Il dialogo tra le sponde occidentali, centrali e orientali del Mediterraneo è utile anche a strutturare percorsi comuni tarati sulle emergenze date dalla contingenza, come la guerra in Ucraina, il ruolo della Nato e dell’Ue
Relazioni, geopolitica, con un occhio alle urne europee. Giorgia Meloni dovrebbe visitare Israele a giugno e, poco prima, la Grecia, dove si voterà il 21 maggio: le pianificazioni sono in corso. Nessuna data ufficiale è stata ancora fissata, ma l’idea è quella di cementare le relazioni a cavallo tra due quadranti fondamentali come quello euromediterraneo e quello mediorientale per mille e più ragioni: energia, difesa, conservatorismo e posizionamento nelle urne 2024. La regia di Manfred Weber sta producendo gli effetti desiderati, ad esempio, tra governi croati e greci. E la concomitanza con due sfide importanti come Piano Mattei e gas nel Mediterraneo orientale sono a vantaggio di Roma (senza dimenticare la network diplomacy dei cavi).
Energia
Israele, Grecia e Italia hanno un fil rouge comune alla voce gas: non sfugge che la linea orizzontale che va dal giacimento israeliano Leviathan, passando per quelli ciprioti, giunge idealmente in Salento (dove approda il Tap), per questa ragione è stata alla base del progetto legato al gasdotto EastMed. Al di là di come l’infrastruttura evolverà, in un senso (pipeline) o nell’altro (rigassificatori), dimostra che le politiche energetiche dei Paesi coinvolti sono interconnesse per una serie di motivazioni oggettive che meritano, in prospettiva ma anche nell’immediato, un coordinamento. Leviathan (su cui permane l’ombra del sabotaggio mirato) è una delle più grandi scoperte di gas in acque profonde del mondo, che vede in campo colossi come NewMed Energy, Chevron e Ratio Oil Corp con prospettive di vendita che coinvolgono Israele, Egitto e Giordania.
Del tema si parla da tempo lungo l’asse Roma-Tel Aviv, due soggetti che come dimostra la visita a Palazzo Chigi del Premier Benjamin Netanyahu dello scorso 10 marzo hanno una solida relazione, anche personale oltre che politica.
Politica e geopolitica
Tra l’altro oggi è stata inaugurata la mostra “Knesset e Camera dei deputati: 75 anni di storia e di democrazia parlamentare” dal presidente della Camera dei deputati Lorenzo Fontana assieme al suo omologo Amir Ohana, un evento che si svolge nei giorni in cui ricorre il 75° anniversario della nascita dello Stato di Israele.
Meloni, Natanyahu e Mitsotakis vantano una comunanza politica, oltre che di temi strettamente connessi ai dossier più rilevanti della macro area che interessa i tre Paesi. Ulteriore dimostrazione si è avuta nel recente meeting del Ppe a Monaco, dove la moral suasion di Manfred Weber è un elemento che sta influendo nel dibattito interno al Ppe guardando alle prossime elezioni europee. Prima però ci sono quelle nazionali in Grecia e Turchia. Ad Atene il partito conservatore di Nea Dimokratia che esprime l’attuale premier, pur in testa nei sondaggi, potrebbe non essere in grado di formare da solo il nuovo governo, per cui all’orizzonte si materializzano due strade: una seconda tornata elettorale in luglio o una grande intesa con centristi o socialisti. Anche per questa ragione al governo greco farebbe molto piacere una visita del premier italiano nelle prossime due settimane. Ankara come è noto andrà al voto tra pochi giorni e il vincitore avrà comunque un potere diverso rispetto al recente passato: potere e conseguenze politiche che si rifletteranno sulle relazioni con gli altri players.
Scenari
Ma il dialogo tra le sponde occidentali, centrali e orientali del Mediterraneo è utile anche a strutturare percorsi comuni tarati sulle emergenze date dalla contingenza, come la guerra in Ucraina, il ruolo della Nato e dell’Ue. Come osservato in un recente paper di Carnegie “una volta che le armi taceranno, il morale in tempo di pace sarà altrettanto critico in Ucraina” e che “la lezione principale da imparare per ora è che i riformatori dell’Ue hanno bisogno di sostegno, che la società civile è vitale e che il morale, l’energia sociale, la visione e la fiducia sono tra quegli intangibili che fanno la differenza”.
Ovvero per far funzionare l’allargamento, l’Ue deve unire la geopolitica alla democrazia. In tal modo, può ripristinare la propria credibilità nei Paesi “azionisti” del Mediterraneo che provano a costruire alleanze, strategie e indirizzi.
@FDepalo