Per Profazio (Iiss/Ndcf), il governo Meloni sta cercando di sfruttare una rinnovata spinta lungo assi tradizionali delle politica nel Mediterraneo allargato. Roma cerca di muoversi lungo le opportunità di questa fase distensiva ancora in corso, con attenzione al rischio che alcune tensioni possano riaprirsi
Mentre i ministri Antonio Tajani e Matteo Piantedosi andavano in missione verso Turchia, Tunisia ed Egitto (Tajani), la presidente del Consiglio Giorgia Meloni viaggiava in Algeria e Libia. In modo simile, mentre il ministro Guido Crosetto era negli Emirati Arabi, Meloni è stata protagonista di una call con l’erede al trono dell’Arabia Saudita — e a Roma si organizza l’arrivo dell’emiro del Qatar.
Il combinato organizzato dall’Italia nelle ultime quattro settimane è corposo. Prima la parte nordafricana con la puntata turca (a cui in queste ore vanno non solo i pensieri, ma anche l’assistenza italiana organizzata proprio dalla Difesa davanti alla crisi innescata dal pauroso terremoto di tre giorni fa). Poi quella mediorientale. L’Italia in meno di un mese ha abbracciato l’intera area Mena, o meglio quella che Roma, per dottrina, chiama Mediterraneo allargato.
Il governo Meloni si sta impegnando in modo attivo, proattivo su una geometria variabile della politica estera italiana. Mentre prosegue l’attività verso il vasto aerale meridionale, continuano infatti anche i contatti con l’Ue — cuore della dimensione euro-atlantica italiana. In vista del Consiglio Europeo Meloni ha scambiato visioni con il presidente francese, Emmanuel Macron, con il primo ministro olandese, Mark Rutte, con il cancelliere federale austriaco, Karl Nehammer, e con il primo ministro greco, Kyriakos Mitsotakis.
Al centro di queste discussioni uno scambio di vedute sull’Unione, come chiaro che sia in vista del Consiglio europeo in programma nei prossimi due giorni. Vedute su cui l’Italia intende muoversi anche coniugando gli interessi diretti del cosiddetto “Piano Mattei” con i progetti europei del Global Gateway. In questo senso, la dimensione geopolitica è vasta, e s’allarga all’Africa. Territorio in cui non solo gli europei ma anche i Paesi del Golfo hanno intenzione di lavorare. Innanzitutto sul piano dell’energia, che può funzionare come una sorta di ponte.
E non è un caso quindi il doppio incontro settimanale di Meloni con Abiy Ahmed, primo ministro dell’Etiopia, e con il presidente della Somalia, Hassan Sheikh Mahmud — che venerdì 10 febbraio sarà ospite per un dibattito organizzato dalla Fondazione Med-Or, a cui parteciperanno anche i ministri Tajani, Crosetto e Piantedosi.
D’altronde, come ricordava su queste colonne Arturo Varvelli, direttore dell’ufficio romano dell’Ecfr, per l’Ue e per l’Italia quel profondo fronte meridionale dovrebbe essere la sponda su cui aggiustare elementi strategici come il re-shoring/near-shoring davanti alle nuove dinamiche della globalizzazione che interessano Roma quanto Bruxelles.
Davanti a questa complessità di cambiamenti, l’Italia “cerca di rafforzare i rapporti con interlocutori privilegiati, anche sfruttando rapporti storici”, spiega Umberto Profazio, associate fellow all’International Institute for Strategic Study di Londra e alla Nato Defense College Foundation. “Ora questi contatti dovranno trasformarsi in fatti, in policy e decisioni che il governo prenderà”, aggiunge a Formiche.net.
Qualcosa è già in corso con Algeria e Libia, dove tramite l’Eni, la partnership di carattere energetico è stata approfondita ulteriormente. Una cooperazione da cui passano alcune delle direttrici del Piano Mattei, non ultima quella della spinta allo sviluppo interno che gli investimenti italiani possono produrre. Altri, come quelli nel quadro difesa-sicurezza sono per esempio stati affrontati da Crosetto nel viaggio emiratino.
”Muoversi lungo assi tradizionali permette all’Italia di agire bene all’interno di una situazione mediterranea che nel corso degli ultimi mesi è rimasta sostanzialmente stabile, anche perché l’attenzione è concertata ancora sul fronte ucraino. Ma mentre nella regione si muove un’ondata di normalizzazione che ormai ha acquisito consistenza, è duratura, alcuni dei rischi permangono dando senso di fluidità”, aggiunge Profazio.
Contesti a geometrie variabili su cui è impegnato l’esecutivo Meloni. Per l’esperto, mentre la tendenza distensiva regionale è un’occasione da sfruttare, il governo in futuro potrebbe essere portato a dover fare scelte davanti all’infuocarsi di alcuni punti di tensione. “Questioni aperte come quelle del Mediterraneo orientale, dove si era creata una diatriba geopolitica attorno alle riserve energetiche che coinvolge svariati attori, raccontano che nonostante una generale normalizzazione delle relazioni e le opportunità che essa produce, esistono ancora delle fragilità e criticità strutturali che prima o poi dovranno essere affrontate. Qualcosa dì simile riguarda anche altri contesi della regione, su tutti la Libia”.