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Il Ppe si aprirà ai conservatori, e FI sarà guidata (bene) da Tajani. Parla Liguori

Dopo la scomparsa del leader, molti si interrogano sul futuro di Forza Italia. Antonio Tajani sembra avere il profilo giusto, anche sul piano europeo, per fare in modo che la componente liberale della maggioranza possa essere ancora determinate. Sarà fondamentale un allargamento del Ppe e una collaborazione stretta con i conservatori in Europa. Conversazione con Paolo Liguori

Forza Italia è “un partito di plastica”, collettore di “grandi consensi elettorali” ma “privo di un’autentica capacità di vita autonoma” al di là del leader e fondatore, Silvio Berlusconi. Questa è la definizione che ha dato questa mattina nel suo editoriale sul Corriere della Sera, Ernesto Galli della Loggia, del partito azzurro. In tanti, all’indomani della scomparsa dell’ex premier, si sono interrogati sul futuro forzista. Alcuni hanno tentato di dare una risposta, ma le incertezze restano. Tuttavia, “Forza Italia non è solo un partito di plastica. Se proprio proprio è un partito di plastica e sangue: il sangue c’è, la passione anche. E si è percepito molto chiaramente durante i funerali del Cavaliere”. A dirlo è Paolo Liguori, giornalista di lungo corso, già direttore del Giorno e di testate Mediaset che con Berlusconi ha condiviso diversi anni di strada comune.

Liguori, non condivide l’analisi di Galli della Loggia?

Mi pare che sia riduttivo definire Forza Italia un partito di plastica. C’è una grande energia che ancora muove quel partito, che è stata una delle grandi imprese – declinata nell’agone politico – che ha portato avanti Silvio Berlusconi.

Il timore che aleggia è che non ci sia nessuno, ora, che riesca a mettersi al timone del partito. Lei come la vede?

Non sono iscritto a Forza Italia, però all’interno del partito ho diversi amici tra cui il vicepremier Antonio Tajani con il quale iniziai la professione al Giornale di Montanelli. Ecco lui, affiancato dalla famiglia Berlusconi, penso che possa essere una figura di riferimento per i forzisti, oltre che un “jolly” per il governo.

Immagino che il suo riferimento sia alle Europee del prossimo anno. 

Se la poniamo sotto il profilo dei futuri appuntamenti elettorali non c’è dubbio, ma io parlo proprio della sua figura all’interno della compagine dell’esecutivo. Tajani ha un ottimo rapporto con il presidente del Consiglio, Giorgia Meloni. E lei sa che Tajani rappresenta la sua garanzia a livello europeo. Anche perché il ministro degli Esteri, durante il suo mandato a Bruxelles è stato capace di costruirsi un profilo di alta caratura e questo gli consente di essere un elemento di garanzia.

L’ipotesi di una stretta collaborazione tra Ecr e Ppe, dunque, è una strada percorribile?

Diciamo che penso sia l’unica ipotesi fattibile e che questa configurazione dei nuovi assetti europei convenga in primis all’Europa. L’allargamento del Ppe verso i conservatori è una forma di autodifesa dell’Europa. Non solo. Il modello del governo italiano ha dimostrato di funzionare. Ritengo possa essere riproposto anche su scala europea.

Torniamo all’Italia. Non pensa che, in assenza del leader, i voti dell’elettorato di Forza Italia possano essere catalizzati dal Terzo Polo o da altre forze di area?

Non penso che il Terzo Polo possa catalizzare quei voti, essenzialmente perché la storia delle forze politiche che lo compongono non è liberale. Penso, tuttavia, che la scomparsa di Berlusconi rappresenti un indebolimento della componente liberale in senso ampio.

Il Consiglio dei Ministri ha recentemente approvato il ddl Giustizia di conio nordiano che contiene una sostanziale svolta garantista. La limitazione alla diffusione delle intercettazioni e il superamento del reato di abuso d’ufficio ne sono due esempi. È l’eredità di Silvio Berlusconi?

Forse è una parte blanda dell’eredità di Berlusconi. Le nuove disposizioni fissate dal ddl Giustizia mi sembrano di assoluto buonsenso e si muovono nella direzione della tutela delle persone. Da come è stato “spacciato” da certi editori, questo ddl appare come una sorta di bavaglio. Ma non è assolutamente così: si tratta di mettere un freno alla diffusione delle intercettazioni, in particolare quelle che riguardano persone terze rispetto alle indagini in corso.

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