Le sirene antiaeree risuonano nuovamente nella zona centrale del Paese: venerdì la Russia è tornata a bersagliare diverse città lontane dal fronte. Ma, al netto degli obiettivi, gli attacchi non sembrano aver intaccato le capacità di proiezione delle forze armate di Kyiv
Decine le vittime civili degli attacchi che nei giorni scorsi hanno colpito la città di Uman, due i civili uccisi a Dnipro; abbattuti dalla difesa aerea, invece, 11 missili e due droni diretti verso Kyiv. Secondo quanto affermato da Oleksii Reznikov, ministro della Difesa ucraino, nelle ore immediatamente successive ai bombardamenti, uomini e mezzi in procinto di dirigersi verso le zone del Paese attualmente occupate dai russi non sarebbero state coinvolte dai raid russi. Sono i mezzi della controffensiva in preparazione, su cui è stato lo stesso presidente ucraino Volodymyr Zelensky a suggerire la portata dell’azione militare: “La nostra controffensiva prevede la liberazione della Crimea”, ha affermato ai microfoni all’emittente pubblica finlandese Yle sabato.
Una nuova serie di attacchi russi
Situata a circa 200 chilometri a Sud di Kyiv, la cittadina di Uman si aggiunge alla lunga lista di centri ucraini bombardati dalle forze russe dall’inizio dell’invasione. I vigili del fuoco accorsi sul luogo dell’accaduto, riporta l’agenzia di stampa Reuters, hanno osservato come un missile abbia colpito i piani superiori di un edificio residenziale, innescando un incendio che ha portato alla morte di 23 persone, di cui cinque bambini. Secondo un comunicato rilanciato su Telegram, ripreso poi dall’Institute for The Study of War, “le unità missilistiche antiaeree ucraine hanno distrutto 21 dei 23 missili da crociera, oltre a due droni” sganciati dai bombardieri russi Tu-95 in volo sul mar Caspio.
L’intelligence militare britannica considera la nuova salva di missili russi come “un tentativo per intercettare i movimenti delle unità di riserva e dei rifornimenti militari ucraini”. La buona riuscita dell’operazione da parte dell’aviazione russa, si legge ancora nell’analisi di Londra, sarebbe stata fortemente ostacolata dalla scarsa capacità di acquisire correttamente i bersagli presenti sul campo, mentre la decisione di colpire nei pressi dei centri abitati sarebbe da ricollegare alla volontà di Mosca di dare maggior peso alle necessità militari piuttosto che alla prevenzione dei danni nei confronti della popolazione civile.
“Gli attacchi missilistici che uccidono ucraini nel sonno sono la risposta della Russia a tutte le iniziative di pace”, questo il commento lapidario di Dmytro Kuleba, ministro degli Esteri, su Twitter a fronte degli attacchi. “La Russia non vuole cessare la guerra in Ucraina”, ha affermato invece Josep Borrell, Alto rappresentante dell’Unione europea per gli affari esteri e la politica di sicurezza, commentando quanto accaduto in Ucraina a margine della visita a Cartagena de Indias, in Colombia. “Vogliamo la pace”, ha continuato Borrell, “ma l’unico che per il momento non vuole smettere la guerra è [Vladimir] Putin. La Russia vuole continuare la guerra. L’Ucraina, che non la vuole, deve difendersi. Per questo dobbiamo aiutarla”.
Le potenziali direttrici della controffensiva ucraina
Sebbene i piani ucraini siano avvolti nel più stretto riserbo, un atteggiamento peraltro riconfermato pubblicamente da Hanna Maliar, viceministra della Difesa, sono diversi gli studiosi che dalle colonne di vari quotidiani e riviste specializzate cercano di prevedere le potenziali direttrici del nuovo tentativo ucraino di riguadagnare il territorio nazionale perduto.
In un recente articolo pubblicato su Foreign Affairs, Rajan Menon, già professore emerito di relazioni internazionali presso il City College di New York, ha ipotizzato due possibili scenari: il primo prevederebbe l’avanzata nella provincia di Zaporizhzhia al fine di interrompere la continuità territoriale che lega la Crimea ai territori delle autoproclamate repubbliche di Donetsk e Luhansk; mentre il secondo punterebbe alla riconquista della Crimea attraverso lo sfondamento della linea del fronte a Kherson.
Nel primo caso, “se le forze ucraine raggiungessero Berdiansk o Mariupol”, sottolinea Menon, ovvero porti cruciali sul Mar Nero, “queste sarebbero in grado di isolare le truppe russi presenti sulla sponda sinistra della regione di Kherson da quelle presenti nell’area di Zaporizhzhia, rendendo allo stesso tempo [le forze russe] maggiormente vulnerabili all’accerchiamento e rendendo ancora più difficile il rifornimento e la difesa della Crimea”. Più complesso, invece, il secondo scenario data la necessità di dover condurre una complessa operazione anfibia per superare il fiume Dniepr sotto il diretto tiro nemico.
Il fattore sorpresa e l’incognita dei nuovi battaglioni
Al netto di quale sarà la direttrice scelta da Kyiv, alcuni studiosi si attendendo che l’approccio adottato dalle forze armate ucraine finisca col privilegiare un’azione rapida, sulla falsariga di quanto già fatto a Kharkiv nel settembre di un anno fa. Una posizione sostenuta da Franz Stefan Gady, senior fellow presso l’International Institute for Strategic Studies. “Le prime 24 ore della controffensiva potrebbero rappresentare ‘il giorno più lungo’ per le truppe ucraine”.
In questo senso, la capacità di cogliere di sorpresa il nemico unita all’abilità di saper scegliere con precisione la porzione di territorio da attaccare, ovvero quello caratterizzato da una minore presenza di fortificazioni nemiche e che meglio si adatta a ampie fasce di terreno nel minor tempo possibile, vengono considerate da Gady dirimenti per evitare una dispendiosa azione d’attrito, forzando così i russi ad abbandonare le proprie posizioni difensive per timore di essere catturati o accerchiati. E dunque, la portata dell’offensiva, riprendendo quanto sostenuto da Menon, non dipenderà unicamente dai fattori materiali come il numero di truppe e degli assetti a disposizione delle forze ucraine. Ma anche da fattori immateriali come il morale, l’addestramento e l’esperienza acquisita sul campo di battaglia.
Secondo Michael Kofman, direttore della sezione Russia del Center of Naval Analysis, la cauta attesa di Kyiv per il lancio dell’operazione sarebbe da ricondurre alla volontà di massimizzare proprio i fattori sopracitati. Al tempo stesso però, ha aggiunto Kofman, la decisione dei vertici ucraini di affidarsi quasi esclusivamente a battaglioni dotati degli equipaggiamenti occidentali, ma composti quasi interamente da truppe senza precedenti esperienze in combattimento, rappresenta un’ulteriore incognita rispetto all’andamento e all’esito finale delle attività sul campo.