Conversazione con l’europarlamentare della Lega: “L’Africa dovrà essere la vera agenda della prossima Commissione Ue. Wagner? Un gruppo terroristico, prima che paramilitare. Da quelle aree arriveranno nuovi flussi: anche la Nato ha ammesso l’uso geopolitico russo dei migranti. L’Ue? Deve riconquistare influenze, anche grazie al Piano Mattei”
Grano e Niger? Due dossier connessi che presentano minimi comuni denominatori e un ampio spettro di conseguenze. Ne è convinta l’europarlamentare della Lega Cinzia Bonfrisco, membro della Delegazione per le relazioni con l’Assemblea parlamentare della Nato, secondo cui non solo l’Africa dovrà essere la vera agenda della prossima Commissione europea, ma sarà necessario valorizzare ulteriormente la constatazione fatta dalla Nato, ovvero che esistono minacce ‘ibride’ alla voce migrazioni poste in essere da Mosca. E mette l’accento sull’equivalenza tra la grande frontiera est minacciata dalla guerra di Putin all’Ucraina e la grande frontiera del Mediterraneo e della politica marittima che può vedere l’Italia tra i principali protagonisti.
Dal vertice di Galati, in Romania, i rappresentanti di Ucraina, Stati Uniti, Ue, Romania e Moldavia hanno espresso apprezzamento per il sostegno della Romania e della Moldavia all’Ucraina circa il transito di milioni di tonnellate di grano ucraino. Quante possibilità ha questo piano B di risolvere l’impasse?
Rispetto ai numeri che sono sempre stati garantiti dalle normali esportazioni questa nuova disponibilità può costituire un aiuto, ma non credo che complessivamente possa essere risolutivo. Quello che conterà è riuscire a interrompere tale spirale di ricatti il prima possibile.
Il ministro degli Esteri ucraino ha affermato che Erdoğan è l’unico in grado di convincere la Russia a riprendere l’iniziativa del grano. Ha ragione?
Io non alimenterei la leggenda di un Erdoğan capace di condizionare fino a questo punto. Il presidente turco cerca sempre di infilarsi in tutte le situazioni dove può accrescere il ruolo del suo Paese. Ma in questo scacchiere mi pare che fino ad ora Putin, più di tanto, non lo abbia tenuto nella dovuta considerazione.
Qualche giorno fa è circolata anche l’ipotesi del coinvolgimento dei porti croati, con un ruolo importante dell’Adriatico: un’opzione più percorribile?
Infatti la preferirei. Che tutta la partita si giochi su una rinnovata politica marittima da parte dell’Unione europea non solo mi pare evidente, ma osservo che dal Mar Nero fino al Mediterraneo sta cambiando lo scenario e, conseguentemente, devono cambiare anche le azioni che vengono messe in campo complessivamente dall’Unione europea e dai suoi Stati membri più impegnati. Torno a ribadire, quindi, l’equivalenza tra la grande frontiera est minacciata dalla folle guerra di Putin all’Ucraina e la grande frontiera del Mediterraneo e della politica marittima che può vedere l’Italia tra i principali protagonisti. Del resto la nostra Marina ha una storia e una capacità che poche altre hanno e l’Adriatico può tornare ad essere un grande protagonista anche del futuro.
Quale il nesso tra crisi in Africa e crisi del grano? Il ruolo di Wagner e della Russia è il fattore comune?
Dal Sahel fino al Corno d’Africa si conferma una minaccia economica e geostrategica che in quell’area e in tutta l’Africa ha già mostrato di cosa è capace. La minaccia vera e propria proviene da ciò che io chiamo gruppo terroristico: Wagner, nei fatti, è un gruppo paramilitare che in quelle aree destabilizza l’ordine e le fragili democrazie, quindi il nesso c’è eccome perché lì va il 65% di grano acquistato dal World Food Program o dalla Fao per i Paesi con fragilità legate alle carestie più evidenti. Per il futuro prevedo che dovremo aspettarci ondate migratorie di milioni di persone che purtroppo patiscono e patiranno ancor di più la fame. E’ la mossa russa: anche la Nato ha ammesso l’uso geopolitico russo dei migranti definendole minacce ibride.
Quanto conta la sottovalutazione del dossier africano da parte dell’Ue, sorpassata da Cina e Wagner in loco? Come potrà riguadagnare terreno e influenza? Tramite uno strumento come il Piano Mattei?
Il Piano Mattei è la parte più chiara e, ci auguriamo, più efficace di una strategia che deve entrare nell’agenda europea. Non c’è dubbio che si sia verificata una sottovalutazione. Nel 2019 alcuni parlamentari firmarono la richiesta di costituire addirittura un intergruppo parlamentare dedicato all’Africa, proprio per ingaggiare anche il Parlamento europeo in una dimensione così importante per il nostro futuro. Fu commesso l’errore di non costituirlo. Quell’intergruppo era semplicemente lo strumento messo in campo senza voler assumere ruoli che spettano invece alla Commissione, era una presa di coscienza e di consapevolezza del grande problema. In seguito la Commissione ha dato vita a un fondo di investimento che doveva dedicarsi alla cooperazione con i Paesi dell’Africa. Troppo poco e troppo tardi per riguadagnare il tempo perduto. L’Africa dovrà essere, secondo me, la vera agenda della prossima Commissione.