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Popolari e conservatori europei, quale strada verso un accordo. Il punto di Orsina

“Non ricordo un governo italiano che abbia avuto una situazione domestica così stabile, sia per ragioni di equilibri della coalizione sia per ragioni di debolezza dell’opposizione”. Ma sull’alleanza tra Ecr e Ppe contano molto i fattori esterni all’Italia. Panoramica tra Roma e Bruxelles con il politologo della Luiss

Dipenderà dalle scelte politiche del Partito Popolare Europeo, dice a Formiche.net Giovanni Orsina, direttore della Luiss School of Government e autore per Rubbettino di “Una democrazia eccentrica. Partitocrazia, antifascismo, antipolitica”. La prospettiva è quella non solo elettorale legata alle urne del maggio 2024, ma all’accordo tra conservatori e popolari europei per ottenere una Commissione che sia politica e non più di larghe intese come oggi. E il dialogo instaurato tra Fratelli d’Italia e Forza Italia è determinante, oltre che certificare un governo che secondo Orsina mai come questa volta è stabile.

La virata governista di Forza Italia apre di fatto l’anno elettorale europeo, sancendo il dialogo Ecr-Ppe da un lato, tramite la garanzia data da Tajani a Bruxelles, e riducendo dall’altro gli spazi di manovra delle voci potenzialmente pericolose nella maggioranza?

Tutto sommato sì. È ben evidente che nell’ipotesi di dialogo Ppe-Ecr i buoni rapporti fra Fratelli d’Italia e Forza Italia sono importanti. È essenziale, insomma, che Forza Italia agevoli questo dialogo a livello europeo. Detto questo, però, non vanno sottaciute le difficoltà di tale dialogo che secondo me sono molto più serie in Europa di quanto siano in Italia.

Ovvero?

Il vero problema risiede negli equilibri europei più che in quelli italiani. Forza Italia, come detto, è importante, ma da sola non potrebbe fermare un avvicinamento se la logica continentale andasse in quella direzione. È tutto da vedere che ci vada, però…

Di fatto, anche senza stemmi comuni, la coalizione di destracentro marcerà unita di qui al 2024?

Non ho mai pensato che questa coalizione potesse non marciare. E men che meno lo penso adesso, visto che le cose stanno sostanzialmente andando avanti: sia sulle scelte politiche, sia sulle nomine – che si faranno, anche se ovviamente litigando un po’. Ho sempre pensato che questa coalizione non avesse alternative. Sì, sull’Ucraina ci sono dei distinguo da parte di Forza Italia e Lega, ma alla fine tutti votano allineati: mi pare più un gioco delle parti. Le dirò di più: questo Governo è il più stabile che io ricordi.

Da che punto di vista?

Non ricordo un Governo italiano che abbia avuto una situazione domestica così favorevole, sia per equilibri interni alla coalizione sia per debolezza dell’opposizione. Dopodiché, andranno valutate le sollecitazioni esterne che ci saranno. Quel quadro, quello esterno, mi pare molto, ma molto più complicato.

Quali le principali preoccupazioni europee? Più dettate dal fatto che si rischia la fine della larghe intese e la nascita di una commissione politica, o più dettate dal fatto che sia a Parigi che a Berlino i governi sono interessati da frizioni (interne ed esterne)?

I socialisti, com’è ovvio e comprensibile, non vedono certo di buon occhio che si passi da una maggioranza liberali-popolari-socialdemocratici a una liberali-popolari-conservatori. Ma l’ingresso dei conservatori in maggioranza è reso difficile anche dalle propensioni dei liberali, che tendono a guardare più a sinistra, e dalle divisioni interne al Ppe, tutt’altro che determinato e compatto rispetto all’idea di ricollocarsi a destra. Fermo restando che, come sempre in politica, l’aritmetica conta e quindi bisognerà pesare i numeri dopo il voto del 2024, l’operazione di sbarcare i socialisti e imbarcare i conservatori richiederebbe una volontà politica forte da parte dei popolari, che al momento non mi pare ancora ci sia.

In questo quadro come potranno influire le elezioni spagnole, con i conservatori in vantaggio?

Molto. È evidente che, se in Spagna dovessero vincere i popolari e fare il Governo con Vox, si avrebbe un ulteriore elemento di spostamento del baricentro europeo verso quel tipo di soluzione: è sicuramente un parametro da tenere sotto osservazione.

Il fatto che nell’incontro fra il primo ministro inglese Sunak e il Presidente Macron della settimana scorsa si sia sottolineato molto l’elemento dell’immigrazione legato agli scafisti crede apra di fatto la strada a far sì che, rispetto alle difficoltà degli ultimi anni, questa volta in Ue ci sia maggiore sensibilità verso quelle tematiche comuni che, tra l’altro, impattano anche sull’Italia?

Il clima è molto cambiato rispetto a qualche anno fa e l’immigrazione, più che mai, è diventata un tema politicamente radioattivo. Che questo possa portare a delle azioni concrete in tempi brevi è veramente tutto da vedere, però, perché l’Europa com’è noto fatica enormemente a mettersi in moto. Il caso tunisino, poi, ha tutta l’aria di non essere una bomba che esplode domani, ma che sta già esplodendo oggi, per cui le soluzioni dovrebbero essere utilizzate immediatamente. In terzo luogo, trovare una soluzione al problema migratorio è difficilissimo, perché l’iter dei migranti è protetto da una serie di meccanismi giuridici che l’Europa – “potenza normativa”, caratterizzata dal rispetto delle regole e dalla creazione di standard che propone come modello globale – non può ignorare. Date queste premesse, l’unica soluzione per l’Italia sarebbe accogliere tutti e poi redistribuire: ma la redistribuzione è un tema radioattivo da un punto di vista elettorale, perché nessun paese vuole accogliere i migranti, perciò una volta che li hai accolti rischi di doverteli tenere, con tutte le conseguenze sociali e politiche del caso. Trovare una via d’uscita da questo ginepraio resta molto complicato.


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