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Fuori dalla Via della Seta? Pechino minaccia il boicottaggio ma…

Se Meloni decidesse “incautamente” di fare un passo indietro dal memorandum firmato da Conte, ci sarebbe una “ripercussione negativa” sull’Italia e sulle prospettive di cooperazione, ha dichiarato l’ambasciatore Jia. Ma a Xi converrebbe?

Secondo Jia Guide, ambasciatore cinese in Italia, se il governo Meloni decidesse “incautamente” di non rinnovare il memorandum d’intesa sulla Via della Seta, “certamente significherebbe smorzare l’entusiasmo della cooperazione in molti ambiti, tra cui quello politico, economico-commerciale e culturale”. Inoltre, una simile decisione – che andrebbe presa entro fine anno altrimenti il memorandum si rinnova automaticamente a marzo per altri cinque anni – “avrebbe una ripercussione negativa sull’immagine del proprio Paese, sulla sua credibilità e prospettive di cooperazione”, ha spiegato in una lunga (circa 6.000 parole) intervista rilasciata a Fanpage. Quella dell’ambasciatore, che è tornato a ripetere che l’accordo è un “cooperazione win-win”, sembra una minaccia di boicottaggio.

Nella lunga conversazione su diversi dossier – dalla guerra Russia-Ucraina alla questione Taiwan, dalla lotta al cambiamento climatico al Covid – l’ambasciatore auspica – “spero sinceramente e credo” – che anche l’Italia “possa guardare e sviluppare le relazioni con la Cina in modo razionale e fattivo e che possa prendere le corrette decisioni in modo autonomo e indipendente e in linea con i propri interessi nazionali e con quelli fondamentali del popolo italiano”. Parole che stonano con gli appelli alla non ingerenza/interferenza negli affari interni ribaditi per ben tre volte nella stessa intervista.

Ma la minaccia di boicottaggio è reale? Forse no, come spiegavamo su Formiche.net nei giorni scorsi: il leader cinese Xi Jinping, infatti, potrebbe non voler reagire duramente per evitare di dare pubblicità al passo indietro italiano e dunque gettare una macchia sulla Via della Seta proprio nel decennale del suo lancio. Inoltre, le reazioni a suon di misure coercitive con Australia (proprio sulla Via della Seta) e Lituania (su Taiwan), che pur sono uscite a testa alta, non possono essere rappresentare un precedente: oltreché di Nato e Unione europea, l’Italia è un Paese del G7 e che una simile risposta otterrebbe una durissima contro-reazione da parte del club che nell’ultimo summit ha adottato un’importante dichiarazione su sicurezza economica e resilienza economica.

Un passaggio interessante dell’intervista a Jia riguarda i semiconduttori. L’ambasciatore ha ricordato che l’azienda italo-francese STMicroelectronics – che soltanto a ottobre aveva ricevuto 292,5 milioni per uno stabilimento a Catania pensato per rafforzare l’autonomia strategica italiana ed europea sui chip – “realizzerà in Cina una joint venture manifatturiera dal valore di 3,2 miliardi di dollari” con Sanan Optoelectronics, che ha lo Stato cinese come azionista di maggioranza. Come ricordato nei giorni scorsi su Formiche.net, anche questa operazione dovrebbe passare sotto i controlli del Golden Power, con cui la scorsa settimana il governo è intervenuto per limitare l’influenza cinese su Pirelli.



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