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Crescita, cuneo fiscale e debito. Il Def di Giorgetti e Meloni alla prova dei numeri

Il Documento di economia e finanza porta in dote un taglio del costo del lavoro di 3,4 miliardi nel 2023 e di 4,5 nel 2024. Tutto nel segno della prudenza, ma con una consapevolezza: il debito sarà un po’ più caro

Prudenza e ancora prudenza. Il Documento di economia e finanza appena approvato dal governo di Giorgia Meloni, vuole essere questo. Il senso del provvedimento che getta le basi della prossima manovra, è contenuto nell’introduzione firmata dal ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti. Un testo che ha già incassato un primo sì dell’Europa, nell’attesa di un esame più approfondito.

Sebbene le previsioni sul Pil contenute nel Def “siano prudenti, rimane confermata la volontà e l’ambizione di questo governo riguardo alla crescita dell’economia italiana. Nel breve termine si opererà per sostenere la ripartenza della crescita segnalata dagli ultimi dati, nonché per il contenimento dell’inflazione”, ha scritto il responsabile di Via XX Settembre.

Secondo Giorgetti, è “del tutto realistico puntare per i prossimi anni a un aumento del tasso di crescita del Pil e dell’occupazione che vada ben oltre le previsioni del presente documento, lungo un sentiero di innovazione e investimento all’insegna della transizione ecologica e digitale e dello sviluppo delle infrastrutture per la trasmissione dell`energia pulita e la mobilità sostenibile”. Dunque, l’obiettivo è la crescita, ma sempre nel solco della prudenza.

Molto, però, dipenderà anche dall’effettivo alleggerimento del costo del lavoro. E qui le risorse a disposizione non sono molte, anche se non pochissime. “Il governo intende utilizzare 3,4 miliardi nel 2023 per il taglio del cuneo fiscale ai lavoratori dipendenti e 4,5 miliardi nel 2024 per interventi di riduzione della pressione fiscale. Le risorse che si rendono disponibili saranno utilizzate con un provvedimento normativo di prossima adozione per sostenere il reddito disponibile e il potere d’acquisto dei lavoratori dipendenti nel 2023, e saranno destinate, nel 2024, a interventi di riduzione della pressione fiscale”.

Non è tutto. “All’attuazione di questi interventi, sono destinati gli spazi finanziari per i quali si chiede l’autorizzazione al ricorso all’indebitamento, comprensivi della spesa per interessi passivi conseguente il maggior disavanzo autorizzato, che ammontano a 3,4 miliardi di euro nel 2023 e 4,5 miliardi di euro nel 2024”. Ma attenzione al costo del debito sovrano, tra i più massicci del mondo. “La spesa per interessi, scesa a 75,6 miliardi nel 2023 (-0,6% sull’anno precedente), salirà progressivamente fino a superare i 100 miliardi nel 2026”, si legge ancora nel Def.

“La spesa  presenta negli anni successivi al 2023 un profilo crescente: del 4,1 per cento nel 2024 (a 85,1 miliardi) del 4,2 per cento nel 2025 (a 91,6 miliardi) e del 4,5 per cento nel 2026 (a 100,6 miliardi). La spesa per interessi nel 2023 è prevista in diminuzione rispetto al 2022 di oltre 7,5 miliardi, in coerenza con la decelerazione dell`inflazione che riduce la componente indicizzata del rendimento dei titoli di Stato”.


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