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Conte-Schlein, alleanza in stand by. Per Panarari, dipenderà tutto dalle Europee

Lo spartiacque per i nuovi equilibri politici, anche interni, saranno le elezioni europee del prossimo anno. Probabilmente l’esito delle consultazioni inciderà anche sulle leadership. Secondo il sociologo “l’alleanza tra Pd e 5 Stelle sarà possibile solo se i dem giocheranno da junior partner”. Per i democratici il clima si farà pesante nel momento della composizione delle liste. “Se i riformisti verranno esclusi potrebbero esserci tensioni”

Dalla copertina di Vogue alla dura realtà delle uscite (sempre più numerose) dal partito. Più che di un assestamento, per il Pd di Elly Schlein si è aperta una complessa fase di progressiva perdita di “pezzi”. L’ultima, in ordine di tempo, è quella dell’europarlamentare Caterina Chinnici che ha deciso di accasarsi in Forza Italia aderendo, a Bruxelles, al Ppe. Il partner pentastellato, Giuseppe Conte, sembra sempre più marcare le distanze rispetto a quell’idea di campo largo che con la nuova segreteria dem era tornata in auge. Proprio ieri il Corriere ha pubblicato la lettera aperta di Maurizio de Giovanni, Domenico De Masi e Aldo Schiavone attraverso la quale i firmatari invitavano Schlein e Conte a “trovare il coraggio di fare un passo condiviso”. Ma c’è, in effetti, una possibilità che ciò accada in tempi brevi? O per lo meno in vista delle Europee del 2024? Per cercare di dare una risposta a questi quesiti abbiamo chiesto un’opinione a Massimiliano Panarari, docente dell’università Mercatorum, saggista e sociologo della comunicazione.

Panarari, qual è realmente lo stato dell’arte dei rapporti fra Schlein e Conte?

L’alleanza tra Pd e Movimento 5 Stelle resta l’unica prospettiva in termini di competitività per il centrosinistra, sia dal punto di vista numerico sia dal punto di vista dell’affinità su certi temi. L’elezione di Schlein alla segreteria dem e il conseguente riposizionamento del partito a sinistra sta mettendo in forte crisi Conte. Dunque, in questo momento, pare che l’alleanza sia in stand by.

Inquadriamo la questione in ottica Europee 2024. Che scenario si profila?

Schlein ha l’obiettivo di arrivare alle Europee facendo il pieno di voti a sinistra. Questo rende i rapporti con Conte ancora più complessi. Le elezioni del prossimo anno saranno uno spartiacque anche per le leadership dei partiti italiani. Non si sa se Conte, dopo il 2024, sarà ancora il leder del Movimento. Ma, allo stato attuale dei fatti, sarei propenso a dire che ognuno alle Europee giocherà la sua partita in autonomia.

Nei territori la geografia delle alleanze può cambiare?

Penso di sì, dipenderà dalle singole realtà. Le alleanze nei singoli luoghi si possono anche costruire. Ma è chiaro che, dalla prospettiva di Conte, un’alleanza in stile campo largo sarà possibile solamente con il Pd che gioca da junior partner.

I sondaggi, specie quelli effettuati nell’immediatezza dell’elezione di Schlein, avevano premiato il Pd. Tuttavia le uscite di alcuni parlamentari (da Marcucci a Borghi, passando per Chinnici) non sono un bel segnale. 

Sono il frutto del posizionamento più marcatamente a sinistra del Pd. Per ora si tratta di uscite singole, ma il vero banco di prova sarà il momento della composizione delle liste per le Europee.

Che cosa si aspetta?

Sarà un momento chiave, anche perché con il proporzionale è fondamentale individuare persone in grado di raccogliere preferenze. Chiaramente se i riforimisti verranno troppo marginalizzati c’è il rischio che la tensione salga ancora di più.

La lettera di De Masi, de Giovanni e Schiavone sortirà qualche effetto?

Conferma che in questo momento c’è una difficoltà di rapporto fra il leader del Movimento e la segretaria dem, soprattutto per la verità da parte del primo. Anche questo però è un tratto che non mi stupisce. È il “camalecontismo”: cambia in base all’opportunità.

L’intervista di Schlein a Vogue e l’armocromista da trecento euro all’ora ha lasciato un po’ di amaro in bocca fra i dem. 

Penso che sia il modo di concepire la politica e la comunicazione, da millennial, che ha Schlein e che hanno molti politici della sua generazione. È una postura. Chiaramente questo implica anche qualche rischio, tra cui perdere il contatto con una parte dell’elettorato.

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