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Sganciarsi dalla Cina è possibile. I consigli di Nagao all’Italia

Per l’esperto dell’Hudson Institute, l’Italia dovrebbe valutare un processo a lungo termine per separarsi dalla Cina. Esistono già varie alternative, come per esempio sfruttare il mercato indiano e la sua crescita nel prossimo decennio. Roma dovrebbe partecipare, insieme agli europei, alle attività di contenimento all’assertività cinese. Pechino, per reagire a certe strategie, sceglierà di usare l’allineamento con la Russia

L’Italia e l’Europa dovrebbero cooperare con gli Stati Uniti e i loro alleati e partner nell’Indo-Pacifico per affrontare contemporaneamente la Cina e la Russia, perché per evitare vuoti e tenere impegnato il doppio fronte serve un coinvolgimento sinergico, spiega Saturo Nagao, ricercatore dell’Hudson Institute focalizzato sulle cooperazioni di sicurezza tra India, Giappone e Usa.

La strategia della divisione dei fronti

“Per mantenere l’equilibrio militare con la Cina — continua con Formiche.net — gli alleati e i partner statunitensi dovrebbero cooperare tra loro per spezzettare la necessità di spesa militare cinese in più direzioni. Attualmente, non solo gli Stati Uniti, ma anche il Giappone, l’India e l’Australia stanno progettando di possedere capacità di attacco a lungo raggio, come i missili da crociera lanciati dai sottomarini. Se così fosse, i Paesi del Quad (l’intesa per la cooperazione strategica tra quei quattro stati, ndr) potrebbero imporre alla Cina di spezzettare la spesa militare in più direzioni. Ad esempio, se tutti i Paesi del Quad possiedono capacità di attacco, la Cina non può ignorare tutti e quattro allo stesso tempo, piuttosto dovrà dilazionare le spese della Difesa. E dunque, quando la Cina vorrà concentrarsi nell’invadere Taiwan, si troverà davanti anche a dover dividere un certo budget per proteggere il confine tra India e Cina, continuando con gli esempi”.

Questi fronti multipli sono una delle strategie di contenimento cinese contro cui in questi giorni si è inusualmente scagliato il leader Xi Jinping. Per affrontare queste strategie, cosa farà la Cina? “La Cina sosterrà la Russia e costringerà gli Stati Uniti e gli alleati a condividere più budget in Europa. Senza Vladimir Putin, la Cina sarebbe isolata. Pertanto, è nel suo interesse dare sostegno a Mosca”, risponde Nagao.

Le Due Sessioni e lo Xi-3

Si prevede che la Cina uscirà dalle “Due Sessioni” parlamentari in corso con un aumento (controllato, sostanzialmente in linea con il trend) della spesa militare. L’assise parlamentare annuale quest’anno ha un significato maggiore del solito: verrà avallato il terzo, storico mandato presidenziale di Xi (deciso già a ottobre nel Congresso del Partito/Stato), verrà nominata la squadra centrale che gestirà le questioni di governance economica, e verranno annunciate varie decisioni di policy su questioni importanti. In definitiva ne usciranno i lineamenti della Cina che sarà nello Xi-3.

Come leggere l’investimento militare in corso?

“Secondo il Sipri, la Cina ha aumentato le proprie spese militari del 72% in un decennio (2012-2021). Nello stesso periodo, gli Stati Uniti hanno diminuito la loro spesa militare del 6,1%. Nonostante gli Stati Uniti abbiano speso 2,7 volte di più della Cina. E Pechino sta recuperando terreno anche in valore assoluto. Inoltre, gli Stati Uniti hanno bisogno di dividere le loro spese militari in molte aree del mondo, mentre la Cina può concentrare le proprie spese militari nell’Indo-Pacifico. Di conseguenza, l’equilibrio militare tra Stati Uniti e Cina sta cambiando”, risponde l’esperto del think tank repubblicano.

Questo è un problema se si considera il modello di espansione territoriale della Cina. Ciò che è accaduto nel Mar Cinese Meridionale — con la militarizzazione, di fatto non contenuta, di svariati isolotti in quelle acque strategiche — ha mostrato come funziona questo modello. “Negli anni Cinquanta, quando la Francia si ritirò dalla regione, la Cina occupò metà delle isole Paracel. Negli anni Settanta, quando gli Stati Uniti si ritirarono dal Vietnam, la Cina occupò un’altra metà delle isole Paracel. Negli anni ’80, dopo la riduzione del numero di truppe sovietiche in Vietnam, la Cina ha occupato 6 tratti delle isole Spratly. Negli anni ’90, subito dopo il ritiro degli Stati Uniti dalle Filippine, la Cina ha conquistato la barriera corallina di Mischief Reef. Pertanto, quando l’equilibrio militare è cambiato e si è creato un vuoto di potere, la Cina ha preso il territorio”, spiega Nagao. Per l’esperto, se la Cina aumentasse le proprie spese militari più degli altri, potrebbe cambiare l’equilibrio militare ed espandere i propri territori.

Lezioni dalla storia sul futuro

E dunque, cosa aspettarci? “Dobbiamo essere preparati a cosa accadrà tra Stati Uniti e Cina, e la storia degli Stati Uniti indica che gli Stati Uniti non permetteranno a nessun rivale di sopravvivere. Durante i suoi 247 anni di storia, l’America ha impiegato solo 169 anni per trasformarsi da un’unica colonia dell’Impero britannico nell’unica superpotenza mondiale, e hanno mantenuto questo status per 78 anni. Durante questo periodo, tutti i rivali degli Stati Uniti, inclusi Germania, Giappone e Unione Sovietica, sono scomparsi o nettamente ridimensionati attraverso  piani a lungo termine per vincere la competizione”.

Nagao ricorda che per esempio, prima della Seconda guerra mondiale, gli Stati Uniti avevano un ‘Orange Plan’ per sconfiggere il Giappone e lo attuarono. Ma quando il piano fu declassificato nel 1974, il mondo fu sorpreso di apprendere che esistevano anche altri piani, incluso un ‘Red Plan’ per sconfiggere la Gran Bretagna e il Canada”. Ossia: gli Stati Uniti erano preparati a qualsiasi tipo di contingenza. Lo sono anche adesso? “Se il presidente Joe Biden afferma che la Cina è il suo ‘concorrente più serio’, è naturale concludere che gli Stati Uniti abbiano già un piano per sconfiggere la Cina”.

Passeggeri di una nave che affonda

In tal caso, se l’Italia o altri Paesi diventassero troppo dipendenti dal commercio con la Cina, il rischio diventa di essere “un passeggero di una nave che affonda quando gli Stati Uniti distruggono l’economia cinese”. E in effetti, gli Stati Uniti si stanno concentrando sulla politica economica contro la Cina perché la considerano una minaccia per il sistema economico statunitense — e occidentale.

“Quando controlliamo il tipo di minaccia, c’è una differenza tra Russia e Cina. La Russia ha precedenti militari, ma la sua economia è debole. La Cina ha pochi record militari, ma è ricca. Quando la Russia trova una possibilità, usa immediatamente l’esercito, ma la Cina no. Come dicevamo, lo ha fatto solo quando ha trovato un vuoto di potere causato dal cambiamento dell’equilibrio militare”. Ed è per questo che la deterrenza e il contenimento passano anche da lì.

La Bri e l’influenza geo-strategica

La Cina utilizza le Belt and Road Initiative o altri metodi economici per espandere la propria influenza. Lo ha fatto anche con l’Italia. “Poiché molti paesi si affidano economicamente alla Cina, la Cina può scegliere un metodo, anche se illegale, per espandere la propria influenza senza forti critiche da parte delle comunità internazionali. Pertanto, ora gli Stati Uniti si concentrano sulla sicurezza economica per trattare con la Cina”, spiega Nagao.

Ad esempio, in origine, il Trans-Pacific Partnership (TPP), come suggerito dall’allora presidente degli Stati Uniti Barack Obama, doveva essere un quadro economico per contrastare la Cina. “Poi sfortunatamente, gli Stati Uniti si sono ritirati dal TPP sotto l’ex presidente Donald Trump e l’amministrazione Biden non si è mossa per rientrare nel patto. Però ha proposto l’Indo-Pacific Economic Framework (Ipef)”, aggiunge.

Per Nagao, questi quadri economici hanno bisogno di tre condizioni per funzionare come una strategia contro la Cina: devono escludere la Cina, consentire agli Stati Uniti di mostrare la leadership ed essere abbastanza grandi da agire come alternativa al mercato cinese.

L’India oltre la Cina

Quando si tratta di dimensioni del mercato, viene in mente l’India . Nel 2023, Nuova Delhi supererà la Cina come Paese più popolato del mondo. Inoltre, entro un decennio il Pil dell’India supererà quello del Giappone, rendendola la terza economia più grande del mondo. Ragionar sull’India è interessante in funzione alle due vie con cui il dossier asiatico si affaccia sui tavoli del governo italiano. Da una parte il rinnovo del MoU sulla Belt and Road che riguarderà più direttamente il secondo semestre dell’anno, ma sarà già tema caldo con i prossimi appuntamenti a Washington e Pechino della premier Giorgia Meloni. Dall’altra la possibilità di nuovo scenari verso la Cotton Route indiana aperti con la recente visita a Nuova Delhi.

“L’India ha molte risorse non sviluppate, comprese le terre rare. Di conseguenza, come altri produttori, le aziende taiwanesi si sono per esempio concentrate lì, annunciando piani per aprire lì fabbriche di semiconduttori. Questi saranno i primi progetti specifici indiani su larga scala”, aggiunge Nagao. È uno dei temi centrali del momento, visto l’importanza per gestire le nuove tecnologie. Non a caso il ministero dell’Università e della Ricerca italiano ha recentemente rafforzato le attività della “Task Force Semiconduttori”.

E l’Italia?

E dunque, alla luce di questo nuovo tipo di assertività cinese e delle varie forme di orazioni che altri allineamenti permettono, cosa dovrebbe fare l’Italia con il MoU su Bri? Stracciarlo, riformularlo, sostituirlo con un documento più mite che consenta a Pechino di non perdere la faccia politicamente e a Roma di continuare alcune attività di business? Insomma, quale potrebbe essere l’approccio più costruttivo nei rapporti Roma-Pechino? “I Paesi di tutto il mondo ridurranno la loro dipendenza dalla Cina, sfruttando anche il mercato indiano se si svilupperà bene. Pertanto, credo che l’Italia, come processo a lungo termine, dovrebbe separarsi dalla Cina”.

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