Skip to main content

Roma player globale. Il vertice Biden-Meloni visto da Pelanda

“Le conferenze sulle migrazioni, sull’Ucraina, sui Balcani sono la prova che l’Italia ha capacità di aggregare costa nord e costa sud. L’incontro di oggi? Fa iniziare un processo di convergenze, ma non lo esaurisce”. Conversazione con l’esperto analista e accademico Carlo Pelanda

L’Italia con Giorgia Meloni ha preso un mandato pro-consolare da parte degli Stati Uniti per gestire il Mediterraneo, dice a Formiche.net Carlo Pelanda, secondo cui Roma è oggi player globale perché può sfruttare un’opportunità che mancava da 50 anni. L’economista, accademico e uno degli analisti più attenti delle relazioni internazionali, di cui è in uscita per Rubbettino “Italia globale”, spiega che il Paese si candida ad essere lo strumento di connessione tra Mediterraneo, Nato, Indo Pacifico e le alleanze in costruzione in quel sistema. “Si tratta di un gioco non facile da comprendere per certa politica italiana, tra l’altro molto sabotato dagli europeisti di sinistra e da persone messe sul libro paga della Cina e della Russia”.

Uno dei temi al centro del vertice Meloni-Biden sarà l’Africa: è dal post Gheddafi in poi che gli Usa chiedono all’Ue di impegnarsi più attivamente nel Mediterraneo. È questa l’occasione giusta per dare un’impronta diversa alle politiche nel mare nostrum?

Certo, ma l’intoppo è dovuto dalla Francia, ciò ha spinto l’Italia a un’iniziativa mediterranea molto forte, oltre che nei Balcani. L’Italia sta diventando il centro di un nuovo sistema mediterraneo, con alle spalle gli Usa, per ottenere una proiezione ideale sia verso il Golfo che verso il Mar Rosso. Roma si candida ad essere lo strumento di connessione tra Mediterraneo, Nato, indo pacifico e le alleanze in costruzione in quel sistema.

Le preoccupazioni dell’amministrazione Biden sull’ideologia della premier sono state attenuate dal suo sostegno all’Ucraina e dalla sua disponibilità a ritirarsi dalla Via della Seta firmata da Conte: come potrà procedere ora Giorgia Meloni?

Sono mesi che del tema discutono in stanze chiuse rappresentanti italiani e statunitensi: c’è stata un’azione molto importante italiana per togliere ogni dubbio agli Stati Uniti. Il vertice di oggi fa iniziare un processo di convergenze ma non lo esaurisce, anche perché la politica americana è un po’ indecisa. La tendenza è che Roma si intesti, con una certa autonomia, un’iniziativa forte nel Mediterraneo di tipo consensuale, come già come già dimostrato fino ad oggi. Mi riferisco alla conferenza di Roma sulle migrazioni, a quella sull’Ucraina, a quella sui Balcani: sono una prova fattuale che l’Italia ha capacità di aggregare costa nord e costa sud con l’eccezione della Francia che ovviamente vede con molta preoccupazione questa iniziativa dell’Italia.

Perché?

Perché l’Italia sta prendendo un mandato pro-consolare da parte degli Stati Uniti per la gestione di tutto il Mediterraneo, anche se vi sono alcuni aspetti da perfezionare come la relazione con la Turchia e l’importantissimo vertice italo-israeliano del prossimo autunno. Ma l’impostazione geopolitica è già data da un’Italia che vuole andare in modalità globale senza litigare con l’Unione europea, ma sotto l’ombrello statunitense.

Germania e Francia stanno attraversando momenti complessi: Scholz sconta ancora una sorta di rodaggio nel suo governo e Macron sta affrontando tutta l’insoddisfazione delle piazze francesi. Come l’Italia potrà ritagliarsi un ruolo nuovo e più efficace?

È esattamente quello che sta facendo il Governo Meloni e che io sto cercando di trasformare in strategia nel mio libro, “Italia globale”, che uscirà in autunno. L’interesse nazionale italiano è quello di avere comunque una posizione europea alleandosi in questa fase, senza trattati scritti, più con la Germania che con la Francia. Il tutto sotto ombrello americano, al fine di essere un soggetto più rilevante nel G7: si tratta di un gioco non facile da comprendere per certa politica italiana, tra l’altro molto sabotato dagli europeisti di sinistra e da persone messe sul libro paga della Cina e della Russia.

Per la burocrazia statunitense è un segnale rilevante?

Certo, per questa ragione le strutture lo hanno spiegato da tempo ad un ceto politico distratto dalle prossime elezioni. La burocrazia imperiale statunitense, in qualche modo, ha capacità condizionante sia nelle amministrazioni di destra che di sinistra e ha più volte segnalato che l’Italia, pur restando preda delle sue debolezze, oggi ha dinanzi a sé un’opportunità straordinaria che non ha mai avuto in cinquant’anni: quella di diventare globale, di poter vedere l’Unione europea come una delle sue alleanze ma con una capacità negoziale più forte data dalla rilevanza nel G7 dentro uno scenario bipolare di confronto. L’intelligence americana ha un quadro molto preciso di quante persone sono condizionate dai rapporti con Russia, Cina e Francia per cui l’Italia dovrà dare ancora prove concrete delle sue intenzioni. Ma il dado è tratto.

Cosa chiederà Giorgia Meloni a Joe Biden circa le relazioni da rafforzare?

Chiederà una relazione economica privilegiata ma soprattutto la stabilità di queste relazioni qualora cambiasse amministrazione. Ricordo che quando Giappone e Usa siglarono un bilaterale economico, Tokyo fece inserire una clausola relativa ai dazi: il parallelo è utile perché in ambiente europeo esiste la convergenza con l’America e viene vista problematicamente perché qualcuno teme l’arrivo di un nuovo Trump. Trump fece una guerra paurosa alla Germania e i tedeschi lo ricordano bene, invece non comprendono che gli Usa in questa fase non possono firmare trattati economici bilaterali con l’Unione europea perché non c’è il consenso interno per farlo, a causa di ali estreme molto protezioniste americane. Di contro, però, gli Stati Uniti sono disposti a fare dei trattati bilaterali: quindi si apre un processo negoziale molto dettagliato in cui l’Italia, oltre che mostrare una lealtà atlantica più forte, deve anche riuscire a ottenere dagli Stati Uniti un vantaggio.

In che modo?

Il governo Meloni deve dimostrare di essere in grado di gestire la complessità politica interna: già in questa fase sta facendo di tutto per mettere l’Italia in una posizione negoziale con gli Stati Uniti in cui può mettere sul tavolo il proprio valore nei Balcani e nel Mediterraneo. Roma per questa ragione ha chiesto di essere osservatore nel sistema di relazioni dei Balcani orientali, un passaggio che è stato molto sottovalutato dalla stampa. Osservo che oggi esiste un governo che finalmente lavora molto bene sulla politica estera ma dove il perno di tutto è in un trend che permetta di fare più Pil, ottenere un traino esterno e interrompere la lenta decadenza economica.

@FDepalo



×

Iscriviti alla newsletter