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La Cina si ingolfa, tra disoccupazione giovanile e crescita che rallenta

A maggio un giovane su cinque era disoccupato e un tasso del 20,8% per il Dragone è un nuovo record negativo. Mentre la produzione industriale perde colpi e disattende le stime degli stessi analisti. Già non proprio rosee​. E la Pboc taglia i tassi per la prima volta in dieci mesi

Due numeri la dicono lunga, lunghissima, sullo stato di salute della Cina. Il Dragone non cresce e non crea posti di lavoro, non come dovrebbe. A poche ore dall’annuncio dell’ennesimo piano di stimoli all’economia a base di taglio dei tassi e alleggerimento dei mutui, ecco che torna a fare capolino il fantasma della stagnazione. Una parola che a Pechino proprio non riescono a digerire.

Fatto sta che i numeri raccontano questa realtà. A maggio un giovane cinese su cinque era disoccupato: un tasso del 20,8% e un nuovo record per il Paese asiatico, secondo i dati ufficiali diffusi dall’Ufficio nazionale di statistica. Questo dato, che riguarda i 16-24enni delle aree urbane, ha continuato a salire negli ultimi mesi. A maggio il tasso sull’intera forza lavoro è del 5,2%, invariato rispetto ad aprile. Il problema c’è.

La Cina invecchia e questo non è un mistero. E invecchiando aumenta la spesa pensionistica. Se le fasce giovani rimangono a spasso e dunque non versano i contributi, si rischia grosso sul fronte dei conti pubblici. Ma, soprattutto, vengono a mancare braccia e leve da impiegare nell’industria, il che inevitabilmente impatta sulla crescita.

E qui viene il secondo problema, quella crescita da troppo tempo non brillante. Per una manifattura, quale è la Cina, la produzione industriale è tutto. Peccato che nel mese di maggio la produzione della Cina è salita del 3,5% su base annua, rispetto al +3,6% atteso dal consensus degli economisti. Un dato che ha decelerato il passo, rispetto al precedente tasso di crescita pari a +5,6%. Tradotto, non solo gli analisti di aspettavano una frenata della produzione, ma il tasso di maggio è andato addirittura al di sotto di stime già pessimiste. Anche le vendite al dettaglio sono cresciute meno del previsto.

Negli ultimi giorni la Cina sembra aver preso consapevolezza della situazione economica che sta vivendo. Il Paese, come poc’anzi detto, ha deciso di valutare su due piedi un ampio pacchetto di misure di stimolo all’economia, nei giorni in cui pare sia tornata molto forte la pressione del governo di Xi Jinping per rilanciare la crescita. Le proposte di stimolo includono almeno una dozzina di misure destinate a sostenere settori come quello immobiliare e la domanda interna. Per esempio, con un’ulteriore riduzione dei tassi di interesse (già operata pochi giorni fa), consentendo un maggiore afflusso di denaro nell’economia.

Non è tutto. Una parte fondamentale del pacchetto riguarda il sostegno al mercato immobiliare. In particolare le autorità stanno cercando di abbassare i costi dei mutui residenziali in essere e di incrementare i prestiti attraverso le banche nazionali per garantire la consegna delle case. Attenzione però, perché è ancora tutto sulla carta. Il piano, infatti, deve ancora essere finalizzato e potrebbe essere soggetto a modifiche.

C’è da dire che le speranze di ulteriori misure per sostenere l’economia cinese a breve termine stanno crescendo, sebbene ci siano crescenti domande su quanto davvero lontano si spingerà Pechino per rispondere ai problemi a lungo termine che potrebbero frenare la crescita per gli anni a venire. Appare escluso, almeno per il momento, un bazooka stile Bce sotto Mario Draghi, con miliardi iniettati nell’economia. Martedì scorso, la banca centrale cinese ha abbassato il tasso a sette giorni per la prima volta in 10 mesi all’inizio di questa settimana, mentre il governo stesso ha rilasciato 22 misure per ridurre i costi per le imprese, tra cui l’esenzione e la riduzione dell’imposta sul valore aggiunto e l’abbassamento tassi di interesse del prestito.

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