Dopo quasi un anno di rialzi del costo del denaro, la Banca centrale americana potrebbe essere prossima a sparare le ultime cartucce. Mentre Francoforte tira dritto per la sua strada, anche se il giro di boa non è poi così lontano
L’impressione è quella di una partita più psicologica che monetaria. Le due principali banche centrali del mondo, la Federal Reserve e la Bce, hanno deciso di dare un altro giro di vite al costo del denaro. Il che non è certo una buona notizia per tutte quelle famiglie e imprese che sono alle prese con mutui e finanziamenti. E c’è da giurare che il governo italiano, che più volte ha fatto intendere a Francoforte la propria irritazione verso una politica monetaria giudicata talvolta, anche da parte dello stesso board esecutivo dell’Eurotower, eccessivamente miope verso una crescita ancora troppo claudicante, non gradirà un ulteriore inasprimento dei tassi.
LAGARDE L’OSTINATA
A meno che a Christine Lagarde non venga una crisi di coscienza in queste ore, il 4 maggio la la Bce dovrebbe annunciare un nuovo rialzo del costo del denaro. E questa volta l’incremento potrebbe essere di soli 25 punti base il che, per chi ha un mutuo medio a tasso variabile, potrebbe comunque tradursi in un aumento della rata di ben 237 euro (+52%) rispetto all’inizio dello scorso anno. Basti pensare che a seguito dei diversi aumenti del costo del denaro messi in atto per contrastare l’inflazione, il tasso del mutuo variabile tipo è salito notevolmente arrivando a superare, ad aprile 2023, il 4,10%. Con l’ulteriore rialzo dello 0,25%, la rata mensile del finanziamento potrebbe arrivare addirittura a 693 euro, il 52% in più rispetto a quella iniziale. A questo punto, una domanda sorge spontanea: quando si fermerà la Bce?
PICCO IN VISTA?
Gli economisti di Generali non hanno dubbi, il picco è vicino. Secondo Martin Wolburg, senior economist di Generali Investments, “la Bce è ancora in modalità restrittiva: i recenti commenti dei membri del Consiglio direttivo suggeriscono chiaramente ulteriori aumenti dei tassi. I verbali dell’ultima riunione politica hanno rivelato che alcuni membri erano preoccupati per l’ottimismo sulla riduzione dell’inflazione nelle proiezioni della Bce. Ciò detto, riteniamo che la stessa Banca centrale adotterà un approccio più cauto e alzerà i tassi chiave di soli 25 punti base nella riunione imminente”. Perché?
“Una delle ragioni principali è la crisi bancaria: anche se di recente il tema è passato in secondo piano, nuovi sviluppi potrebbero concretizzarsi. A differenza dei mercati, riteniamo che gli effetti frenanti della crisi bancaria consentiranno alla Bce di fermarsi dopo un ulteriore rialzo dei tassi di 25 punti base a giugno, arrivando al 3,5%”.
MALUMORI ITALIANI
Già, l’inflazione. Che in Europa ha ripreso fiato, va detto. Ad aprile il costo della vita nell’Eurozona è tornato a salire, toccando quota 7%, in lieve rialzo rispetto al 6,9% registrato a marzo. Allora la Bce ha ragione a perseverare? Non del tutto, almeno a sentire quei Paesi che, impossibilitati a fare troppo deficit o ad alzare le tasse, debbono ricorrere al finanziamento per sopravvivere, soprattutto sui mercati.
“Mi auguro che la Bce non continui con la scelta di alzare i tassi di interesse perché in questo momento serve aiutare la crescita”, ha detto chiaro e tondo il ministro degli Esteri, Antonio Tajani. Per il quale “serve permettere alle imprese e alle famiglie di accedere al credito, serve a chi intraprende avere la possibilità di dare vita a nuove iniziative. Se il costo del denaro aumenta rischiamo di bloccare tutte le nuove iniziative. Visto che nel nostro Paese la tendenza alla crescita è positiva, il Pil cresce e viste le ultime iniziative del governo per contrastare l’inflazione, ritengo che sarebbe giusto e opportuno non continuare ad alzare i tassi”.
LA FED AL CAPOLINEA (FORSE)
Certo, se non si ferma la Fed tutto sarà vano. La Bce, si sa, va quasi sempre al traino della banca centrale americana. E ormai la domanda di analisti e investitori si concentra sui tempi della conclusione della stretta della Federal Reserve. Diversi economisti privati parlano di giugno, e qualcuno non esclude che l’annuncio possa essere fatto già nella riunione di maggio. Sarà il momento giusto? La politica monetaria incide con ritardi lunghi e variabili: decidere quando fermarsi è davvero un compito delicato. Al momento i tassi sono al 4,75-5% e potranno salire nella riunione di maggio al 5-5,25% e in quella di giugno al 5,25%-5,75%. A quel punto l’enfasi passerà definitivamente sulla durata della stretta. Forse.