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Dal Niger al Mediterraneo, tutti gli effetti del golpe secondo Menia

“I fatti legati al colpo di Stato confermano, una volta di più, che occorre un approccio sistemico a tutti gli eventi che si verificano nel continente africano, dal momento che hanno connessioni su altre aree, in primis il mare nostrum. Il Piano Mattei è la naturale risposta italiana a quelle latitudini”. Conversazione con il vicepresidente della Commissione esteri e difesa di Palazzo Madama, Roberto Menia

Non solo Niger, le dinamiche che si concretizzano nel continente africano non si limitano ad avere un effetto interno, bensì presentano riverberi precisi nell’area mediterranea, quindi in primis sull’Italia. Ne è convinto il senatore di Fratelli d’Italia Roberto Menia, vicepresidente della Commissione esteri/difesa di Palazzo Madama che coglie l’occasione della crisi post colpo di Stato per riflettere sul modello di politiche da attuare, attraverso strumenti ad hoc come il Piano Mattei. “Il governo ha avuto lungimiranza su quel versante, troppo spesso lasciato in mano alle mire di players esterni come Cina e Wagner”.

Dopo il Sudan, il Niger: come leggere con lenti “mediterranee” la crisi nel Paese dell’Africa occidentale?

Il governo sta seguendo con interesse e preoccupazione la vicenda del colpo di stato, anche per via della presenza di due italiani bloccati in albergo a Niamey. Questo nuovo episodio di violenta destabilizzazione conferma tutti i limiti delle politiche fin qui adottate in Africa, dove occorre un cambio di passo, utile ad affiancare i governi locali nel perseguire una stabilizzazione istituzionale, che offra un quadro legislativo e democratico di diritti. È di tutta evidenza come ormai eventi del genere non si risolvano solo in chiave interna, ma abbiano riverberi precisi nell’area mediterranea, quindi in primis sull’Italia.

In che misura?

Un’Africa preda di tali pulsioni favorisce eventi paralleli, come un incremento dei flussi migratori, come l’impossibilità di dare concretezza a dignitose politiche locali oltre alla spada di Damocle rappresentata dalle influenze esterne. L’esempio del Sudan, dove un tessuto socio-politico debole si è mostrato sensibile alla pericolosa invasività di soggetti esterni come Wagner, dimostra che l’occidente deve cambiare passo in Africa. Prima di politiche mirate, serve un modello di analisi, riflessione e azione, così come è stato fatto nella crisi tunisina. La presenza ‘comune’ di Ursula von der Leyen, Mark Rutte e Giorgia Meloni, accompagnata da un’iniziativa concreta come la Conferenza sulle migrazioni di Roma, ha favorito la realizzazione concreta della strategia europea per i bisogni di Tunisi. È quella la traccia da seguire, secondo la mia opinione, anche per altre emergenze che si concretizzano.

Da un lato i leader dell’Africa occidentale danno ai golpisti una settimana di tempo per reintegrare il presidente, dall’altro si dice che Parigi stia vagliando la possibilità di intervento militare. Si rischia una lunga crisi?

Non solo. Si rischia che vi siano moltissime vittime, come accaduto purtroppo in Sudan e si rischia che le condizioni generali del paese peggiorino. Come ha ricordato Ursula von der Leyen, l’attacco mette a repentaglio i rapporti tra Ue e Niger: come Bruxelles, anche Roma si auspica che la crisi rientri. Ma osservo che tale grave circostanza si somma, purtroppo, alla crisi del grano ucraino che dopo il diniego russo all’accordo potrebbe verosimilmente provocare enormi danni a paesi strutturalmente fragili, come Libia, Libano, Tunisia e altri africani. In questo senso va fatta una profonda riflessione sulle interconnessioni che ormai esistono tra eventi che si verificano nel mondo globalizzato.

In occasione della visita di Giorgia Meloni alla Casa Bianca, Joe Biden si è detto pronto a collaborare su Piano Mattei per l’Africa. Un vantaggio?

Il presidente del Consiglio ha riscontrato la disponibilità del Presidente americano a collaborare sull’idea italiana legata al piano Mattei per l’Africa, dal momento che come osservato da Giorgia Meloni ciò si sposa con altre iniziative avviate proprio da Biden. Si tratta di uno strumento programmatico di ampio respiro che il governo italiano ha immaginato in quell’area proprio per offrire un approccio dinamico e costruttivo ad un continente spesso lasciato a se stesso e dove hanno preso piede altri soggetti esterni che lì esercitano le proprie influenze. È questo l’indirizzo politico che Palazzo Chigi ha impresso alle sue politiche per il fronte sud.



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