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Meloni e la prateria per il partito conservatore. Buttafuoco promuove il governo

“Dopo questi mesi difficili inizierà la vera luna di miele tra Meloni e gli italiani. Il premier sta stimolando il risveglio di una grande consapevolezza: la grandezza del nostro Paese ad esempio in campo tecnologico e industriale”. E in politica internazionale: “Bene fa a concentrarsi sul Nord-Africa. E, tra l’altro, se la sta cavando benissimo con un alleato particolarmente complesso da gestire come la Francia”. Conversazione con Pietrangelo Buttafuoco

Il governo di Giorgia Meloni piace. Il premier incassa i dividendi di un indirizzo politico chiaro, sia internamente che sul piano internazionale. E la luna di miele vera deve ancora arrivare. “Inizierà quando saranno passati questi primi mesi difficili”. Lo dice a Formiche.net il giornalista, scrittore e saggista Pietrangelo Buttafuoco.

Buttafuoco, già il gradimento verso il premier è alto. Il meglio deve ancora venire?

Sono convinto che questo periodo sia una prova di fidanzamento, la luna di miele vera e propria arriverà alla fine di questi mesi complessi e frenetici. Lei nel frattempo sta costruendo una stagione politica che intreccia sempre di più la politica interna con quella estera. Una politica che nulla ha a che fare con sovranismo e populismo.

Per cui tutti i timori dell’avvento di una forza con sembianze “preoccupanti” si stanno infrangendo?

Diciamo che il populismo ha esaurito tutte le sue cartucce e non certo a destra. Le ha esaurite a sinistra, tant’è che Giuseppe Conte sta letteralmente svuotando il Pd a favore del Movimento 5 Stelle. Meloni ora ha davanti una prateria per la costruzione di un grande partito conservatore italiano.

Con uno sguardo all’Europa e all’appuntamento elettorale del 2024. 

Questo è inevitabile. La tradizione politica da cui proviene Meloni affonda le radici in una cultura millenaria. Ciò che gli altri Paesi chiedono all’Italia è proprio questo: l’identità. Il premier sta stimolando il risveglio di una grande consapevolezza: la grandezza del nostro Paese ad esempio in campo tecnologico e industriale.

Si riferisce al piano Mattei?

Il piano Mattei è un esempio di come questo gigante dormiente (l’identità) si stia risvegliando. E il merito è anche di carattere culturale: sta rispondendo a tante istanze presenti nella società civile italiana ma che per troppo tempo sono rimaste relegate, sono state in qualche modo marginalizzate. Il trauma, per alcuni, di vedere Alessandro Giuli al Maxxi ne è un esempio. Ma è l’esempio anche di come l’alveo conservatore abbia tante eccellenze.

Dunque promossa anche sul piano internazionale?

L’Italia su questo ha una lunga tradizione di appuntamenti mancati. Meloni invece ha capito – e il piano Mattei ne è una delle tante dimostrazioni – che l’Italia può giocare un ruolo da protagonista prima di tutto nel Mediterraneo. Bene fa a concentrarsi sul Nord-Africa (anche perché in precedenza ci siamo fatti soffiare un alleato strategico come la Libia). E, tra l’altro, se la sta cavando benissimo con un alleato particolarmente complesso da gestire come la Francia.

Il premier ha scommesso molto sulle riforme. Tra queste, su tutte, l’autonomia e la giustizia. Che esiti prevede?

Confido che sulla giustizia ci possa essere un esito positivo. Quella sull’autonomia potrebbe essere un’altra occasione per una rivoluzione di tipo culturale. Sì, perché se un modello di autonomia può funzionare bene in Trentino Alto-Adige nella mia Sicilia magari sballa tutto. Arrivo a dire un’altra cosa: le Regioni sono gli enti più inutili. Sono molto più utili e prossime ai cittadini le province. D’altra parte la motivazione storica per cui nacquero le regioni è molto chiara: costruire fortini di potere per il vecchio Partito Comunista dopo la conferenza di Jalta.

 

 

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