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Due occhi sono meglio di uno. Spin off della vigilanza bancaria cinese

Memore del drammatico sciopero del mutuo della scorsa estate, quando migliaia di depositi privati furono congelati per salvare le banche in crisi, il Dragone crea una apposito bureau incaricato di vigilare sul rispetto delle regole da parte degli istituti. Ma non tutti sono d’accordo

 

Forse Pechino ha imparato della lezione dell’Henan. Era l’estate del 2022 quando, come raccontato e documentato da Formiche.net, migliaia di cittadini e risparmiatori della regione cinese smisero di pagare le rate del mutuo. Motivo? Le piccole banche, quelle legate i territori, erano finite in crisi di liquidità, a causa dei prestiti erogati alle amministrazioni insolventi e ai colossi del mattone altrettanto moribondi. Per questo i depositi privati furono congelati, per garantire quelle riserve di capitale senza le quali gli istituti sarebbero falliti. Da lì a innescare una spirale di rabbia, il passo fu breve.

Un film che il governo cinese non ha intenzione di vedere. Per questo è stato da poco costituito un apposito bureau con il compito di garantire trasparenza e lealtà delle banche verso i clienti. Mai più colpi di mano con i soldi altrui e mai più, se possibile, crisi di capitale. Il nuovo ufficio diventerà così un potente gestore e regolatore che garantirà la stabilità finanziaria e la protezione dei consumatori, lasciando che la Banca Popolare Cinese si concentri sulle politiche monetarie tradizionali. Insomma, una specie di spin off in seno alla vigilanza: le filiali locali della banca centrale saranno snellite e le autorità regionali cederanno il potere ai nuovi regolatori centrali.

Molti addetti ai lavori hanno salutato la riforma come un progresso, dal momento che essa mira a colmare le lacune della vigilanza e a rispondere più rapidamente ai rischi designati. Dunque, a prevenire crisi sistemiche, soprattutto a livello locale, dove le spalle sono meno larghe. Eppure, secondo alcuni osservatori, non basta creare una specie di Grande Fratello dalla parte dei cittadini, in grado di vigilare sulla correttezza degli istituti e sulla loro solidità finanziaria.

“La risoluzione dei rischi finanziari è ancora il punto più debole del sistema normativo in Cina”, ha spiegato un alto regolatore bancario cinese, interpellato dal Financial Times. “I regolatori centrali e i governi locali tendono ad accusarsi a vicenda di non fare abbastanza per disinnescare i rischi e il gioco delle colpe si estende sempre a chi paga i costi quando i bubboni scoppiano”. Dunque, si rischia un conflitto tra banche locali e nuova vigilanza centrale? Con le prime che non ci stanno a finire sorvegliate speciali? Forse.

“Per la Cina, il problema nella risoluzione di una crisi non è mai l’insufficiente consolidamento del potere”, ammette l’alto funzionario. “Si tratta sempre di un rapporto di tira e molla tra gli organismi di regolamentazione e di lotte di potere tra le autorità centrali e locali”. Alcuni istituti, insomma, potrebbero obiettare. Anche perché già mal disposti verso le autorità centrali: la Pboc, la Banca centrale cinese, continua a lasciare inchiodati al 3,6% da ormai sei mesi consecutivi. Il che esercita una pressione al ribasso sui margini dei finanziamenti concessi all’economia, che non sembrano stare al passo con le esigenze di capitale delle banche. Per questo gli esperti prevedono una prospettiva cupa per il settore bancario. E questo alle banche non piace nemmeno un po’.

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