anticipo rispetto alle elezioni che l’hanno vista trionfante. I suoi viaggi negli Usa, infatti, risalgono ad almeno un paio d’anni fa. Questo comporta per Meloni un vantaggio enorme rispetto ai suoi compagni di avventura che hanno ancora punti di ambiguità, specie nell’ambito del conflitto russo-ucraino. Più che idealmente, nella pratica Berlusconi e Salvini sono considerati amici di Putin. Questo, chiaramente, sia per l’Europa che per l’America non è per nulla positivo. Ma d’altra parte rafforza la leadership di Meloni.
Gli incontri tra Weber e Meloni aprono a scenari politici nuovi in vista delle elezioni del 2024?
Tra conservatorismo e popolarismo ci sono distanze notevoli. Il conservatorismo è una posizione che ha caratteristiche centraliste, il popolarismo ha un approccio liberale. Non sono filosofie facilmente conciliabili, per cui non penso che sia all’orizzonte la costruzione di un partito unico in Europa e tanto meno in Italia. Weber e Meloni, tra l’altro, nel loro incontro hanno parlato di temi politici, non di un partito unico. Altra cosa è la prospettiva di medio termine del centrodestra, anche europeo. Attualmente, le istituzioni europee sono rette da una maggioranza molto disomogenea e il fronte socialista è sempre più in crisi. Per cui, il 2024, potrebbe essere un’occasione per un’alleanza allargata tra conservatori, liberali e popolari finalizzata a cambiare gli assetti in Ue. Visto e considerato, tra l’altro, che il baricentro dell’elettorato è sempre più spostato verso destra.
A proposito di incontri, oggi Meloni vedrà von der Leyen. I dossier sul tavolo sono più o meno noti. Ma, secondo lei, che significato assume questo summit?
Un confronto tra le istituzioni nazionali ed europee è consueto. Il significato politico ha valenza più che altro per il premier italiano. Fa parte infatti di un percorso di “riavvicinamento” all’Unione europea. Anche perché, più che internamente, Giorgia Meloni dovrà affrontare grandi sfide di carattere sovra-nazionale. Dunque è positivo che tenga aperto un canale di dialogo con la presidente della Commissione.
Tornando agli schieramenti politici. Pensa che il processo di sgretolamento del fronte socialista, in Europa così come in Italia (basti pensare a cosa sta accadendo nel Pd), sia irreversibile?
Nella storia c’è poco di irreversibile. Però, il mondo socialista soffre pesantemente la mancanza di leadership sia, in Italia che in Europa. Allargando lo sguardo oltre i confini nazionali: Scholz in Germania è molto debole e, di contro, la Cdu di Merz sta recuperando molto terreno. Per il centrosinistra, insomma, la sinusoide delle fasi politiche è nella parte negativa.