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La Cina facilita la riapertura delle relazioni tra Iran e Arabia Saudita

Per Bianco (Ecfr), l’accordo mediato dalla Cina tra Iran e Arabia Saudita segue i contatti già creati in Iraq e Oman. L’intesa che normalizzerà le reazioni tra le due potenze è destinata a rimodellare le dinamiche del Medio Oriente. Pechino guadagna peso strategico nella regione e negli affari internazionali?

L’Arabia Saudita e l’Iran hanno deciso di riprendere le relazioni diplomatiche. I due Paesi rivali puntano a riaprire le proprie ambasciate nei rispettivi Paesi, secondo una road map che passerà da un incontro interministeriale da organizzare nei prossimi due mesi.

Il formato diplomatico che ha prodotto questo accordo di dimensioni storiche per il Medio Oriente è stato guidato dalla Cina, che ha sfruttato il riavvio del dialogo tra Teheran e Riad – in piedi da un paio di anni – e dopo giorni di negoziati ha incassato un successo diplomatico di primo livello.

L’accordo è stato firmato dal Consigliere per la sicurezza nazionale saudita, Musaed Al-Aiban, dal capo del Consiglio di sicurezza nazionale iraniano, Ali Shamkhani, e dal funzionario del Partito comunista cinese Wang Yi, capo della diplomazia cinese. L’accordo è il risultato dii colloqui iniziati lunedì a Pechino su iniziativa del leader cinese Xi Jinping e finalizzati a “sviluppare relazioni di buon vicinato” tra Iran e Arabia Saudita, si legge in un comunicato congiunto.

Svolta negli equilibri mediorientali

Il ristabilimento delle relazioni tra Iran e Arabia Saudita rappresenta una svolta importante tra le due principali potenze geopolitiche del Medio Oriente. Per anni, i due Paesi hanno avuto un rapporto conflittuale, caratterizzato da guerre per procura e accuse di ingerenza. Divisioni che scorrono lungo la faglia sciiti-sunniti, e che sfociano nella sfera della competizione geopolitica mediorientale e attorno alle risorse energetiche.

“Quello di cui vediamo i primi risultati è un processo nato dalla volontà di Iran e Arabia Saudita di trovare una soluzione alle tensioni parlandosi”, spiega Cinzia Bianco, esperta di Golfo dell’European Council of Foreign Relations. Processo che è stato ospitato prima dall’Iraq – attraverso il lavoro diplomatico del governo Kadhimi – e successivamente dall’Oman.

L’Arabia Saudita ha interrotto le relazioni con l’Iran nel 2016 dopo che alcuni manifestanti iraniani avevano attaccato l’ambasciata saudita in risposta all’esecuzione da parte dell’Arabia Saudita del chierico sciita Nimr al-Nimr.

La Cina mediatrice

”Baghdad e Muscat hanno colto le intenzioni iraniane e saudite e fornito una casa, un luogo fisico per facilitare gli incontri. La Cina ha fatto qualcosa di simile: dimostra di volere e potere diventare un attore non solo economico”, commenta Bianco con Formiche.net.

La Cina ha ospitato e sponsorizzato i colloqui tra i due Paesi alla luce del “desiderio [di entrambi] di risolvere le controversie tra loro attraverso il dialogo e la diplomazia nel quadro dei legami fraterni che li uniscono”, si legge nel comunicato congiunto.

Pechino ha avuto la capacità di poter mettere il suo peso diplomatico all’interno di un dossier la cui sistemazione era in corso, perché gli attori coinvolti avevano ormai intrapreso una via di contatto dalla quale non intendevano tornare indietro. Tra l’altro, dopo la caduta del governo di Mustafa Kadhimi e la sostituzione con un’esecutivo in Iraq più vicino all’Iran, i sauditi hanno comunque continuato a tenere la porta aperta al negoziato con la Repubblica islamica.

A febbraio, il presidente iraniano, Ebrahim Raisi, ha visitato la Cina incontrando il leader Xi Jinping. Secondo Press TV, che diffonde la narrazione iraniana, i colloqui per la ripresa delle relazioni sono iniziati dopo quella visita. A dicembre in realtà i ministri di Iran e Arabia Saudita si erano incontrati in un incontro multilaterale in Giordania.

Ora la pace in Yemen?

”Rimangono questioni aperte, evidentemente: basta guardare che sul lato iraniano si parla di un accordo per riaprire le ambasciate nell’arco di due mesi, mentre su quello saudita si fa riferimento a una ripresa delle relazioni in quel periodo, ma dopo un’attivazione dell’intesa attraverso un meeting tra ministri”, fa notare l’esperta dell’Ecfr.

L’aspetto più interessante è la riattivazione dell’intesa sulla sicurezza del 2001 e l’impegno per la non interferenza negli affari interni dei rispettivi Paesi e sul vicinato. Per Bianco, “da questo si può presupporre che a breve si potrebbe muovere qualcosa sullo Yemen, perché Riad è da anni che dice che non si può ricucire con l’Iran senza sistemare la situazione in Yemen”.

La guerra civile yemenita è forse la più importante questione in sospeso tra i due Paesi. L’Iran sostiene i ribelli Houthi che combattono il governo sostenuto dalla coalizione saudita. Gli Houthi – che ormai controllano ampie fette di territorio – hanno più volte attaccato l’Arabia Saudita usando armi fornite loro dall’Iran. Un cessate il fuoco tra le due parti è scaduto lo scorso ottobre, anche se la situazione rimane relativamente calma è necessario implementarlo per evitare il ritorno dei combattimenti, in un conflitto che è una delle principali tragedie umanitarie in corso.

Spazi per i negoziati

Riad sta sfruttando una condizione difficile che attanaglia l’Iran. Schiacciato dalle pressioni internazionali sia per il programma nucleare, che per le repressioni delle proteste e per l’assistenza fornita all’invasione russa, Teheran è più avvicinabile. L’idea saudita occorre sfruttare il momento perché un eccessivo isolamento potrebbe portare a conseguenze ancora peggiori, lasciando il Paese nelle mani della componente ultra conservatrice e ideologizzata che fa riferimento al fronte duro dei Pasdaran – la stessa che sta cercando di minore le attività del governo.

Qualcosa di simile è avvenuto con la Turchia: dopo anni di divisioni, Riad ha sfruttato le debolezze economiche di Ankara – e dunque quelle politiche di Recep Tayyp Erdogan – per appianare le divisioni. Lo stesso stanno facendo gli Emirati Arabi Uniti sempre con i turchi, o il Qatar con l’Egitto. La pandemia prima, la guerra in Ucraina poi hanno cambiato il contesto e prodotto occasioni di distensione. Frutto anche di una volontà di certi attori regionali di diventare più orientati verso la crescita e lo sviluppo, abbandonando politiche guerresche (almeno a livello tattico).

Tutti contenti?

La normalizzazione delle relazioni tra Iran e Arabia Saudita è destinata a rimodellare l’andamento delle dinamiche mediorientali. Equilibri che potrebbero cambiare ulteriormente se l’Arabia Saudita dovesse diventare protagonista di un altro accordo di normalizzazione, quella con Israele. Un’intesa di fanta-geopolitica di cui in questi giorni si stanno occupando molto i media internazionali. Israeliani e sauditi sono in contatto su alcune questioni operative, come scambi di determinante informazioni di intelligence, mentre un accordo più ampio dovrebbe essere mediato dagli Stati Uniti.

Non è chiaro al momento come l’intesa con l’Iran – che Israele considera un nemico esistenziale contro cui è pronto a procedere militarmente per impedirgli di ottenere l’arma atomica – possa pesare su questo dialogo tra Riad e Gerusalemme. Dialogo da sempre complicato nella formalizzazione dal ruolo centrale che il regno occupa come protettore dei luoghi sacri dell’Islam.

Altro aspetta da valutare sarà la reazione statunitense. Per ora l’unica uscita semi-pubblica è stata di un funzionario del Consiglio di sicurezza nazionale con Al Jazeera, minimizzando il ruolo diplomatico cinese e considerandolo “quite similar” a quanto fatto negli ultimi due anni da Baghdad e Muscat. Washington, dalla normalizzazione iraniano-saudita, incassa un punto a favore della propria strategia di avere maggiore ordine e distensione in Medio Oriente. Ma contemporaneamente vede la Cina accrescere il proprio peso politico-diplomatico nella regione, proprio grazie a Riad – un alleato americano con cui i rapporti non sono attualmente eccellenti.

Pechino dimostrato invece di essere intenzionata a giocare, dove si verificano spazi, un ruolo strategico che va oltre a quello economico-commerciale, come analizzavano Bianco e Alicja Bachulska in un commentary dell’Ecfr: “Pechino esercita una forte attrattiva sul Golfo con la sua tanto sbandierata visione della Penisola Arabica come regione di cruciale importanza geostrategica a lungo termine”.


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