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Guerra dei chip. Così i Paesi Bassi limiteranno l’export verso la Cina

Asml

Il governo olandese ha dichiarato che imporrà restrizioni alle esportazioni dei macchinari fabbrica-semiconduttori più avanzati. Sono i primi dettagli concreti che emergono dopo l’accordo tra Washington, Amsterdam e Tokyo per limitare le vendite di questa tecnologia strategica – e ostacolare il progresso tecnologico del Dragone

Amsterdam si è finalmente mossa per limitare (ulteriormente) le esportazioni dei suoi prodotti tecnologici di punta: i macchinari per la litografia ultravioletta, l’equivalente degli “stampi” per i semiconduttori. Mercoledì il ministro del commercio olandese Liesje Schreinemacher ha delineato le nuove misure, spiegando che le aziende – tra tutte, il leader globale del settore Asml – dovranno richiedere al governo le licenze per esportare questa tecnologia.

“Alla luce degli sviluppi tecnologici e del contesto geopolitico, il gabinetto [olandese] ha concluso che è necessario per la sicurezza (inter)nazionale ampliare l’attuale controllo delle esportazioni di specifiche apparecchiature per la produzione di semiconduttori”, ha scritto Schreinemacher in una lettera al Parlamento. La funzionaria ha sottolineato che le misure “chirurgiche” riguarderanno solo i sistemi ad alta precisione in grado di produrre i chip più piccoli e potenti, tra cui alcuni strumenti di litografia profonda (Duv) prodotti da Asml.

Lo sviluppo è stato caldeggiato per mesi dagli Stati Uniti, origine di una fetta consistente delle tecnologie e degli investitori dietro a realtà come Asml. E le pressioni di Washington vanno lette nel contesto della competizione strategica con la Cina, dato che i semiconduttori sono il volano delle industrie più strategiche. Negli scorsi mesi l’amministrazione Biden ha imposto una nuova serie di restrizioni per impedire alla Cina di ottenere semiconduttori avanzati o espandere la propria capacità di produrli a livello nazionale. Nel mentre contrattava con gli altri due player più importanti del settore, Olanda e Giappone, che a dicembre hanno accettato di allinearsi alla strategia dello Zio Sam.

Già dal 2019 Pechino non ha accesso ai macchinari a litografia ultravioletta (Euv), quelli per fabbricare i chip più avanzati, grazie all’azione concertata degli alleati. Ma come scrivevamo su queste colonne, le nuove misure allo studio del governo olandese mirano a bloccare la vendita di macchine Duv per la produzione di chip a 14 nanometri – uno standard più obsoleto, ma alla base di una varietà di chip estremamente diffusi, utilizzati in elettrodomestici, auto e non solo.

La mossa colpirebbe duramente l’autonomia tecnologica e la capacità di sviluppo della Cina; l’autosufficienza tecnologica in questo campo è un obiettivo principe nella strategia quinquennale di Xi Jinping, che attribuisce all’industria dei semiconduttori un’importanza pari allo sviluppo della bomba atomica. Secondo diversi analisti, lo sviluppo dell’industria dei semiconduttori cinesi potrebbe arrestarsi senza i macchinari litografici in questione – togliendo ossigeno alle mire tecno-egemoniche del regime cinese. Senza i macchinari Asml, scrive il Financial Times, la possibilità di produrre i chip più avanzati “sono minime”.

Asml ha dichiarato che il provvedimento riguarderà solo alcuni modelli e di non aspettarsi che la mossa abbia “effetti materiali sulle nostre prospettive finanziarie pubblicate per il 2023 o per il nostro scenario più a lungo termine”. Una retorica marcatamente differente da quella degli scorsi mesi, in cui Olanda e Giappone hanno opposto resistenza alle pressioni Usa per tema di perdere l’accesso al mercato cinese, che importa chip e macchinari litografici più di qualunque altro al mondo.

Per Asml, le entrate cinesi costituivano il 15% del fatturato nel 2021. E per Amsterdam, Pechino è il terzo partner commerciale per dimensione, motivo per cui il premier Mark Rutte si era rifiutato di riconsiderare la relazione con Pechino a meno che non lo avesse fatto anche il resto d’Europa. Ma le evoluzioni dello scenario internazionale, unite alle pressioni americane – e possibilmente l’innalzamento dei toni da parte della Cina – hanno prevalso sulla logica mercantilista.


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