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Usate quei fondi (russi). L’Europa prova a fare cassa per l’Ucraina

Bruxelles ha da poco istituito un gruppo di lavoro, composto da esperti di finanza e diritto, per valutare come monetizzare i miliardi di asset russi congelati dalle sanzioni. Obiettivo, finanziare la ricostruzione dell’Ucraina. Ma c’è un ostacolo​

I soldi ci sarebbero anche. Il problema è, semmai, usarli. L’Europa sa bene che ci sono centinaia di miliardi di riserve della Russia, ma detenute all’estero, sotto chiave e per questo nell’indisponibilità di Mosca. Ora è tempo di mettervi mano, per un motivo decisamente serio: la ricostruzione dell’Ucraina, a 14 mesi dallo scoppio della guerra che ne ha devastato l’economia e le infrastrutture. In queste ore, racconta il quotidiano Politico, Bruxelles starebbe esaminando tutte le opzioni legali per utilizzare le riserve estere russe congelate dall’Occidente, mesi fa. Circa 300 miliardi di dollari, di cui 2/3 immobilizzati proprio dall’Ue.

Più nel dettaglio, si punta a investire parte degli asset russi per generare rendimenti pari al 2,6% dell’intero capitale, da girare a loro volta a Kiev per la ricostruzione del Paese. Attenzione, non è così facile, ci sono grossi ostacoli legali e tecnici, ancor prima che geopolitici. Per questo a Bruxelles sarebbe sorto un apposito gruppo di lavoro per studiare il caso, la cui prima riunione è prevista nei prossimi giorni, forse già domani. In tale occasione verrà discusso un documento della Commissione europea che pone le basi per una liquidazione degli asset russi congelati con un successivo loro investimento remunerativo. Sfida ardua, ma che vale la pena tentare.

“C’è un consenso tra gli Stati membri dell’Ue sul fatto che è importante esaminare molto, molto attentamente, cosa può essere fatto secondo le istruzioni che ci sono state date, incluso che ciò che verrà fatto dovrà essere conforme con Ue e diritto internazionale”, ha spiegato Anders Ahnlid, diplomatico svedese incaricato di presiedere il gruppo di lavoro poc’anzi citato. “Siamo in una situazione eccezionale e probabilmente qualsiasi soluzione che troveremo sarà di una natura  mai vista prima.”

Tra gli ostacoli da superare c’è sicuramente la necessità di creare un nuovo reato, al fine di validare la confisca dei beni e i successivo impiego. Lo chiarisce lo stesso documento della Commissione, per il quale “il congelamento dei beni nell’ambito delle misure restrittive dell’Ue non può essere considerato un primo passo verso la confisca. Affinché il bene sequestrato venga infatti devoluto a un’utilità sociale, in questo caso alla ricostruzione del Paese invaso, serve la condanna di un giudice”. Già, ma per quale reato?

Un oligarca russo, per quanto legato a Vladimir Putin, non può infatti subire la confisca dei beni senza aver compiuto alcun crimine. Di qui l’idea Ue di crearne uno nuovo. Il 28 novembre scorso il Consiglio ha adottato la decisione che identifica la violazione delle sanzioni come nuovo reato dell’Ue. “Ciò apre la strada alla Commissione per proporre una direttiva sulla definizione dei reati e delle sanzioni per la violazione delle misure restrittive dell’Ue e questa proposta sarà collegata alla direttiva sul recupero e la confisca dei beni, in modo che quest’ultima si applichi ai beni derivanti o utilizzati per violazioni di misure restrittive”, recita lo stesso documento.


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