In una fase di “forte rilancio” delle relazioni bilaterali, i due leader “hanno enfatizzato la crescente interdipendenza fra macro-aree geografiche” e sottolineato l’importanza di una politica di collaborazione costruttiva e non-predatoria con l’Africa
Giorgia Meloni, presidente del Consiglio, ha incontrato Rishi Sunak, primo ministro britannico, a margine dei lavori del G7 a Hiroshima, in Giappone. Il bilaterale è avvenuto a poche settimane dalla visita a Londra di fine aprile dove i due hanno sottoscritto un memorandum d’intesa sulla cooperazione bilaterale. “L’intensità del continuo dialogo fra Meloni e Sunak testimonia come i rapporti fra Italia e Regno Unito stiano sperimentando un forte rilancio”, hanno spiegato fonti italiane.
TRA EURO-ATLANTICO E INDO-PACIFICO
Meloni e Sunak, hanno riferito le stesse fonti italiane, hanno discusso dei principali temi dell’agenda internazionale, partendo dal pieno allineamento, anche in ambito Nato e G7, e all’impegno comune rispetto all’aggressione russa all’Ucraina. Hanno poi “enfatizzato la crescente interdipendenza fra macro-aree geografiche”.
Come ripete spesso Fumio Kishida, primo ministro giapponese e padrone di casa, Taiwan può essere la prossima Ucraina. L’interdipendenza tra i quadranti euro-atlantico e indo-pacifico è al centro della presidenza giapponese del G7 e sarà con ogni probabilità parte dell’eredità che Tokyo lascerà a Roma in vista della presidenza italiana dell’anno prossimo. Inoltre, è un elemento portante del Global Combat Air Programme, il progetto annunciato a dicembre dai governi di Giappone, Italia e Regno Unito per lo sviluppo dell’aereo da caccia di nuova generazione entro il 2035, che prevede la fusione tra le ricerche condotte dal Giappone sul jet F-X e da Italia e Regno Unito sul Tempest (assieme alla Svezia, che però almeno per ora non partecipa al programma).
IL DOSSIER CINA
Meloni e Sunak hanno anche parlato dell’“importanza della coesione fra G7, alleati e democrazie, a tutela dell’ordine internazionale basato sulle regole, indispensabile alla sicurezza economica, anche per i Paesi del Sud Globale” di cui l’Italia vuole farsi campione. Il non detto, in questo caso come in quello della “crescente interdipendenza fra macro-aree geografiche”, riguarda la Cina, con cui l’Occidente sta cercando di riscrivere le relazioni per limitare i rischi sulle catene di approvvigionamento.
In particolare, il governo italiano ha tempo fino a fine anno per decidere se rinnovare o meno il memorandum d’intesa sulla Via della Seta. “Stiamo riflettendo se rinnovare il memorandum” sulla Via della Seta, ha detto Antonio Tajani, vicepresidente del Consiglio e ministro degli Esteri, intervistato dal giornale Il Messaggero. “La Cina è un nostro competitor. Vogliamo buoni rapporti ma le regole devono essere uguali per tutti”, ha aggiunto. “Dunque diciamo no al dumping sociale e ambientale, alla concorrenza sleale, alla sottrazione di know-how al posto di investimenti di lungo termine”, ha spiegato ancora. Secondo Bloomberg, pochi giorni fa Giorgia Meloni, presidente del Consiglio, avrebbe detto a Kevin McCarthy, Speaker della Camera dei rappresentanti degli Stati Uniti, che il governo italiano intende uscire dalla Via della Seta. Tuttavia, i consiglieri diplomatici di Meloni stanno ancora valutando i dettagli e i tempi della decisione, temendo una reazione economica da parte della Cina.
FOCUS SULL’AFRICA
Meloni, in sintonia con Sunak, ha posto, inoltre, l’accento sull’importanza di “attuare una politica di collaborazione costruttiva con i Paesi del Sud Globale, con particolare riferimento all’Africa, con un approccio di partenariato e non-predatorio”. Ciò anche per poter affrontare in maniera coesa le sfide comuni del futuro, dai cambiamenti climatici al radicalismo.
A ottobre il governo italiano dovrebbe presentare il Piano Mattei per l’Africa in occasione del summit intergovernativo Italia-Africa. Nel suo discorso d’insediamento alla Camera dei deputati, Meloni aveva parlato del Piano Mattei per l’Africa e il Mediterraneo come “un modello virtuoso di collaborazione e di crescita tra Unione Europea e nazioni africane, anche per contrastare il preoccupante dilagare del radicalismo islamista, soprattutto nell’area sub-sahariana. Ci piacerebbe così recuperare, dopo anni in cui si è preferito indietreggiare, il nostro ruolo strategico nel Mediterraneo”. Come già raccontato su Formiche.net in occasione del viaggio di Meloni a Londra, si tratta di una proposta di approccio upstream, cioè “a monte”, per affrontare le cause delle migrazioni che sembra aver suscitato l’interesse britannico viste le ricadute dell’immigrazione verso l’Italia, Paese di transito verso il resto d’Europa.