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L’Italia nel Mediterraneo. Opportunità e sfide secondo Varvelli

Libia, Tunisia, Turchia. Per Varvelli, direttore dell’ufficio di Roma dell’Ecfr, la visita di del ministro Antonio Tajani servirà a testare varie possibilità per l’azione politica e le cooperazioni italiane tra Nordafrica e Mediterraneo

“La Libia, più o meno dalla caduta del regime di Gheddafi, è oggetto della prima visita all’estero del governo italiano appena insediato: ora Giorgia Meloni aspetta, ha avuto altri passaggi internazionali, ma manda comunque il ministro degli Esteri Antonio Tajani, che sarà protagonista di un tour più ampio”, fa notare Arturo Varvelli, direttore dell’ufficio di Roma dell’Ecfr.

“Però questo — continua in una conversazione di Formiche.net — non significa che l’attuale esecutivo italiano non sta dando importanza al dossier, piuttosto è probabile che lo consideri molto complicato e vuole evitare di alzare eccessivamente l’attenzione su un viaggio che rischia di essere solo di facciata”.

Alla Farnesina è ben chiaro il valore del dossier libico, sia sul piano geopolitico mediterraneo, sia sul fronte della sicurezza nazionale rappresentata e dai flussi migratori e dai rischi di destabilizzazioni collegate alla riattivazione di gruppi armati. Due giorni fa, per esempio, diverse persone sono state ferite alla Gare du Nord di Parigi da un ventenne di origine libica oggetto di un provvedimento di espulsione. È un caso isolato, ma è anche un esempio di certi rischi che un governo come quello di Meloni vuole assolutamente evitare, visto il peso dato ai fascicoli che riguardano sicurezza e immigrazione clandestina.

Per questo, l’attenzione alla Libia, così come quella alla Tunisia, è alta. E l’esecutivo italiano intende evitare mosse velleitarie, ma piuttosto lavorare in partnership con gli alleati, sfruttando anche le rinnovate attenzioni che gli Stati Uniti hanno dato ai dossier nordafricani — il viaggio del direttore della Cia e l’incontro tra inviati speciali sulla Libia organizzato a Washington, le pressioni americane su Tunisi per rispettare i dettami segnati dal Fondo monetario internazionale che dovrebbe erogare una linea di credito fondamentale.

“La focalizzazione della visita del ministro Tajani anche di Tunisia e Turchia è altrettanto importante per ragioni diverse. La Tunisia è un Paese che rischia davvero il collasso economico e dunque l’apertura di una stagione caotica che potrebbe anche favorire dinamiche migratorie che sono particolarmente attenzionate dal governo italiano, che dunque avrebbe tutto l’interesse nel porlo tra le priorità di degli all’estero dell’Unione europea”, osserva Varvelli.

D’altronde, quando il governo parla del “Piano Mattei per l’Africa” non si può non pensare di riempire questo contenitore di intenti anche con progetti per aiutare Tunisi. “Ma è chiaro che l’Italia non può agire da sola, ma l’Ue potrebbe indirizzare con visione strategica progetti come quelli del Global Gateway”, continua Varvelli. “Perché il rischio è che se si ci concentra troppo sul confine orientale, che sarà chiuso a tempo indeterminato davanti alla Russia, si rischia di perdere attenzione a quello meridionale”, che invece secondo il direttore del think tank paneuropeo è quello che per l’Ue dovrebbe essere la sponda su cui aggiustare elementi strategici come il re-shoring/near-shoring davanti alle nuove dinamiche della globalizzazione.

“Riguardo alla Turchia, sappiamo bene che Ankara è tanto un partner quanto un competitor. Basta vedere le dinamiche nel Mediterraneo orientale o il vincolo creato con la presenza in Libia. Ma esistono varie possibilità di cooperazione, anche se per niente semplici, lungo un asse dal doppio ancoraggio: Libia, appunto, e Mediterraneo orientale. È testare queste opportunità il compito che il ministro Tajani, e il governo, si trovano davanti adesso”.

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