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Meno condoni, più riforma. Il nuovo sistema fiscale secondo Nicola Rossi

Intervista all’economista di Tor Vergata, già parlamentare dem. La delega porterà in dote un regime di sanzioni che non renderà necessario il ricorso a stralci e sanatorie dal sapore demagogico. Sul concordato biennale per le Partite Iva massima attenzione, basterà poco per far saltare la tregua

Se c’è un terreno su cui il governo di Giorgia Meloni si giocherà un buon pezzo di politica economica nei mesi a venire, quello è il fisco. Parlare di tasse, specialmente d’estate, fa sempre il suo effetto. Forse anche perché le prime settimane di luglio coincidono con la dichiarazione dei redditi. E così è facile, come successo alla Lega, cadere in qualche pulsione fiscale, che magari fa rima con stralcio di parte dei debiti con lo Stato.

Ma il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, sa che quello che davvero conta per rimettere in piedi il Paese è una piena riforma del fisco. La quale arriverà, forse già entro fine anno, grazie alla legge delega in fase di gestazione in Parlamento. La strada tracciata è quella giusta? Formiche.net lo ha chiesto a Nicola Rossi, economista, docente a Tor Vergata e con un passato di parlamentare dem. E gran conoscitore di cose fiscali.

Nei giorni scorsi la Lega ha rilanciato lo stralcio di parte dei debiti fiscali. Qualcosa che, in piena estate, fa sempre un certo effetto. Il Tesoro, per bocca del viceministro Maurizio Leo, ha ricordato che più che lavorare di sanatorie, è meglio abbassare la pressione fiscale sul ceto medio, respingendo nei fatti l’idea di un condono. Non crede che sia arrivato il tempo di agire sul fisco e mettersi in testa che le tasse vanno abbassate ma non elise in certi frangenti storici?

Credo che in non pochi casi l’irragionevole regime sanzionatorio oggi in essere abbia fatto sì che oneri fiscali difficili da rispettare si trasformassero in debiti fiscali impossibili da rimborsare. Ma la risposta a questo problema sta, da un lato, nella riforma fiscale all’esame del Parlamento che rivede profondamente il regime sanzionatorio e, dall’altro, nella rottamazione quater che interviene per una buona parte del passato. Un sistema fiscale vive di certezze e non mi sembra ragionevole, nel momento in cui il governo prosegue su una strada ormai tracciata, invocare un cambio di strategia.

Dalla delega fiscale, in gestazione in Parlamento, sembra emergere un primo vero aiuto per le partite Iva: chi è in regola con i versamenti avrà la possibilità di vedersi congelate le tasse per due anni. Che gliene pare?

Francamente non sintetizzerei così il cosiddetto concordato biennale che il governo immagina di poter riservare alle piccole imprese che risultino affidabili nei confronti del fisco. L’obiettivo è quello di dare certezze circa il futuro debito fiscale. Certezze, sottolineo, che implicano per l’impresa rischi non del tutto trascurabili. Le cose potrebbero, infatti, andare peggio del previsto e in questo caso non sarebbe previsto nessun rimborso.

La flat tax incrementale, sorta di spin off della più classica tassa piatta, è stata messa in attesa dallo stesso governo che la sponsorizzava, poche settimane fa. È davvero una misura se non rischiosa da un punto di vista di coperture, quanto meno azzardata? Oppure è solo prudenza?

La flat tax incrementale non ha nulla a che fare con l’imposta ad aliquota unica. A mio modo di vedere la flat tax incrementale è uno dei punti di maggiore debolezza della proposta governativa di riforma fiscale. La flat tax incrementale può avere rilevanti e negative conseguenze su tutte le dimensioni dell’equità e può seriamente distorcere i comportamenti. Il tutto con vantaggi francamente piuttosto opinabili.

Altro capitolo. L’Italia ha portato a casa il Pnrr, per la precisione la terza rata. Anche la quarta sembra essere abbastanza in sicurezza, eppure il rischio di nuove e future impasse è dietro l’angolo. C’è una ricetta per evitare nuove ed estenuanti negoziazioni con l’Europa in coincidenza di ogni rata?

Le estenuanti, o per meglio dire, approfondite negoziazioni sono uno degli elementi che caratterizza il Pnrr che pone una attenzione nuova e certamente meritoria sui risultati delle azioni che lo costituiscono. Non dobbiamo quindi meravigliarci nel momento in cui il Pnrr stesso mostra uno dei suoi aspetti più qualificanti, soprattutto in un momento in cui emergono i limiti di alcune scelte operate in passato circa il Piano.

Conclusione?

Dovremmo forse auspicare che l’attività di verifica vada oltre il risultato immediato (quanti posti letto per studenti, ad esempio) per guardare al tema che dovrebbe interessarci di più. La capacità del Pnrr di innalzare permanentemente il nostro tasso di crescita potenziale.



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