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Accordo Usa-Giappone sull’auto elettrica, in chiave Ira. Un’anteprima per l’Ue?

Giappone Usa

La cooperazione tra Washington e Tokyo passa dalla supply chain dei materiali critici: il nuovo patto impedisce a entrambi di imporre dazi bilaterali sull’esportazione. Così i Paesi puntano a proteggere le rispettive industrie dalle mosse di Pechino. Ecco cosa significa per l’Europa

La strada per la transizione è lastricata di materie prime critiche, e i Paesi dell’Occidente geopolitico si muovono per rinsaldare le rispettive catene di approvvigionamento. Il nuovo accordo commerciale tra Stati Uniti e Giappone, firmato dalla Rappresentante al commercio Katherine Tai e l’ambasciatore Tomita Koji va in questa direzione: i due alleati si sono impegnati a non imporre restrizioni bilaterali alle esportazioni dei minerali più importanti per le batterie dei veicoli elettrici, tra cui litio, nichel, cobalto, grafite e manganese.

I benefici sono reciproci. Da un lato l’accordo garantisce alle case automobilistiche giapponesi l’accesso ai sussidi dell’Inflation Reduction Act, il maxi-pacchetto statunitense da 370 miliardi di dollari che prevede crediti d’imposta per la produzione di batterie e auto elettriche. È la stessa soluzione che sta esplorando Bruxelles, che al pari di Tokyo ha criticato le misure protezionistiche dell’Ira: attraverso l’accordo, gli States possono ora annoverare il Giappone tra i Paesi terzi (per ora Canada e Messico) che si qualificano come fonte “pulita” di componenti per veicoli elettrici.

Dall’altro lato, Washington ha appena guadagnato la sponda di un Paese dotato di un’industria automotive, più rispettive catene di valore, sviluppatissima. E con la misura relativa ai controlli sulle esportazioni gli Stati Uniti si sono assicurati che il Giappone rientri solidamente tra i propri partner. L’obiettivo è stato dichiarato esplicitamente dai funzionari dell’amministrazione Biden: serve per combattere “le politiche e le pratiche non di mercato” e ridurre la dipendenza di entrambi i Paesi dalla Cina, che ha una presa saldissima sul settore delle batterie per auto.

Lunedì, parlando con i media, i funzionari statunitensi hanno anticipato che l’accordo prevede anche delle revisioni periodiche degli investimenti stranieri nelle rispettive catene di approvvigionamento di minerali critici. È necessario rafforzare queste catene, hanno spiegato, “insieme a partner che condividono le stesse idee”; serve favorire una cooperazione “vitale per la crescita dell’economia dell’energia pulita” e in grado di “far progredire la sicurezza e la stabilità economica, garantendo che gli Stati Uniti, gli alleati e i partner non dipendano da altri Paesi per i minerali critici”.

Questo concetto di collaborazione con Paesi like-minded figura all’inizio del comunicato pubblicato dalla Casa Bianca dopo l’incontro tra Ursula von der Leyen e Joe Biden, a inizio marzo. La cooperazione tra Ue e Usa, spiega il documento, è basata su “valori e princìpi condivisi” e passerà anche dalla diversificazione delle catene di approvvigionamento di minerali e batterie critiche: Bruxelles e Washington hanno annunciato l’avvio di negoziati su “un accordo mirato sui minerali critici” per consentire a quelli estratti o lavorati in Ue di soddisfare i requisiti per i crediti d’imposta dell’Ira.

Il futuro accordo Ue-Usa è necessario “anche per ridurre le dipendenze strategiche indesiderate in queste catene di approvvigionamento e per garantire che siano diversificate e sviluppate con partner fidati”. A giugno 2022 questa spinta statunitense ha generato la Minerals Security Partnership: un gruppo di Paesi fidati, appunto, a cui l’Italia ha aderito a febbraio. Ed è altamente probabile che una soluzione del genere sarà alla base del futuro accordo tra Washington e Bruxelles: anche il Critical Raw Materials Act, presentato recentemente dalla Commissione europea, contiene le istruzioni per creare un “club” delle materie prime critiche tra like-minded partners.

Entro fine settimana il dipartimento del Tesoro statunitense dovrebbe definire i requisiti di approvvigionamento per gli aiuti fiscali relativi ai veicoli elettrici. Lunedì il ministro del commercio giapponese Yasutoshi Nishimura ha affermato che le auto elettriche prodotte con minerali estratti o lavorati in Giappone dovrebbero soddisfare le condizioni. Per proprietà transitiva, questo dovrebbe valere anche per i produttori europei una volta finalizzato l’accordo, consentendo agli alleati di lasciarsi alle spalle mesi di frizioni dovuti all’Ira.


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