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Pro Cina (e Via della Seta) e contro gli Usa. Grillo torna a farsi sentire

Sul “sacro blog” Fabio Massimo Parenti, professore in un’università pubblica di Pechino, scende in campo a favore del rinnovo del memorandum e di una terza via europea poco chiara

Sul suo “sacro blog”, Beppe Grillo ha schierato Fabio Massimo Parenti, professore alla China Foreign Affairs University di Pechino (ateneo amministrato direttamente dai ministeri cinesi degli Esteri e dell’Educazione), a favore del rinnovo del memorandum d’intesa sulla Via della Seta.

Conoscendo l’approccio anti Occidente e anti Stati Uniti del blog del fondatore del Movimento 5 Stelle (oggi presieduto da Giuseppe Conte), il titolo è tutto un programma: “L’Italia non può cedere su tutto”. A chi? Agli Stati Uniti, ovviamente: “Roma sembra vittima della sua endemica limitazione di sovranità, frutto di una dipendenza non-scritta dagli Stati Uniti sin dal termine della Seconda Guerra Mondiale”, scrive Parenti. E ancora: l’Italia “sembra voler continuare a sacrificare gli interessi nazionali sull’altare dei vincoli geopolitici, che agiscono sotto forma di interferenze esterne, ormai operanti da decenni all’interno della comunità italiana”.

L’articolo di Parenti parte dalla forte attenzione internazionale che il governo di Giorgia Meloni è chiamato a prendere entro fine anno: uscire dal memorandum siglato nel 2019 dall’esecutivo gialloverde presieduto da Conte o lasciare che si rinnovi automaticamente a marzo per altri cinque anni. L’intenzione di quel governo, osserva Parenti, “era quella di recuperare il potere negoziale del Paese nei confronti delle istituzioni sovranazionali di cui fa parte, cioè UE e NATO”.

Un approccio sbagliato, ha spiegato soltanto ieri su Formiche.net il professor Giovanni Andornino ricordando come esponenti qualificati dell’allora maggioranza parlamentare “caratterizzarono l’accordo con Pechino come una scelta funzionare anche ad accrescere la capacità negoziale del governo nei confronti dei partner europei, quasi che la Cina potesse essere strumentalizzata come sponda nella dialettica portata avanti da Lega e Movimento 5 Stelle con Bruxelles”. Impostata così, “l’adesione al memorandum non aveva i presupposti politici e di trasparenza per poter essere condivisibile, oltre che per reggere alla prova del tempo”, ha aggiunto Andornino.

Sono singolari i due paragrafi finali. Il penultimo spiega che “le aziende italiane temono un possibile deterioramento dei rapporti tra Italia e Cina, proprio ora che si registrano numeri-record sul fronte dell’export verso il colosso asiatico (+92,5% nel primo trimestre di quest’anno rispetto allo stesso periodo dello scorso anno)”. L’ultimo accusando “i media” di omettere potenzialità e successi della Via della Seta.

Parenti, però, sembra dimenticare che: in questi quattro anni l’export italiano in Cina è cresciuto ma senza l’accelerazione promessa mentre sono aumentate incredibilmente le importazioni di merce cinese in Italia; nell’ultimo anno le esportazioni italiane verso la Cina sono triplicate ma gli esperti non sanno spiegarne con certezza il motivo, come ha raccontato Bloomberg (i dati positivi sarebbero riconducibili al settore farmaceutico, in particolare a una compressa considerata anti Covid). Inoltre, accusando “i media” di omettere potenzialità e successi della Via della Seta, Parenti rimanda a un altro suo articolo, pubblico prima della firma del 2019, dal titolo “Europa-Cina: interscambio nel contesto della Belt and Road”. Ma come può un articolo precedente all’entrata in vigore del memorandum spiegare i “successi” dello stesso?

Poi Parenti ricorda giustamente, come stanno facendo negli ultimi tempi molti sostenitori del rinnovo, che il memorandum d’Intesa è “non-vincolante”. Ma addebita all’Italia le ragioni dei risultati che nei primi anni “sembrano relativamente limitati”: l’accordo “era già stato boicottato durante il governo Draghi”, scrive accusando l’Italia di “una mancanza di impegno”, di “una sorta di auto-boicottaggio”.

Infine, dopo aver rispolverato l’idea di una terza via europea tra Stati Uniti e Cina (tanto spinta da Pechino e a cui ha spesso strizzato l’occhio anche Conte) – “La pressione sull’Italia in tema di BRI ha a che fare esclusivamente con l’agenda strategica degli USA e con i loro interessi, non con quelli italiani, né europei” – Parenti conclude sostenendo che con un mancato rinnovo del il memorandum l’Italia comprometterebbe le relazioni con la Cina. Sarà così? Forse, o forse no. Perché, come spiegavamo su Formiche.net nei giorni scorsi, Xi potrebbe non voler reagire duramente per evitare di dare pubblicità al passo indietro italiano e dunque gettare una macchia sulla Via della Seta proprio nel decennale del suo lancio.

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