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Messina Denaro, lo scacco alla Mafia e il lavoro ancora da fare. Parla Varese (Oxford)

Il docente di criminologia a Oxford: “La cattura del boss è senz’altro un grande successo per tutta la Nazione e per la coscienza collettiva. Ci lasciamo alle spalle gli anni ’90 e le stragi. Ma non facciamo l’errore di pensare che questo sia risolutivo. C’è ancora tanto da lavorare”

L’epilogo doveva essere dove tutto è cominciato. Palermo. Il boss mafioso Matteo Messina Denaro ha finito la sua corsa varcando la soglia di una clinica, nel cuore del capoluogo siciliano. “È un momento simbolico, lo Stato ha vinto e la stagione delle stragi vede cadere l’ultimo fautore di quei fatti orribili”. Dall’altra parte della cornetta c’è Federico Verese, docente di criminologia a Oxford ed esperto di mafia.

Professore, cosa rappresenta questa cattura?

È senz’altro un segnale importante per tutta la Nazione. Lo Stato che reprime e che combatte fermamente la mafia ha collezionato una grande vittoria. Messina Denaro è l’ultimo dei corleonesi, l’alleato di Riina. Un uomo che si è macchiato di crimini efferati. Dalle stragi del ’92 alle bombe a Milano, Roma e Firenze. Diciamo che, dopo 30 anni, con la sua cattura consegnamo alla storia l’epoca degli attacchi frontali allo Stato.

Un duro colpo per la mafia siciliana. 

Diciamo che la mafia siciliana è in difficoltà da tempo, specie perché non è più riuscita – a differenza della ‘ndragheta – a inserirsi nello spaccio internazionale degli stupefacenti. Resta un radicamento territoriale profondo, al Sud come al Nord, anche nell’ambito della risoluzione di controversie tra imprenditori. E questo è un cancro che è difficile da estirpare.

Che cosa significa?

Significa che simbolicamente è fondamentale dare la caccia e catturare capi mafia del calibro di Messina Denaro, ma le ramificazioni mafiose purtroppo sono ancora presenti e particolarmente insidiose. Proprio perché spesso riguardano fette di economia legale. Anche nell’ambito della risoluzione delle controversie. Se un imprenditore ha necessità di rivolgersi ai mafiosi per risolverle, significa che lo Stato non ha il controllo di queste dinamiche.

Dove si concentrano queste ramificazioni, in particolare al Nord?

La mafia in Italia si è espansa al nord Italia, in particolare nella provincia di Milano, Buccinasco, a Torino a  Bardonecchia. Recenti indagini hanno rilevato presenze mafiose molto forti nell’ambito dei settori edili, del movimento terra. Insomma: catturare i grandi boss è fondamentale ma non è risolutivo per la sconfitta del fenomeno ab origine. 

Come agire in questo senso?

L’elemento fondamentale è la fiducia nello Stato. Senz’altro la cattura di Messina Denaro è un bel segnale per contribuire a creare quegli anticorpi di cui questo Paese ha un grande bisogno. Ma per arrivare alla fiducia dei cittadini nello Stato, occorre prima di tutto che i tempi della Giustizia siano più celeri. Se un tribunale ci impiega anni prima di dare una risposta chiara a un imprenditore che ha bisogno di lavorare, è evidente che la mafia riesca a proliferare.

Insomma, dopo l’arresto di Messina Denaro non dobbiamo abbassare la guardia?

La cattura del boss è senz’altro un grande successo per tutta la Nazione e per la coscienza collettiva. Ci lasciamo alle spalle gli anni ’90. Ma non facciamo l’errore di pensare che questo sia risolutivo. C’è ancora tanto da lavorare.

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