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L’Opec tiene fermo il petrolio, mentre cresce la domanda

La produzione di petrolio resta ferma, seguendo i tagli di novembre-dicembre. E si prospetta lo stesso livello produttivo nel 2023. Ma la richiesta cresce

La produzione di petrolio rimane invariata dopo la riunione del Comitato congiunto di monitoraggio ministeriale dell’Opec di ieri, mercoledì primo febbraio. L’assenza di modifiche era stata ampiamente prevista  dagli esperti del settore. Alcune fonti suggeriscono che si tratta di una scelta fatta anche in parte per placare gli Stati Uniti, che difficilmente accetterebbero nuovi tagli alle produzioni.

“Il Comitato ha esaminato i dati sulla produzione di petrolio greggio per i mesi di novembre e dicembre 2022 e ha preso atto della conformità complessiva per i Paesi partecipanti OPEC e non OPEC della Dichiarazione di cooperazione (DoC). I membri del JMMC hanno riaffermato il loro impegno nei confronti del DoC che si estende fino alla fine del 2023”, scrive la dichiarazione congiunta.

Una serie di fattori contribuiscono a questa scelta presa dall’organizzazione dei produttori, che nel formato “plus”‘ include anche la Russia e che secondo la Banca mondiale influenza il mercato in modo determinante — dato che le esportazioni dagli Opec+ rappresentano circa il 60% del commercio globale di petrolio. Il prossimo appuntamento del Comitato ministeriale è fissato per il 3 aprile, mentre il 4 giugno è prevista il vertice allargato.

Lunedì il leader de facto del gruppo, il principe ereditario dell’Arabia Saudita Mohammed bin Salman, ha avuto una telefonata con il presidente russo, Vladimir Putin per mantenere la stabilità del mercato dei prezzi, ha dichiarato il Cremlino in un comunicato. Un allineamento quello con Mosca che non è amato da Washington, ma che Riad deve avere per proteggere quello che è ancora l’interesse nazionale primario.

Amro Zakaria Abdu, stratega indipendente del settore energetico e dei servizi finanziari, ha spiegato ad Al Monitor che, dato che l’obiettivo di prezzo che l’Opec si era dato per il 2023 — 80/90 dollari al barile — è già stato raggiunto, il gruppo non intende attirare attenzioni indesiderate. “Non vogliono inimicarsi gli Stati Uniti”, ha detto a proposito del gruppo che ha già tagliato la sua produzione di 2 milioni di barili al giorno (il 2% della domanda mondiale) a partire dal novembre 2022. Una decisione che aveva portato il presidente americano Joe Biden a giurare conseguenze per la decisione di ottobre.

“Non è il momento in cui i membri o gli alleati dei mercati emergenti vogliono turbare gli Stati Uniti, poiché hanno bisogno della loro benedizione, soprattutto quest’anno, nei negoziati con le istituzioni finanziarie multinazionali come la Banca Mondiale e il Fondo Monetario Internazionale (FMI), quando si tratta di estendere i prestiti o di chiedere una dilazione dei pagamenti”, spiega Abdu.

Inoltre, l’economia globale non è ancora fuori pericolo dopo la pandemia e l’impatto delle sanzioni economiche sulla Russia, ragione per cui l’Opec continua a osservare, attendista tra necessità, interessi e relazioni. Nell’ultimo anno, i cambiamenti politici ed economici nella produzione di petrolio hanno contribuito a creare un clima globale più polarizzato e a spostare le relazioni. Inoltre, gli Stati Uniti sono diventati – grazie agli shale oil – un produttore in cima alle classifiche globali.

Le sanzioni occidentali hanno anche ostacolato le esportazioni energetiche russe nel 2022, sebbene la Russia abbia trovato modo di assestare parte del suo mercato, vendendo petrolio alla Cina e all’India, i più grandi importatori al mondo. Stando al rapporto di gennaio 2023 dell’Agenzia internazionale dell’nergia (Aie), la rinnovata richiesta di petrolio da parte di Pechino conseguente alle riapertura post-pandemiche, contribuisce a coprire da sola la metà dell’aumento della nuova domanda globale.

Secondo le stime, nell’anno in corso la domanda globale di petrolio dovrebbe aumentare di 1,9 milioni di barili al giorno, raggiungendo la cifra record di 101,7 milioni di barili al giorno. L’abbinamento di aumento delle richiesta globale e nuove dinamiche cinesi porta produttori di punta come l’Arabia Saudita a essere necessariamente interessati a Pechino. Contatti che i cinesi ci tengono a tenere particolarmente vivi, come dimostra anche la recente conversazione ministeriale sino-saudita.

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