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Perché Weber spinge il Ppe all’alleanza con Meloni e la destra italiana

“Meloni ora è rispettata e accettata a livello internazionale, ha sostenuto il trattato di Lisbona al Parlamento italiano e il patto migratorio e vuole plasmare l’Europa. Penso che faremmo un grosso errore se mettessimo sullo stesso piano AfD e Giorgia Meloni” dice il capo del Ppe. Che punta a una Commissione “politica” a guida centrodestra e non più a una grande coalizione coi socialisti

Non è più una primizia l’endorsement che il numero uno del Ppe, Manfred Weber, ha nuovamente dedicato a Giorgia Meloni. Se da un lato l’ennesima apertura chiarisce, anche ai più scettici, quale sia la direttrice di marcia, valoriale, politica e personale intrapresa dal presidente del Consiglio, dall’altro offre un indirizzo palese in vista delle elezioni europee del 2023, con il potenziale “conservatore” messo in campo da Ecr e Ppe come bastone nelle ruote dei socialisti. Ma soprattutto certifica, al di là di certe sfumature semantiche, che solo alleandosi con Ecr i popolari avranno la possibilità di guidare una Commissione Europea politica e non più di larghe intese.

Weber

“Credo che Giorgia Meloni e Fratelli d’Italia debbano dimostrare nelle prossime settimane e mesi di essere al fianco di questa Europa. Meloni ora è rispettata e accettata a livello internazionale, ha sostenuto il trattato di Lisbona al Parlamento italiano e il patto migratorio e vuole plasmare l’Europa. Penso che faremmo un grosso errore se mettessimo sullo stesso piano AfD e Giorgia Meloni. Fratelli d’Italia non fa parte della mia famiglia politica e ci sono molti punti su cui non sono d’accordo con la loro opinione. Meloni ha supportato il Patto per la migrazione, al contrario di Viktor Orban, che lo rifiuta ancora”. FdI è diversa da AfD, perché “in AfD abbiamo un chiaro antieuropeismo e un chiaro nazionalismo, mentre Meloni come capo del governo sta contribuendo a plasmare l’Europa”.

Destra atlantista

La precisazione di Weber circa il paragone tra Fratelli d’Italia e AfD forse è più utile al pubblico dibattito che ad altro, dal momento che i fatti rivelano alcuni elementi. In primis FdI è figlia delle tesi di Fiuggi, condivide da sempre lo spirito atlantista, è guidata da una leader che è una componente chiave dei conservatori europei di Ecr ed è l’unica strada per i popolari di evitare ancora le larghe intese alla prossima Commissione Europea.

Un ventaglio di considerazioni, questo, che è talmente chiaro ai vertici del Ppe che è esso stesso cemento per una nuova stagione politica da costruire (da qui al maggio 2024). Non va dimenticato che in dieci anni la parabola del Ppe ha subito un calo oggettivo: in occasione del congresso di Dublino del 2014 il Ppe era “al governo” in 17 Paesi Ue su 28, nel 2021 solo in 7. Anche per questa ragione la concomitanza delle prossime elezioni europee fa il paio con il rinnovo delle strategie e dei nuovi volti, sia del Ppe che dell’intera area di centrodestra europea.

Nuova stagione

La nuova stagione prende le mosse, quindi, non solo da una mutata consapevolezza da parte del Ppe, ma anche da un retroterra di relazioni, culturali, personali e politiche, instaurate da Giorgia Meloni (pre e durante Palazzo Chigi). Ursula Von der Leyen, Roberta Metsola, Manfred Weber hanno ottime affinità con il premier. Inoltre qualcuno spesso descrive i tre come concorrenti e in contrapposizione, ma hanno invece compreso che il cerchio può essere chiuso con Roma. Allargando il raggio d’azione conservatore, vanno citate le relazioni meloniane con Londra (Sunak), Madrid (Abascal), Atene (Mitsotakis), Varsavia (Morawiecki), Praga (Fiala), a testimoniare un lavoro fatto con un cospicuo anticipo rispetto alla scadenza elettorale europea del prossimo anno.

Un dirigente scaltro come il numero uno della Cdu, Friedrich Merz, ha capito, al di là della sua contingenza locale con AfD, che lo schema italiano può essere un modo di vincere la partita a Bruxelles.



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